"Non è la mente l'origine dell'uomo, sono le passioni che originano tutto, anche il pensiero. E' il sentimento il seme dell'uomo, sono l'amore, la passione." (M. Tobino)
E' "vero" tutto ciò che ci piace e che decidiamo insieme agli altri che sia vero

Pensare, Dire, Fare...

di Francesco Zanotti
f.zanotti@cse-crescendo.com


Breve Prefazione
Le seguenti brevi note sono frutto del nostro lavoro di ricerca nei campi più avanzati delle scienze (fisica, matematica, biologia, psicologia, neuroscienze, scienze sociali, ecc.) e, sopratutto, in quella nascente "Scienza della Complessità" o "Sistemica" che ha ambizioni di cogliere, trasversalmente a tutte le altre, le dinamiche e i metodi di governo dei sistemi, appunto, complessi, primi fra tutti quelli umani (uomo, comunità, organizzazioni, società, ecc.).
Si tratta dunque di una sintesi dove ogni passaggio ha innumerevoli riferimenti bibliografici che abbiamo omesso per semplicità di lettura. Chi fosse interessato può trovarne qui.


Partiamo allora proprio dall'uomo.
Cosa può fare? Quali sono le attività per relazionarsi con il mondo esterno? Che dinamiche hanno queste attività? 
Il punto di partenza è costituito da pensieri che ancora non ci sono. 
Immaginiamo che esistano pensieri potenziali, che ancora non sono, ma hanno una gran voglia di precisarsi, concretizzarsi, cioè di esserci. I pensieri potenziali sono come le onde: stesso orgoglio, stesso rischio di delusione, stessa voglia di trovare un destino. Cosa accade in questo mondo di pensieri ?

Primo passo 
L’evoluzione “solitaria” della mente.
L’uomo è dotato di una naturale capacità di costruire pensieri attraverso un processo di sviluppo che  consta di due fasi fondamentali:
  • La crescita poietica della massa informe di intuizioni e pensieri  fino a generare una specifica visione del mondo e del suo ruolo nel mondo di una persona. Nel caso concreto della realtà aziendale, la crescita poietica è il processo attraverso il quale una mente sviluppa una propria visione dell’ambiente micro organizzativo e del ruolo che vuole assumere in questo ambiente.
  • La inevitabile degenerazione autoreferenziale di questa ideologia che produce paranoia.
Dunque il processo naturale di evoluzione della mente è un processo di nascita e di morte. Strutturato come il processo di sviluppo di un essere vivente che prima cresce e, poi, quando smette di crescere, quando è diventato una ideologia dell’embrione, immediatamente dopo l’esserlo diventato, inizia il suo processo di morte.
 Per comprendere a fondo questa evoluzione è necessario esaminare le due fasi in maggior dettaglio.


La crescita poietica delle intuizioni
Il processo di crescita poietica è strutturato in tre momenti fondamentali che si rincorrono:

  • la tempesta
  • la selezione
  • la sintesi 
Sono tre momenti che si distinguono perché sono tre processi diversi, ma non sono temporalmente scindibili, si rincorrono. Capita che in un certo tempo uno prevalga, ma, poi, non muore e la sua influenza rimane sempre. La figura sottostante  riassume questo processo di crescita poietica.

La tempesta di provocazioni
La prima fase della crescita poetica è costituita da una vera e propria tempesta di provocazioni che si susseguono incessantemente le une alle altre. Sono provocazioni diversissime: dalle più intense alle più superficiali. Esse sostanzialmente provengono dall’esterno. 
Non si tratta però di registrazione e di ricordo. Sono queste due operazioni che la mente dell’uomo non è in grado di fare!
Nelle società stabili la tempesta di provocazioni tende a manifestarsi solo nella vita giovanile, fino a quando la persona si è adattata al ruolo che la società stabile gli chiede. Nelle società stabili la tempesta è omologante, che percepiscono come minaccia solo i “santi, i poeti ed i navigatori” e che le persone “normali” percepiscono solo come una guida.
In una società in veloce cambiamento una mente vive nella tempesta per tutta la vita. In questa società sono persone “normali” i santi, i poeti ed i navigatori.
In un contesto organizzativo stabile questa tempesta si manifesta nel processo di inserimento di una persona. Ma poi tende a placarsi se il contesto rimane uguale a se stesso. Oppure ad espellere una persona se questa è, nelle sue speranze e nei suoi comportamenti, un santo, un poeta o un navigatore che si rifiuta di comportarsi come un ingranaggio di una macchina.

Una selezione che genera scelta e il rifiuto
Ogni pensiero è caratterizzato, come abbiamo detto, da una sua specifica potenzialità (specularmente: limite) di divenire. Questa potenzialità è quella che guida la “vita” nel mezzo della tempesta in modo diverso per intuizioni e pensieri strumentali.
Le intuizioni  usano la loro potenzialità di divenire sia per generare stimoli verso gli altri pensieri, sia per “selezionare” gli stimoli altrui. Gli stimoli che non vengono selezionati, vengono rifiutati e verso l’ambiente si comunica questo rifiuto
Nei confronti degli stimoli selezionati si attiva un processo di sintesi.

La sintesi
Se due intuizioni si selezionano significa che una intuizione ha trovato l’altra particolarmente “intrigante”. Nel senso che ognuna delle due ha giudicato particolarmente emozionante la concretizzazione delle potenzialità reciproche che la loro provocazione reciproca permette.
In questo caso si scatena un dialogo molto intenso le cui caratteristiche sono le seguenti.
Si tratta di un dialogo intensamente partecipativo e responsabilizzante: le due intuizioni mettono in gioco le loro identità.
Si tratta di un dialogo progettuale ed emotivo: ogni intuizione esprime un suo desiderio di futuro, il futuro nel quale meglio realizza la sua identità
Il risultato è una intuizione sintesi … che è molto meno intuizione!
Infatti essa:
  • comincia a distinguere la sua identità da quella dell’ambiente.
  • è più ricca dal punto di vista dell’identità, ma meno ricca dal punto di vista della potenzialità.
L’intuizione  “di sintesi” diventa, così, un “polo di attrazione” per altre intuizioni di sintesi, per altre intuizioni più primitive, per pensieri strumentali che saranno stimolati ad avere relazioni con essa.


Il risultato finale: un sistema di pensieri ideologici!
L’alternarsi continuo di selezione, rifiuto e sintesi fa sì che le intuizioni sintesi diventino  sempre più “massicce” ed “evidenti”. Fino a farle diventare pensieri stabili. Le caratteristiche dei pensieri stabili sono le seguenti:
  • sono quasi impermeabili a nuove provocazioni.
  • Sono completamente distinti gli uni dagli altri. Cioè hanno un confine ben definito.
  • Contengono, organizzati gerarchicamente e funzionalmente, pensieri strumentali.
La mente si trasforma in un sistema di ideologie, che sono “oggetti” che hanno tutte le caratteristiche di un oggetto classico. Sono il riferimento fondamentale di ogni persona, che guida i suoi giudizi ed i suoi comportamenti.
Occorre dire che questo sistema di ideologie non è mai fisso e completo. Questa naturale instabilità di pensiero è, per fortuna, la risorsa fondamentale per non bloccare completamente l’evoluzione della mente.

Le degenerazione autoreferenziale e l’accoppiamento strutturale
Il fatto che la mente si sia costruita un proprio sistema di pensieri ideologici evidentemente non placa la tempesta di provocazioni dall’esterno. Anzi, in una società crescentemente dinamica, questa tempesta tende naturalmente ad aumentare in intensità. Quello che cambia, però, è il modo di reagire a questi stimoli esterni che si trasforma radicalmente a mano a mano che la mente si struttura.
Questi pensieri che arrivano dall’esterno si presentano sempre di più come  pensieri trasgressivi. Detto diversamente (e curiosamente): tanto più la mente è fatta di pensieri fissi (che abbiamo definito: forti e decisi, le ideologie), tanto più vedrà i nuovi pensieri come trasgressivi.
Ora questa trasgressività può essere così forte da smontare i  pensieri ideologici che hanno preso possesso della mente e che, come abbiamo detto, non possono essere assolutamente monolitici.
Quando arrivano pensieri trasgressivi molto intensi accade nella mente razionale ed emotiva delle persone un vero e proprio processo di conversione della vita

In genere, però, una mente fatta di pensieri stabili risponde a stimoli trasgressivi non attraverso la conversione, ma attraverso un processo che viene definito accoppiamento strutturale.
In sostanza, poiché i pensieri stabili  hanno confini chiusi, lasciano fuori  i pensieri trasgressivi.
In diversi modi. O trasformando (riducendo, snaturando) gli stimoli trasgressivi fino a ricondurli a pensieri noti, e quindi giudicandoli inutili. 


Oppure , quando questo non è possibile, considerandoli falsi.


Detto diversamente: grazie al meccanismo dell’accoppiamento strutturale, paradossalmente, gli stimoli esterni, tanto più sono trasgressivi, tanto più diventano una occasione di  conferma della identità dei pensieri ideologici.
Insomma è proprio il manifestarsi della rivoluzione l’ultimo puntello della burocrazia: si radicalizza per difendersi ad oltranza.
L’accoppiamento strutturale è, allora, un meccanismo di forte conservazione. Che fa in modo, inoltre, che i comportamenti dell’uomo diventino sempre più insensati per l’ambiente. 

Una metafora di sintesi: lo sviluppo ecologico
Credo che si possa definire con una metafora di sintesi il processo di sviluppo della mente. E’ un processo di sviluppo ecologico di un individuo in un ambiente in veloce cambiamento.

Le meta-competenze di gestione e sviluppo dei pensieri.
Nelle sue linee generali il processo di sviluppo dei pensieri rimane costante nelle diverse persone. Ma la sua efficacia ed efficienza sono molto variabili. Vi sono menti che producono capolavori personali e sociali e menti che producono ghetti di follia (più individuali che sociali).
La “varianza” è data dalla diversa capacità di gestire le diverse fasi del processo di sviluppo: la tempesta, la selezione e la sintesi. Cioè dalla diversa capacità delle diverse persone di sviluppare intuizioni, di concretizzarle e di saperle poi smontare.
Ora noi crediamo che anche queste “meta-competenze” possano essere sviluppate. Dovrebbe essere questo il vero compito dell’educazione permanente che oggi è ferma all’ambiguo obiettivo di apprendere ad apprendere.


Secondo passo
L’evoluzione della mente nel mondo.
La mente non vive in uno splendido iperuranio dove si può tranquillamente sviluppare in pace la dinamica tra intuizioni e pensieri. Anzi abbiamo detto che questa dinamica è scatenata proprio da stimoli esterni. Detto più scientificamente: la mente vive nel corpo e il corpo nel mondo.
Chiediamoci ora quali sono i meccanismi di relazione fondamentali dell’uomo con il mondo

I meccanismi relazionali fondamentali
Molto spesso si ragiona come se i meccanismi fondamentali di relazione dell’uomo con il mondo fossero la telepatia e la telecinesi. Cioè che i pensieri diventassero semplicemente e direttamente mondo senza passare dal corpo.

Non so se la telepatia e la telecinesi siano possibilità relazionali possibili. Partirò, però, dal fatto che esse non siano modalità relazionali praticabili. E cercherò di esplorare quali siano quelle che usiamo e in che modo funzionino. 
I processi attraverso i quali la mente si realizza, attraverso il corpo, nel mondo, sono due (ma non può che essere così perché si tratta di una via di ingresso e di una via di uscita):
  • un processo di incarnamento
  • un processo di ascolto

Il processo di incarnamento
L’incarnamento (traduzione italiana dell’inglese “embodiment”) è il processo attraverso il quale una persona si propone al mondo.
Esso è costituito, in estrema sintesi, da due meccanismi fondamentali:
·         il raccontare  pensieri. Avviene attraverso linguaggi e produce rappresentazioni di questi pensieri. La potenza dei linguaggi determina l’intensità delle rappresentazioni.
·         Il concretizzare  pensieri. Che genera i comportamenti che sono possibili attraverso le tecnologie. La “potenza” delle tecnologie determinano l’intensità dei comportamenti.
Tentando una sintesi, l’uomo si manifesta per parole (dire) ed opere (fare).
Esaminiamo nel dettaglio questi due meccanismi.

Raccontare pensieri: costruire rappresentazioni.
I pensieri, per avere significato, devono diventare visibili. Devono diventare una rappresentazione visibile e sensibile del tipo di mondo che i pensieri si sono raffigurati. Una rappresentazione che descrive il ruolo che la persona  intende avere nel mondo. Perché, poi, i comportamenti realizzino quel ruolo.
Per descrivere il processo attraverso il quale i pensieri diventano rappresentazione visibile e sensibile proponiamo di usare il verbo “raccontare”: il costruire rappresentazioni di pensieri è un raccontare.
Ora il raccontare  avviene attraverso il linguaggio.
Per linguaggio intendiamo certamente le lingue di espressione verbale e scritta. Ma anche molti altri “media” che vanno dalle metodologie di rappresentazione della conoscenza ai media ai quali tradizionalmente si riserva questo nome: dai mass media, ai media interattivi, fino agli strumenti di simulazione per creare realtà virtuali, in rete e non.
E si possono fare mille esempi di racconti: un libro, un discorso, una film, una fotografia, una canzone. E poi: i riti, i miti, le saghe. I progetti, i piani. Una sinfonia, un poema, una teoria. Fino alla costituzione di uno Stato. E ancora: una invettiva, una battuta, un gesto, un knowledge object e mille altre cose che raccontano chi siamo e chi vogliamo essere.



Questo raccontare attraverso un linguaggio non è un semplice “tradurre” i pensieri attraverso questo linguaggio. Il linguaggio ha un ruolo strutturante. Apre possibilità e impone vincoli. Il linguaggio, insomma, è un attore attivo.
Le capacità espressive di una mente dipendono certamente dalla “ricchezza” dei sui pensieri. Ma anche dalla ricchezza dei linguaggi di cui dispone, che sa usare. Una povertà di linguaggi costringe anche la mente più ricca a costruire rappresentazioni povere delle proprie immagini. In altre parole con un dato linguaggio non solo si può dire solo ciò che quel linguaggio permette di dire, ma anche di pensare solo ciò che quel linguaggio permette di pensare.
Più avanti, quando parleremo dei meccanismi di ascolto, vedremo che, naturalmente, vale anche il viceversa: la capacità di comprendere linguaggi ricchi permette di ricevere stimoli ricchi.

I linguaggi sono sostanzialmente di due tipi: i linguaggi del cervello destro e i linguaggi del cervello sinistro. Nessuno dei due linguaggi è in grado da solo di permettere una rappresentazione soddisfacente ad una mente Sono necessari ambedue i  tipi di linguaggi per descrivere la natura “schizofrenica” dei pensieri.
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Concretizzare pensieri. Cioè: attivare comportamenti realizzativi
I pensieri non solo devono diventare visibili, ma anche sensibili. Cioè le persone interpretano realmente il ruolo che i pensieri desiderano e le rappresentazioni raccontano.
Devono dunque dare origine a comportamenti che incidono sul mondo.
Per i comportamenti accade qualcosa di simile a quello che accade per le rappresentazioni. Mentre le prime hanno bisogno di essere costruire attraverso i linguaggi, i comportamenti sono costruiti per mezzo delle cose, della fisicità. Abbiamo usato il termine tecnologie per indicare tutta la fisicità di cui l’uomo può disporre per attivare comportamenti. Il suo corpo innanzitutto. Ma poi anche tutte le tecnologie vere e proprie, insomma tutte le cose che, per trovare un criterio omogeneizzante, rispondono al principio di conservazione dell’energia.


Notiamo che i linguaggi e le rappresentazioni non rispondono a questo principio. Anzi rispondono al principio opposto: la cessione di queste risorse non comporta la privazione di chi le cede. Succede, invece, il contrario: l’azione di cessione ne comporta la moltiplicazione sia per chi la cede che per chi la riceve.


Come le rappresentazioni anche i comportamenti dipendono dalle “tecnologie” che sono nella disponibilità di una persona: i suoi comportamenti sono più variati e complessi tanto più sono le risorse in suo possesso.
I comportamenti dipendono dalle tecnologie e producono manufatti che dipendono dalle stesse tecnologie: un quadro, una statua, un edificio. Ma anche una impresa, una istituzione.


Naturalmente la distinzione tra il raccontare e il rappresentare non è così deciso. Come non è decisa la differenza tra tecnologie e linguaggi. I linguaggi sono un po’ tecnologie e le tecnologie linguaggi.

Il processo di ascolto del mondo
I pensieri non si incarnano in un ambiente di media (i linguaggi e le tecnologie) vuoto. Ma in un ambiente dove esistono rappresentazioni e comportamenti di altri attori.
Allora la persona è “costretta” ad “ascoltare” le idee e tener conto dei comportamenti degli altri.
Per far questo deve trasformare rappresentazioni e comportamenti in pensieri. Con due processi che sono l’ “inverso” dei processi del raccontare e del concretizzare:

·         Interpretare rappresentazioni e comportamenti comunicativi
·         Astrarre pensieri dai manufatti e dai comportamenti

Interpretare rappresentazioni e comportamenti comunicativi
Anche nella trasformazione inversa (rappresentazioni in pensieri)  il ruolo del linguaggio è decisivo.
La interpretazione del “ricevente” (cioè l’immagine mentale che si costruisce nella mente il ricevente) dipende certamente dal tipo di rappresentazione dei suoi pensieri che l’ “emettitore” è riuscito a costruire. Ma dipende anche dalla comprensione che il ricevente ha del linguaggio utilizzato dall’emettitore.
E, poi, dipende dallo stato della mente del ricevente: dal livello di chiusura ideologica del suo sistema di pensieri.
E’ il caso di notare che tutto questo ci spinge molto lontano dalla classica teoria della comunicazione: non esiste un messaggio indipendente dalla mente che emette, dal canale che riceve e dalla mente che riceve.



Astrarre dai manufatti
Il processo di astrazione, attraverso il quale i comportamenti vengono “rilevatI” (cioè trasformati in pensieri) è un processo parallelo al processo di interpretazione dove il ruolo dei linguaggi è svolto dalle tecnologie.

La dinamica evolutiva fondamentale delle rappresentazioni e dei manufatti
Quando una immagine mentale diventa rappresentazione, accade che questa rappresentazione si relazioni con le altre rappresentazioni.
Questa relazione con altre rappresentazioni è molto “possessiva”.
Voglio dire che, nel mondo delle rappresentazioni, inizia una evoluzione ecologica autonoma che è del tutto simile alla evoluzione che abbiamo descritto per i pensieri che porta a definire “isole di rappresentazioni” stabili.
Esempi di isole di rappresentazione sono le ideologie, le credenze, le convinzioni che si formano in ogni società.
In un contesto organizzativo le isole di rappresentazione sono sia le procedure che le storie ed i miti che si raccontano nell’organizzazione.
Queste isole sembra che possano essere cambiate solo da processi rivoluzionari. Forse Khun non aveva tutti i torti.
Lo stesso accade per i comportamenti e i manufatti. Anche i comportamenti attraggono gli altri comportamenti in una evoluzione ecologica che produce “manufatti” che hanno lo stesso ruolo delle ideologie: sono un modo che ha la società di manifestarsi nel suo complesso, sono l’identità della società che li ha prodotti.
Solo un esempio: l’automobile. Essa certamente rappresenta nel modo più completo l’ideologia della società industriale. In Italia essa ha costituito il riferimento comune per lo sviluppo della nostra società dal dopo-guerra ad oggi. Tanto che ha permesso la nascita la crescita e il consolidamento di una impresa che ne rappresenta, nel bene e nel male, la sintesi: la Fiat.
Anche i manufatti tipici di una società, come la storia insegna, vengono sostituiti  solo in momenti rivoluzionari.

Ma quale è il rapporto tra queste “isole”?
Penso che tutti desiderino un rapporto di coerenza. Si aspettano e ricercano un rapporto di coerenza tra le idee 
(i pensieri), le dichiarazioni (le rappresentazioni), e i comportamenti che generano manufatti.
Purtroppo accade, però, che così non sia. Questa non è una grande scoperta.
La scoperta è che questa incoerenza è sistemica.

Iniziamo dalle isole di rappresentazione. Esse, proprio per il gioco che le ha generate (la relazione non con la mente, ma con altre rappresentazioni) sono debolmente legate con i pensieri. Per essere più concreti: quando un gruppo di persone si immerge in un dibattito, poi arriva a costruire una sintesi delle diverse posizioni emerse durante il dibattito che non dipendono dal tipo di idee che si sono confrontate, ma dal tipo di relazione che le ha generate.
E’ un fenomeno evidente che accade durante qualunque trattativa. Il testo finale (la rappresentazione) che conclude la trattativa raccoglie l’accordo di tutti coloro che l’hanno generato. Ma appena il contesto relazionale che l’ha generato si scioglie, si perde anche il senso della rappresentazione. Le persone fuori dal contesto non lo riconoscono più.
Lo stesso accade per i comportamenti (il fare) che generano il mondo.
Ora questa autonomia (non indipendenza) delle diverse evoluzioni ecologiche porta ad una conclusione sorprendente: i pensieri, le rappresentazioni e i manufatti che li incarnano, proprio per il modo stesso in cui sono generati, sono tra di loro a “coerenza debole”.
Usando un linguaggio più intuitivo: i pensieri, le parole (le rappresentazioni dei pensieri) e i fatti (cioè i comportamenti) non sono coerenti.
Detto più semplicemente: accade davvero e non per malafede che tra il dire e il fare ci sia di mezzo il mare. E che un altro mare ci sia tra il dire, il fare e il pensare.
Cioè accade che l’uomo sociale sia intrinsecamente incoerente.


Il risultato del processo di apprendimento naturale: una incoerenza coerente
E’ il momento di tentare una sintesi. Ne abbiamo predisposto una di immagini e parole.
I quattro processi fondamentali attraverso i quali una persona si relaziona con il mondo (cioè attraverso i quali apprende) sono i seguenti:
  • il raccontare
  • il concretizzare
  • l’interpretare
  • l’astrarre
E sono rappresentati dalla figura seguente



il risultato complessivo è che ogni uomo si trova a vivere tre mondi:
  • i sue pensieri
  • un mondo di rappresentazioni
  • un mondo di manufatti
che sono bloccati e, tra di loro, incoerenti.
Ora le cose stanno ancora peggio: il processo di apprendimento naturale è degenerativo.
Se si lascia che il processo di apprendimento dell’uomo si sviluppi senza “guida” accade che abbia una deriva naturale (che abbiamo definito “deriva autoreferenziale”) verso la chiusura completa dei tre mondi del pensare del parlare e del fare. Fino a degenerare in patologia.
Il risultato è rappresentato nella figura seguente.



I racconti diventano gli unici racconti immaginabili e degenerano in burocrazie.
I comportamenti diventano ripetuti e standardizzati. E le istituzioni diventano quindi burocrazie.
Le proprie idee (cioè i pensieri) diventano l’unico mondo possibile. E degenerano in paranoie che, da un lato, non lasciano spazio a null’altro e, dall’altro, sono completamente sganciate dal mondo reale.









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