"Non è la mente l'origine dell'uomo, sono le passioni che originano tutto, anche il pensiero. E' il sentimento il seme dell'uomo, sono l'amore, la passione." (M. Tobino)
E' "vero" tutto ciò che ci piace e che decidiamo insieme agli altri che sia vero

giovedì 31 maggio 2012

I tempi “insensati” delle organizzazioni


di
Francesco Zanotti
f.zanotti@cse-crescendo.it


Le azioni nei confronti del mercato e del più generale ambiente sociale, politico e culturale vengono decise, da parte di una organizzazione (economica o non), in base a ragioni “interne”. Vengono attivate quando l’organizzazione lo ritiene più opportuno. E questo modo di procedere sembra naturale: che cosa c’è di sbagliato nel fatto che una organizzazione decida di fare azioni importanti verso l’esterno solo quando è “pronta”? Quando, ad esempio, tutte le caselle dell’organigramma sono a posto?
C’è di male il fatto che i tempi di sistemazione dell’organigramma dipendono dai processi negoziali interni che vivono in una dimensione del tutto autoriferita. 
Il risultato è che si viene sorpresi dall’ambiente che bussa alla porta dell’organizzazione quando non si sente ascoltato. E, quando bussa, lo fa sempre violentemente. Si palesa all’organizzazione come minaccia, crisi.
L’ambiente esterno è sempre carico di potenzialità di futuro. Se una organizzazione non si fa carico di far precipitare queste potenzialità in qualche opportunità per lei interessante, le potenzialità precipiteranno in minacce.  E le minacce busseranno in un momento che l’organizzazione giudicherà inatteso (ed ovviamente inopportuno) solo perché ha deciso di finalizzare l’esterno ai propri equilibri interni.

Tanto più una organizzazione è grande, tanto più la prevalenza delle beghe interne è assoluta e tanto più questa stessa organizzazione sarà sorpresa, sempre negativamente, da eventi esterni che sarebbero stati gestibilissimi se non si fosse aspettato che bussassero alla porta con la faccia truce della minaccia.

La via per non essere sorpresi da minacce, ma per vivere in un mondo di potenzialità che possono essere trasformate in opportunità, è quella di smetterla di guardare all’interno. 

mercoledì 23 maggio 2012

"Novazione" e "Innovazione", una questione di sostanza

Due articoli apparsi su Harvard Business Review di questo mese, entrambi a firma Ron Ashkenas, focalizzano molto bene il tema sempre più dibattuto dell'innovazione.
Il primo articolo, dal titolo molto esplicito "I Manager non vogliono davvero innovare", analizza le motivazioni reali per cui questo accade: Focalizzazione sul breve, Paura di cannibalizzare il business corrente, Orientamento a processi di lento miglioramento dell'esistente (per esempio Six Sigma).
Tutto questo porta, con un efficace battuta dell'autore, a far dire ai manager: "Io voglio che tu innovi, ma solo dopo aver fatto il tuo lavoro". Dunque fare innovazione profonda non fa parte del lavoro delle persone.
Una palese contraddizione con gli intenti iniziali.

Il secondo articolo, "E' tempo di ripensare il miglioramento continuo", analizza proprio la terza causa della resistenza al miglioramento. Six Sigma, Kaizen, Lean e loro variazioni possono essere pericolose per le capacità di innovazione dell'organizzazione.

"Più si lega un'azienda alla gestione della qualità totale, più si inibiscono innovazioni profonde"

Avanzo allora una proposta linguistica, che si porta dietro dei precisi significati.
Chiamerò novazione, termine tecnico molto noto in ambito giuridico, la capacità di far del nuovo, creare innovazione radicale, quello che il mondo anglosassone indica come breakthrough innovation.
La innovazione invece è la novazione all'interno di qualcosa, indicata dal prefisso "in", un miglioramento dell'esistente. Se volete, usando termini informatici, un processo teso a realizzare versioni successive (2.0, 3.0, ecc.) della stessa attività, prodotto, processo... ma sempre quello.

Io penso, a partire dai lucidi stimoli di Ashkenas e da quanto i termini siano abusati e confusi, che si parli, e si intenda, troppo spesso di innovazione e poco di reale novazione.
E si fa anche confusione tra le due.
La differenza non è linguistica ma di sostanza.
Una innovazione è raggiungibile "algoritmicamente", con un processo razionale e disciplinato, prescrittivo, top-down, gerarchico, pianificabile a tavolino, misurabile, incrementale. Ha i confini definiti, si sa dove può iniziare e finire, e procede per piccoli costanti passi.
La novazione, al contrario, è imprevedibile, bottom-up, sociale, non misurabile ma capace di miglioramenti stravolgenti, improvvisa e senza garanzie, nè sul come nè sul quando, possa accadere. Può "colpire" ovunque, dove meno la si aspetta, e procede per grandi balzi in direzioni inaspettate.

Orbene, sappiamo come poter fare innovazione (TQC, Six Sigma, Kaizen, ecc.), ma come creare novazione?
A mio giudizio non come suggerisce l'autore: non bastano un paio di regolette e qualche dritta. La novazione, a differenza dell'innovazione non si crea ma bisogna realizzare le condizioni affinchè emerga. E può emergere dai posti più impensati dell'organizzazione, dunque è un fenomeno sociale. Dunque una profonda differenza di approccio tra le due. Bisogna allora riconoscere le dimensioni profondamente umane delle persone (la novazione solo da loro può essere generata) che prendono forme inconscie nella organizzazione informale e dare corpo a quella Communityship, antitesi della sempre più datata ed inefficace Leadership, che è la reale richiesta ai capi per mettere finalmente al lavoro la dimensione sociale delle organizzazioni.

Forse però una delle principali differenze tra la  novazione e l'innovazione è che la prima è imprenditoriale mentre la seconda è manageriale.
Abbiamo bisogno di entrambe, ma oggi pare che stiamo eccedendo nella seconda, forse perchè non abbiamo la più pallida idea di cosa sia la prima e sappiamo fare solo la seconda.
La classe dirigente del nuovo millennio dovrà emergere dall'incontro di queste due caratteristiche allo scopo di liberare le enormi capacità di progettazione delle comunità che è chiamata a governare.
Il nuovo "manager", se si chiamerà ancora così, sarà un individuo diverso da quello di oggi, ma è urgente che lo diventi al più presto. Le conoscenze per farlo già sono disponibili.

Luciano Martinoli
l.martinoli@cse-crescendo.com

martedì 15 maggio 2012

Vita media di un insetto

La mosca domestica (Musca domestica) è un insetto dell'ordine dei Ditteri. La sua vita, in condizioni ottimali di cibo e ambiente, è di circa 8-10 giorni durante i quali è in grado di deporre fino a 1000 uova. Sono attive solo durante le ore diurne e di notte riposano negli angoli delle stanze o sospese al soffitto.
Vita grama. 
Anche se ne avessero le capacità, le mosche non avrebbero tempo per nessun altra cosa che la soddisfazione dei loro bisogni fisiologici primari. Lo si capisce anche dalla velocità dei loro movimenti: avrete notato lo scatto con il quale atterrano o decollano da una superficie. Sembra quasi immediato, nulla in confronto ad altri esseri volanti.
Ho inviato qualche giorno fa un documento ad un amico chiedendogli un parere. Mi ha risposto: "interessante ma troppo lungo". Ho cercato di capire il senso di questo giudizio, frettoloso ma, per me, carico di significato. Infatti se era "interessante" perchè "troppo lungo"?
Forse perchè stiamo diventando tutti delle mosche.

martedì 8 maggio 2012

La selezione del personale, i talenti e la "passione"

Più volte ho indirizzato il tema di una "nuova vista" dell'organizzazione, che abbiamo chiamato "quantistica", evidenziando le attività che perdevano completamente di senso con questo nuovo approccio. Una di questa era riferita alla recente mania, tutta di importazione anglosassone e figlia della vista "meccanica" dell'organizzazione che pretende sempre i migliori "pezzi" per il suo "motore", dei talenti. Indipendentemente da innovazioni culturali, che i talenti avulsi da un contesto, a guisa di barattoli, fossero una emerita sciocchezza salta agli occhi di qualsiasi persona dotata di un minimo di buon senso pratico. Siamo tutti talenti, e le nostre capacità eccellenti, a volte misteriose a noi stessi, hanno solo bisogno del contesto giusto per emergere. Cambiando contesto non è detto che si ripropongano: non è una caratteristica immanente alla persone ma una relazione con l'ambiente. Dunque cercare il talento tout-court è come cercare un innamorato a prescindere dalla persona amata!
Ciononostante le aziende hanno bisogno di persone "ottime per loro". Come fare a trovarle se non vi sono caratteristiche oggettive delle persone? Come affrontare in modo nuovo il tema della ricerca e selezione?

venerdì 4 maggio 2012

Una nuova via all'organizzazione

Ieri si è tenuto l'evento sulla "Organizzazione Quantistica".
Il tema quantistico, molto utilizzato ma ancor più spesso abusato, è stato oggetto della presentazione del Prof. Pessa, ordinario di psicologia all'Università di Pavia ma prim'ancora fisico, che ha sgombrato il campo da possibili interpretazioni esoteriche e "marketing oriented" della disciplina.
La fisica quantistica infatti è diventata sopratutto un "modello concettuale" il cui utilizzo va bene al di là della fisica delle particelle: una sorta di nuovo "paradigma" di metodo scientifico. Esso, più che in contrapposizione a quello classico galileano, che continua a funzionare egregiamente in taluni contesti, è da utilizzare in quei domini dove il secondo mostra la sua inefficacia.
E le "cose umane" sono sicuramente tra esse.
Il collega Zanotti, definito il perimetro e il campo in cui muoversi, ha chiarito più nel dettaglio come i principi quantistici possano ispirare "viste" sulle organizzazioni così diverse da suggerire interventi mai pensati prima e, sopratutto, abbandonare le pratiche correnti, la cui inefficacia ormai è sotto gli occhi di tutti.
La "Organizzazione Quantistica" dunque consente di concepire un "Metodo di Governo" che supera le false credenze sterili della concezione classica, consentendo non solo una maggiore efficacia ma anche una efficienza prima sconosciuta grazie al recupero della natura "unica ed incarnata" delle varie sfaccettature dell'organizzazione.
Dall'interazione estremamente attiva dei partecipanti è nata l'idea di costituire un movimento, i cui dibattiti saranno ospitati su questo blog, che discuta ed accolga approcci innovativi come quello presentato, che siano realmente "innovativi", ovvero che aggiungano qualcosa a tutto ciò che è stato detto in materia e non solo a ciò che ha sentito il proponente.
A breve verrà resa disponibile una relazione esaustiva sui contenuti.
Luciano Martinoli
l.martinoli@cse-crescendo.com