"Non è la mente l'origine dell'uomo, sono le passioni che originano tutto, anche il pensiero. E' il sentimento il seme dell'uomo, sono l'amore, la passione." (M. Tobino)
E' "vero" tutto ciò che ci piace e che decidiamo insieme agli altri che sia vero

martedì 25 febbraio 2014

Una proposta: Olivetti, Ferrari, Jobs … come loro

di
Francesco Zanotti




Tutti ammirano l’aspirazione all'estetica e all'etica, capaci di generare felicità (felicità e non benessere) e profitto, di Adriano Olivetti.
Tutti ammirano la forza propositiva di Enzo Ferrari, di Steve Jobs e dei tanti imprenditori che costruiscono i loro mercati.

Ma ci si ferma all'ammirazione o alla esortazione retorica.

Alla fine tutti si convincono che quelle cose sono “affare da giganti”. Tutti noi, che giganti non siamo, siamo costretti a combattere la concretezza della competizione.
Ammirazione, retorica e poi rinuncia. Con tanta amarezza.

Oggi purtroppo, però, tutti sono chiamati a comportarsi da giganti. Lo sono soprattutto i manager nelle imprese che si trovano a dirigere.
Non possiamo illuderci che basti competere nei mercati esistenti: ma crearne di interamente nuovi. I prodotti e i servizi di questi nuovi mercati, dovranno essere esteticamente superbi ed eticamente consolanti. Le modalità di produzione dovranno permettere l’autorealizzazione dei progetti esistenziali delle persone.  Prodotti, servizi e modalità di produzione dovranno essere la concretizzazione di un nuovo patto con la Natura.

Le istituzioni finanziarie dovranno essere i più giganti tra i nuovi giganti, lo stimolo tecnico, cognitivo e ideale di questa rivoluzione economica dal basso.

Ma, forse, noi non ci sentiamo, davvero, giganti! Temiamo che neanche la necessità di esserlo riesce a farci diventare tali.

Allora sto aggiungendo retorica a retorica?
No! In questo documento presento una nuova modalità di governo ed una serie di proposte per implementarla che trasformerà ogni manager di buona volontà in un gigante. A meno che non si rifiuti esplicitamente di diventarlo.

Questa nuova modalità di governo emerge da un progetto di ricerca che ha esplorato non solo la cultura strategico-organizzativa, ma il complesso delle le scienze naturali ed umane.

Mai era stato tentato un progetto di ricerca di questo tipo. Il risultato è eclatante: il lettore si aspetti una rivoluzione di linguaggio e di prassi nel governo delle imprese e delle organizzazioni.

Dopo tutto, è poco credibile immaginare che si possa rivoluzionare l’attuale sistema economico con i linguaggi e le prassi del passato.

La risorsa grazie alla quale siamo riusciti a portare a termine un tale progetto di ricerca è la fatica.

sabato 22 febbraio 2014

Quante aziende hanno una "impresa" da realizzare?

di
Luciano Martinoli


Il 12 settembre 1962 il presidente USA John F. Kennedy tenne un discorso nel quale annunciava che gli Stati Uniti avrebbero portato l'uomo sulla Luna. Il 16 luglio 1969 iniziò, con il lancio della navetta spaziale,  la più incredibile avventura umana, frutto di un enorme sforzo tecnico, fisico, intellettuale compiuto da una comunità di migliaia di persone: la missione Apollo 11. Vi sono milioni di altre avventure dell'uomo fatte di famose, ma molte di più quelle meno note, sfide di comunità di persone, grandi e piccole, negli ambiti più disparati (sportivo, scientifico, economico, sociale, politico, ecc.).
Fatiche enormi, pericoli costantemente in agguato, energie profuse senza risparmio, paure, speranze e, alla fine, tutti stremati, l'enorme soddisfazione di ogni partecipante: la "Impresa" compiuta!

Adesso immaginate di sottoporre ai partecipanti a questa, come ad altre Imprese, il questionario ideato dalla Gallup, famosa società di consulenza e ricerche di mercato americana, (i cui risultati sono anche riportati da un sito italiano) ideato per valutare l'impegno (engagement) dei lavoratori nelle aziende di 100 paesi, tra cui l'Italia.

venerdì 21 febbraio 2014

Parlando seriamente: la ragione di un gioco …

di
Francesco Zanotti


In realtà, David Gross, David Politzer e Frank Wilczek sono tre fisici. La teoria dei colori esiste e si chiama cromodinamica quantistica. Ma riguarda la forza che tiene insieme i nuclei degli atomi. La forza che ci da consistenza.
Non c’entra nulla con la personalità.

Perché questo gioco? Per far notare che il management è fatto di un caos di mille modelli, modellini e modelletti per parlare dell’uomo all'interno dell’organizzazione.
Modelli del tutto indipendenti gli uni dagli altri. Che non accettano di essere confrontati gli uni con gli altri, che non accettano nessuna richiesta di giustificare i loro fondamenti.
Allora ho provato ad aggiungerne un altro, esplicitamente assurdo. E quando l’ho fatto, rileggendo, mi sono accorto che aveva la stessa legittimità degli altri. E, mi è apparsa immediatamente evidente la assurda pretesa che tutti questi modelli hanno: di essere utilizzati in funzione normativa. Per “dirigere” le organizzazioni.

Sono più esplicito. Oggi il management è fondato su parole ed attività che non hanno alcun fondamento scientifico e che non danno alcun supporto  alla governabilità delle organizzazioni.
Le parole: potenziale, competenze, valori, talento per descrivere le persone sono …
Le azioni: analisi, individuazione dei gap per poi colmarli. Mi riprometto di scrivere nel futuro una serie di post per dimostrare questa tesi.
Poi la prassi … Ognuno fa come gli pare. Se vuole continuare ad usare concetti senza fondamento ed attivare pratiche che fanno spendere soldi e creano guai … padronissimo di farlo.

Se qualcuno volesse provare ad anticiparmi … Provate a leggere qualcosa dei grandi … Ad esempio il famosissimo Per una ecologia della mente di Bateson … Respirate l’aria dei grandi … vedrete quanto sono lontani dalle parole e della attività di cui parla il management.



lunedì 17 febbraio 2014

La teoria del colore …

di
Francesco Zanotti


Secondo i professori David Gross, David Politzer e Frank Wilczek, (premi Nobel, mica tre amici al bar) l’uomo è una composizione di “particelle di personalità” di tre colori: rosso, blu e verde.
Esistono anche particelle che hanno quelli che i professori in questione chiamano anti colori: ciano, magenta e giallo.
Ogni essere umano ha una sua personalità che deriva dal mix di colori di cui è composto. Vi sono delle regole per capire cosa esce dalla combinazione di questi colori. Ad esempio, se un uomo è dotato di particelle di personalità verde rosso e blu…allora è uno zombie … non ha colore.
Vi sono batterie di test per misurare di quanti colori siano fatti gli esseri umani e dedurre da essi (usando le leggi sul mescolamento dei colori) le loro caratteristiche di personalità …


Uno dei punti di forza della teoria è che essa prevede che l’essere umano abbia un sua unità inscindibile: non riuscite a separare le particelle di personalità. Se ci provate con esperimenti particolarmente intesi, l’energia che ci mettete viene usata non per separare le particelle, ma nel crearne di nuove. Compaiono “getti di personalità”.

Vi interessa la teoria dei colori di Gross, Politzer e Wilczek? Vi sono corsi che permettono di apprenderla. A pagamento, è ovvio. Vi sono certificatori che vi rilasciano il diploma di esperti in colorazioni.
Mi obietterete, ma ci sono mille altre teorie. Lo immagino, ma io conosco solo questa. E questa cerco di vendere … Amici me la comprate?
Spero di no …

E non sono impazzito: lo svelamento del mistero alla prossima puntata …

mercoledì 12 febbraio 2014

Il Change Management è surreale

di
Francesco Zanotti


I discorsi sul Change Management … fanno star bene a poco prezzo. Si fa in fretta a sentirsi esperti. I temi di cui si tratta scaldano il cuore: se il mondo (le organizzazioni) non funzionano è “nobile” cercare di cambiarlo. Soprattutto se si individuano i cattivi (coloro che resistono al cambiamento) che fanno sentire così buoni.
Ma, purtroppo, il paradigma del Change Management è insensato.

La prima ragione è che per realizzare un cambiamento occorre prima definire il cambiamento stesso. Se non si specifica cosa cambiare, come si fa a farlo?
Ma i progetti di cambiamento riescono a indicare solo alcuni “pezzi” di cambiamento, non i cambiamenti in tutte le dimensioni organizzative. Soprattutto non si riescono a indicare i cambiamenti nei comportamenti, cioè negli agenti che generano i risultati. Se si riesce a descrivere solo un pezzo di cambiamento … non si governa il cambiamento. Si cambiano alcune cose e si lascia che il sia il “destino” a cambiare le altre. Comprese, come ho detto, le più importanti: i comportamenti.
Supponiamo ora (per assurdo) che sia possibile descrivere esattamente il cambiamento da realizzare perché si è analizzata fino in fondo l’organizzazione (altra cosa impossibile a farsi), si è individuato cosa cambiare e come farlo. Ma l’analizzare e il progettare richiedono tempo. E, mentre si analizza e si progetta, l’organizzazione evolve velocemente, cioè diventa diversa da quella per la quale si è progettato il cambiamento. Come metterci tre anni a costruire su misura un vestitino per un bambino di un anno. Si sono prese le misure quando aveva un anno, ma si cerca di fargli indossare quel vestito quando ne ha quattro …

Ci sarebbero molte osservazioni da fare, ma mi fermo. Mi piacerebbe molto se un esperto di Change Management cercasse di dimostrami che ho torto …


lunedì 10 febbraio 2014

L’essere umano e il suo progetto esistenziale

di
Francesco Zanotti


L’essere umano dispone anche di un proprio progetto esistenziale che consiste nel desiderio di assumere un ruolo nell’ambiente in cui si trova che considera gratificante.
E’ questo progetto esistenziale che dà senso ai suoi comportamenti.
Riassumo il tema con una storiella, forse già nota, ma la cui morale non è mai stata, forse, esplicitata.

Un principe era andato a visitare il cantiere più importante del suo Principato. Lungo la via che percorreva sul suo cavallo vedeva file interminabili di operai che impastavano fango e paglia per farne mattoni. Si fermò e chiese ad uno dei lavoratori dall’aspetto triste, quasi rancoroso: cosa stai facendo? La risposta: sto facendo un lavoro degradante.
Il Principe rimase turbato da questa risposta e si rivolse ad un altro operaio che non sembrava così “tristo” come il primo. Aveva un aspetto affaticato, ma sereno. Stessa domanda, ma risposta radicalmente diversa: sto faticando è vero, ma lo faccio con serenità perché mi permette di mantenere la mia famiglia.
Meno turbato, ma in fondo in fondo ancora perplesso, il Principe si rivolse ad un terzo operaio che sembrava davvero “illuminato di immenso”, anche se, anche lui, sempre fango e paglia mescolava. L’operaio non gli lasciò neanche fare la domanda. Gli disse quello che aveva già deciso di dirgli, anche se non fosse stato interrogato. Aspettava da tempo la visita del Principe: “altezza - gli disse - sono orgoglioso di partecipare alla costruzione della più bella cattedrale del suo Principato e di tutti i regni vicini.”
Caro manager, vuoi veramente motivare una persona? Allora devi fare in modo che assuma un ruolo che corrisponde alla realizzazione del suo progetto esistenziale.

Il Principe considerava i suoi operai come braccia. Era riconoscente, forse pagava anche bene, forse, addirittura dava anche premi, ma non faceva nulla per avere operai con quella luce negli occhi. E la cattedrale sarebbe stata mediocre.

sabato 8 febbraio 2014

L’essere umano e la sua esistenzialità profonda

di
Francesco Zanotti


Nessuno può pretendere di analizzare/descrivere esaurientemente un essere umano.
Credo che il massimo che si possa fare è cercare di trovare un linguaggio che ci permetta di parlarne in qualche modo che non sia banale come l’attuale linguaggio manageriale.
Ho provato a sviluppare un linguaggio per parlare di un essere umano.
Questo linguaggio vi voglio raccontare.

Un essere umano è, innanzitutto, dotato di una sua esistenzialità profonda: immense potenzialità di espressione e di evoluzione.
Essa non è conoscibile neanche alla persona stessa e per tutti gli scopi pratici (e forse anche al di là di questi) può essere considerata infinita. Uno squarcio di Dio che cammina per il mondo. Vi sembra eccessivo? Allora provate a guardare negli occhi di una persona. E cercate di afferrare, definire i confini di questa sua esistenzialità profonda. Non vi fermerete mai di cercare. Sarete guidati verso profondità sempre più insondabili. Fino a che rinuncerete perché avrete riconosciuto l’impossibilità di dare confini all'infinito.
Ho provato a cercare un modello (un pezzo del linguaggio che andiamo cercando) per descriverla. Mi è venuto in mente il vuoto quantistico con un aggettivo aggiunto: topologico. Ma non è importante discuterne ora.

Il fatto che l’esistenzialità profonda di una persona debba essere considerata infinita comporta che non può essere analizzata esaustivamente attraverso modelli poveri come le competenze, il potenziale o qualche altro.
Quando e se si prova ad analizzarla, per poterla finalizzare a qualche nostro scopo, è come se la si umiliasse. Ma si tratta di una umiliazione che ci ritorna sulla faccia come un boomerang. Le persone hanno modo di esprimere, di far vedere quanto la loro esistenzialità profonda sai molto di più di quanto anche lo sforzo analitico più intenso riesca a descrivere nel costruire l’organizzazione informale.
E una organizzazione informale che nasca come reazione al tentativo del management di finalizzare, quasi di specializzare (quindi rompere, quindi umiliare) l’esistenzialità profonda delle persone, non viene certo finalizzata al raggiungimento degli obiettivi che lo stesso management vuole perseguire.
Il management deve riconoscere l’esistenzialità profonda delle persone non per motivi ideali, ma perché gli è indispensabile. Prima di tutto per riscoprire e coltivare la sua personale esistenzialità profonda che non può essere assorbita (quindi umiliata) in giochi di potere. E, poi, per non farsi rivoltare contro le esistenzialità profonde di tutti gli altri uomini.
Detto più brutalmente: perché cercare descrizioni che coglieranno solo frammenti artificiali di una persona e non cercare “sfruttarne” la ricchezza inesauribile?

L’esistenzialità profonda di una persona è anche “misteriosa”.
Essa non solo non è “disvelata” dalla cultura manageriale, ma non lo è neanche (pienamente) ricorrendo ai risultati delle scienze naturali ed umane.
Gli sforzi di psicologi, psicoanalisti, neuroscienziati, filosofi e poeti non arrivano ad alcuna conclusione definitiva. Infatti, c’è chi pensa che sia fatta di entità individuabili come pensieri, emozioni e sentimenti. C’è chi si spinge a pensare che la nostra esistenzialità sia nient’altro che un insieme di segnali elettrici. C’è chi pensa quasi il contrario: che sia costituita da una qualche entità misteriosa che utilizza il nostro corpo come strumento. C’è anche chi pensa che la nostra esistenzialità profonda si estenda al di là del corpo.
C’è anche chi vede l’esistenzialità profonda non come una entità, ma come un processo.
Ma nessuno è in grado di proporre una sintesi complessiva.

L’esistenzialità profonda, delle persone, alla fine, rimane un mistero che è sconosciuto alla persona stessa e che il pensiero cosciente dell’uomo in nessun modo è in grado di esaurire.
Soprattutto nella società occidentale dove le pratiche meditative sono quasi completamente sconosciute.

Io credo che si possa pensare all’esistenzialità profonda di una persona come la sua umanità, inesauribile, allo stato nascente. E uno stato nascente che non l’abbandona per tutta la vita.

Anche la metafora dei talenti è troppo povera.
Il talento ha a che fare con l’esistenzialità profonda molto alla lontana. E’ semplicemente il risultato che si ottiene guardando le persone con uno sguardo che ne privilegia solo alcune caratteristiche all’interno di un certo contesto. Chi insiste a cercare “talenti” finisce sempre e solo per scoprire talenti sempre uguali a se stesso, in un narcisismo senza fine.
In realtà tutte le persone sono talenti infiniti. Il compito primo del manager è imparare e vedere e contare su questa esistenzialità profonda.

Ma l’essere umano non è solo la sua esistenzialità profonda è anche molto altro …


giovedì 6 febbraio 2014

Motivazione e benessere organizzativo: prima puntata

di
Francesco Zanotti



Ogni manager sa che deve motivare le persone. Ultimamente si è innescato anche il circuito “eliminazione dello stress, generazione di benessere”. Ed i manager hanno anche questa incombenza che appare eticamente inevitabile, ma nello stesso tempo appare anche irrimediabilmente un altro ed ulteriore impegno.

Come vengono affrontati questi impegni?
Partiamo dalla motivazione. Oggi sembra che per motivare basti inserire le persone in qualche attività di formazione ad hoc.
Oppure attraverso aumenti di stipendio e benefit.
Ma tutto questo non funziona. Non serve non solo a motivare, ma non serve neanche a generare benessere organizzativo …

Ed allora?
Occorre capire le origini, comuni sia della motivazione che del benessere!
Beh una persona è motivata nei confronti di una attività, percepisce benessere nello svolgerla se giudica questa attività uno strumento per realizzare il proprio progetto esistenziale.

E come si aiutano le persone a realizzare i loro progetti esistenziali? Beh, con nuove conoscenze e cambiando prassi direzionali …
Per approfondimenti: appuntamento alla prossima puntata …


lunedì 3 febbraio 2014

La esiziale rinuncia al bello

di
Francesco Zanotti

E’ l’arte che genera emozioni profonde. E’ il bello che scalda il cuore. Volete che il vostro piano di cambiamento generi emozioni profonde e scaldi il cuore? Anche perché se non genera emozioni profonde e scalda i cuori genererà resistenze!
Allora fate sì che il vostro progetto di cambiamento sia un’opera d’arte. Racconti la storia del futuro che ognuno sognava confusamente, ma che solo voi siete riusciti a racchiudere in un testo che la gente legge e rilegge come il più ardito dei romanzi, come la più intensa storia d’amore. Che solo voi siete riusciti a descrivere in immagini che la gente riguarda continuamente per le emozioni e i sentimenti che generano … (per la differenza tra emozioni e sentimenti si veda Edelman …).

Se il vostro progetto di cambiamento non genera emozioni profonde, non scalda il cuore, siete costretti a cercare di surrogare la vostra incapacità di produrre il bello con corsi di leadership, creatività o intelligenza emotiva. In barba agli azionisti che certamente si aspettano che costruiate un’impresa opera d’arte.