"Non è la mente l'origine dell'uomo, sono le passioni che originano tutto, anche il pensiero. E' il sentimento il seme dell'uomo, sono l'amore, la passione." (M. Tobino)
E' "vero" tutto ciò che ci piace e che decidiamo insieme agli altri che sia vero

martedì 27 dicembre 2016

I voucher: fatto lo strumento ... ognuno lo usa come gli pare

di
Francesco Zanotti

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Ed è inevitabile che sia così. Il problema è che chi sviluppa questi strumenti pensa che non debba accadere. Ma è sistemicamente impossibile.

Oggi tutti si stanno accorgendo che i voucher sono stati usati impropriamente rispetto alle intenzioni di chi li ha istituiti.
E allora si cerca di modificarli per avviarne un utilizzo più proprio. Ma tratta di una speranza illusoria.
Infatti.
I voucher sono stati fatti per rendere meno vincolante il contratto di lavoro e stimolare specifici comportamenti di assunzione che portassero ad aumentare l’occupazione.
Ora, nessuna norma esplicita tutte le modalità (comportamenti) attraverso i quali la si può implementare. Chi la promulga ne ha una idea, ma, se è onesto con se stesso, non può che riconoscere che si tratta di una idea, soprattutto, di tipo negativo. Non è in grado di indicare esplicitamente tutte le modalità di utilizzo che considera “proprie”. Ma è solo in grado di giudicarne la positività o la negatività ex-post: quando le ha viste in opera.
Allora mette in atto riforme che hanno l’obiettivo di eliminare gli “usi impropri”. Ma questo tipo di riforme forse elimina gli utilizzi verificasti come indesiderati. Ma offre il destro ad altri utilizzi che potranno essere anch’essi negativi.

Soluzione? Non pensiamo di regolare il mondo attraverso norme. Ma le norme possono essere solo il risultato di una progettualità sociale alta e forte che certamente si esprime in formalità, ma vive prima della passione sociale che sa dare un senso collettivo alle norme.

venerdì 23 dicembre 2016

Responsabilità di bellezza

di
Francesco Zanotti

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Volete veramente che la vostra organizzazione aumenti i suoi risultati economici?
Innanzitutto, io onestamente credo che pochissimi tra coloro che si occupano di risorse umane ed organizzazione vada al di là della retorica quando parla di risultati aziendali. Lo dimostra il fatto che tutti gli interventi di formazione, sviluppo, cambiamento non hanno mai come obiettivo diretto i comportamenti che sono i veri determinanti dei risultati aziendali. Tutti giocano su quelli pensano siano i determinanti dei comportamenti (dai valori alle competenze), ma non sanno spiegare come questi determinanti funzionino. Come si possono cambiare i comportamenti agendo su di essi.
Detto questo, che c’entra la responsabilità verso la bellezza? C’entra perché dovrebbe essere il parametro di governo fondamentale: misura se e quanto una organizzazione raggiunge risultati rilevanti. Se tutti coloro che vivono in una organizzazione sentono di costruire bellezza, allora state certi che state vivendo in una organizzazione ricca, economicamente ed esistenzialmente.  Si parla di benessere da costruire e stress lavoro correlato da eliminare, si parla di talenti e diversità da valorizzare. Bene se le persone cercano bellezza, allora tutte queste cose sono solo sottoprodotti della ricerca della bellezza.

E se la bellezza vi è sconosciuta? Allora, se veramente vi interessano i risultati della vostra impresa, cominciate a cercarla. Il primo passo qual è? Quello di far costruire a tutte le persone che vivono nella vostra organizzazione un Progetto Strategico, opera d’arte. Non un aggrovigliato insieme di fogli Excel.

martedì 20 dicembre 2016

Libri, banalità e Natale

di
Francesco Zanotti

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Prendete tra le mani i “grandi libri” sia della letteratura che delle scienze naturali ed umane. Ogni banalità è bandita, la profondità è abissale, l’emozione è ad ogni pagina, cambiano la vita.
Ora prendete in mano un libro di management, anche i più autorevoli. La banalità è di casa, la profondità è quella dal bagnasciuga, l’emozione è la noia, la vita risponde con sbadigli ad idee banali, superficiali e noiose.
Accade, addirittura, che qualche libro italiano sia solo un plagio di libri stranieri famosi. E si cerca di nascondere il plagio con qualche trucchetto in cui solo editori disattenti possono cascare. Non voglio fare nomi, anche se una volta il nome l’ho fatto: andate a cercarlo su Persone&Conoscenze di Francesco Varanini. Se qualcuno è interessato ai libri copiati, mi scriva.
Domanda: regalereste a Natale un libro di management? Credo proprio di no!

Seconda domanda: vi piacerebbe ci fosse un libro di management che cambia la vita? Non so la vostra, ma la mia risposta è: è indispensabile che qualcuno scriva questo libro di management perché dobbiamo urgentemente cambiare la vita delle nostre organizzazioni.

domenica 18 dicembre 2016

Navicella spaziale progettata da improvvisatori ???

di
Francesco Zanotti

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Tutti concordano sul fatto che per progettare una navicella spaziale servono tante conoscenze che provengono da diverse scienze. Addirittura: tutti sono d’accordo che occorre cercare ed usare le migliori conoscenze disponibili.
Per progettare una organizzazione, che è molto più “complessa” di una navicella spaziale, no! Non si usano le conoscenze che riguardano l’uomo (dalle scienze cognitive alle diverse psicologie), che riguardano i  gruppi di uomini (la psico-sociologia), che riguardano le organizzazioni nel suo complesso (sociologia e antropologia). Si usano dilettanti allo sbaraglio che, inconsciamente, si costruiscono loro personali scienze cognitiv,e psicologie, psico-sociologie, sociologie, antropologie. Che sono inevitabilmente troppo povere
Come se un ingegnere potesse chiedere di essere assunto alla NASA solo perché ha fatto, senza alcuna conoscenza fondamentale, esperienza. Non accadrà mai. Mi si obietterà: certo l’esperienza può sostituire la teoria. No! Solo se si è superficiali, lo si può pensare. Nessun ingegnere farà mai alcuna esperienza senza prima dimostrare di conoscere la matematica, la fisica … e tutto il sapere “sociale” (frutto della ricerca mondiale) della sua particolare specialità ingegneristica.
Certo anche nel management si fa così: ci si accerta che i manager (e lo si fa tanto più quanto più il ruolo è importante) dispongano di tutte le conoscenze più avanzate di scienze cognitive, psicologia, psico-sociologia, sociologia e antropologia. O no?
Decisamente no. E se, anche usando tutte le conoscenze disponibili anche le più sofisticate navicelle hanno incidenti, troverete la ragione perché le organizzazioni oggi hanno quasi solo e soltanto incidenti: crescita dei conflitti, perdita di capacità di generare risultati. La ragione è che, invece che di conoscenze avanzate, per progettarle si usano conoscenze banali. E, poi, parliamo di crisi. In realtà, invocare la crisi è solo un modo per scaricare la coscienza: è la nostra “non conoscenza” che genera le crisi in cui viviamo. La supereremo quando cominceremo, almeno, ad usare le conoscenze esistenti.


sabato 17 dicembre 2016

La consulenza è disastrata. Ma, ovviamente, è colpa dei consulenti.

di
Francesco Zanotti

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Non c’è dubbio che la consulenza (non parliamo della formazione) sia disastrata. I consulenti sono considerati quasi malfattori … Oppure costi da ridurre il più possibile, forse anche da abolire. Insipienza dei manager? No! Insipienza dei consulenti stessi.

Cosa dovrebbe fare un consulente? Dovrebbe favorire alle imprese le nuove risorse cognitive (conoscenze e metodologie) che il suo percorso di ricerca fa emergere. Lavoro prezioso perché il manager non può fare ricerca. L’unica ricerca che riesce a fare è accumulare le sue esperienze. Ma oggi questo non solo non basta, ma è alla radice dei disastri in cui la consulenza si trova.
Infatti se il consulente non ha risorse cognitive esplicite da proporre, chi acquista non può confrontare le diverse e offerte dal punto di vista della innovazione cognitiva. Chi acquista è costretto ad acquistare dagli amici. I clienti diventano una riserva di caccia garantita dall’amicizia con quel top manager o quell’altro. Poi il top manager, quando viene buttato fuori, viene accolto nella società di consulenza con qualche ruolo onorifico, come ringraziamento. Il problema è che, agendo in questo modo, si costruiscono network informali che inevitabilmente finiscono, se non nel malaffare, negli interessi privati in atti di ufficio.
Oppure si finisce nella triste parabola discendente dei formatori che oramai vendono solo corsi finanziati. Non provano neanche più a rivendicare pensiero ed originalità.
Che fare?
I consulenti devono ritrovarsi in una alleanza progettuale per costruire nuovi sistemi d’offerta che permettano un dialogo con le imprese di qualità e non di relazionalità.


giovedì 15 dicembre 2016

Il segreto della produttività “sana”: eliminare i livelli manageriali intermedi …

di
Francesco Zanotti

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L’opinione non è la mia, ma di Gary Hamel e di Michele Zanini. E l’aumento della produttività non riguarda solo la riduzione dei costi, ma la generazione di valore. Infatti: sono i livelli manageriali intermedi che bloccano l’innovazione.

Il riferimento è ad un post pubblicato sul sito di “Management Innovation eXchange”.
In America nel 2014 vi erano 23.8 milioni di manager, supervisor e amministratori che svolgono funzioni burocratiche, nel senso di gestione della macchina organizzativa.
In cifre significa: 1 burocrate ogni 4.7 dipendenti, il 17,6% della forza lavoro, il 30% dei costi totali del personale.
Bene, sostengono gli autori: eliminiamoli. Non nel senso di licenziarli, ma di spostarli ad attività legate alla produzione di valore: dalla vendita alla progettualità strategica. Gli esempi proposti sono tanti e tutti molto interessanti.

Aumentiamo quindi il numeratore della produttività: il valore prodotto per persona. E dimentichiamoci la voce “costo”. Pensando alle banche: non licenziate, ma fate fare altre cose alle persone che avete. Il problema è che non sapere cosa far loro fare.

martedì 13 dicembre 2016

Costruire il futuro della formazione …

di
Francesco Zanotti

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I formatori forse dovrebbero rileggere un celebre articolo di Theodore Levitt di 56 anni fa dal titolo: Marketing Myopia.

Sostiene una tesi che oggi dovrebbe essere una banalità: se un mestiere va in crisi, non cercare di difenderlo, di fartelo proteggere. Invece: cambialo. Cioè: trova il modo di usare le cose che sai fare per soddisfare nuove esigenze, probabilmente più sofisticate.
Il modo più semplice: usa le cose che sai fare per rispondere ad altre e più pregiate esigenze.
E fa l’esempio delle ferrovie. Chi costruiva ferrovie pensava di essere nel business della costruzione delle ferrovie. E non pensava di essere nel business del trasporto.
Così oggi i formatori pensano di essere nel business della formazione. Ma è un business ad esaurimento perché oggi si comprano solo corsi di formazione a prezzi sempre più bassi.
Diversamente?

I formatori sono esperti di processo. Detto astrattamente: sanno gestire processi di creazione di conoscenza. Il problema è che vogliono usare a tutti i costi queste competenze nell’ambiente virtuale dei corsi di formazione. Dovrebbero, invece, accettare di usarle nel costruire socialmente una nuova strategia d’impresa che si specifichi in un Business Plan alto e forte.

lunedì 12 dicembre 2016

Management by Phantom

di
Francesco Zanotti

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In una organizzazione quello che conta sono i fatti. Cioè i comportamenti delle persone … Allora immaginate di essere un fantasma e di andare a “visitare” la vostra organizzazione. Sì, un fantasma. Perché non vi devono né vedere, né sentire. Altrimenti i comportamenti (come lavorano, quello che dicono, come si relazionano tra di loro e con i clienti) cambierebbero proprio a causa della vostra presenza. E non perché i vostri collaboratori siano falsi e ipocriti, ma perché la vostra presenza cambia quella che, rinverdendo un termine antico, ma utilissimo, si può definire organizzazione informale che è quell’intreccio antropologico da cui emergono i comportamenti.
Un fantasma dunque … Lo so, vi piacerebbe poter mettere in atto un “Management by phantom”. E so che sapete già che scoprirete una organizzazione che non avreste mai immaginato …
Ma un fantasma non siete …
Ma allora, mi direte, non sapremo mai come è fatta e come “funziona” veramente, al di là delle carte, la nostra organizzazione? E se non sappiamo come è fatta e come funziona, che senso ha il dire che si la si vuole cambiare?
Ecco, se non si cambia radicalmente logica di governo, la risposta a queste domande è: sì! Non saprete mai come è fatta e come funziona la vostra organizzazione. Tanto meno saprete come cambiarla. I vostri progetti/interventi di cambiamento rischieranno di essere l’irruzione di un realissimo elefante in quel delicatissimo negozio di porcellane che è ogni organizzazione umana.
E come cambiare la logica di governo?
Il primo passo è convincervi che non siete fantasmi. E che non esistono neanche i surrogati dei fantasmi. Le indagini (tutte le indagini: dal clima all’analisi delle competenze) non vi dicono come è fatta l’organizzazione e come funziona. Vi dicono solo come la vostra organizzazione reagisce all’analisi. Quando vi siete convinti che non esistono fantasmi, che non è possibile il management by phantom, allora ne riparleremo.


domenica 4 dicembre 2016

Sia la felicità che i risultati sono progettuali. E stanno sempre insieme.


di
Francesco Zanotti

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Benessere è una parola rinunciataria. Anche distraente. Proviamo ad usare la parola felicità. Scopriremo un modo nuovo di fare strategia ed organizzazione. E di raggiungere risultati che, letteralmente, vanno al di là dell’immaginabile da parte del management

Facciamo che le imprese non cerchino solo il benessere dei loro lavoratori, ma si spingano a cercare la loro felicità. Che accade?
Beh accade che si scopre che il benessere lo si persegue attraverso concessioni di beni e servizi. E si spera che i lavoratori siano riconoscenti e lavorino meglio perché stanno meglio.
Ma le persone non cercano il benessere, ma la felicità.
E la felicità la si raggiunge solo attraverso una progettualità relazionale che permetta piena autorealizzazione.
Detto più chiaramente, le persone sono felici quando lavorano insieme ad un Progetto nel quale ognuno trova la sua potenzialità di autorealizzazione. E perché questo possa accadere, è necessario che le persone partecipino a definire questo progetto.
Detto sinteticamente, è la partecipazione continua alla progettualità strategico-organizzativa che genera sia felicità che risultati. E i risultati che si si immaginano e ricercano insieme sono molto più ambiziosi di quelli che anche il più audace top management riesce ad ipotizzare.
Poi facciano pure asili nido e quant’altro, ma come strumento di realizzazione di un progetto dallo spessore esistenziale

L’offerta di benessere fine a se stessa è ancora legata all’immagine dell’imprenditore illuminato che, francamente, ha stancato tutti coloro che non sono più alla ricerca di un papà.

giovedì 1 dicembre 2016

Dialogo surreale su valori e comportamenti

di
Francesco Zanotti

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Regolarmente facciamo interviste a Manager HR.
Qualche volta il risultato è sconcertante. Come quella volta …
L’impresa dell’intervistato: grande innovazione e complessità tecnologica. Il Responsabile HR: persona giovane, ma  con esperienza e grande umanità. Inizio di dialogo cortese, piacevole: il nostro responsabile HR presenta le attività di formazione che vengono erogate non solo all’interno, ma anche a clienti esterni.

Poi domande e risposte “normali” fino ad una domanda apparentemente innocua. Gli chiedo: Le propongo due affermazioni, mi dica quale delle due condivide. La prima: definito un sistema di valori, è possibile dedurre logicamente ed univocamente i comportamenti che mettono in pratica quei valori. La seconda: la prima affermazione non è vera. Cioè: non è vero che, definito un sistema di valori, sia possibile dedurre da esso logicamente ed univocamente i comportamenti. Aggiungo qualche commento: condividerà con me che lo scegliere una di queste due affermazioni piuttosto che un’altra porta a governare, ”maneggiare” l’organizzazione in modi completamente diversi.

La risposta giunge senza incertezze: “ Ma certamente condivido la prima affermazione. Noi siamo un’impresa con un forte sistema di valori. Esso ispira i comportamenti di tutti. Chi non si adegua viene punito, formato o espulso”.

Credo che oramai sia scientificamente evidente che è un risposta del piffero. E’ oramai evidente a tutti che non esiste un “algoritmo” che permetta di dedurre univocamente, dato un sistema di valori, comportamenti conseguenti. Le ragioni sono tante e note. Me le ripasso nella testa  …
Quando un dipendente legge, ascolta  un elenco di valori, non lo registra, ma lo interpreta. La sua interpretazione dipende dal suo patrimonio di conoscenze e di linguaggi ed il risultato di questa interpretazione (cioè quello che veramente capisce) è assolutamente personale e non conoscibile da terzi. Cioè: l’impresa sa cosa ha scritto e detto, ma non sa e non può sapere cosa le persone hanno capito. I comportamenti che le persone scelgono dipendono anche dal contesto in cui operano. Cioè lo stesso messaggio valoriale, inviato alle stesse persone, genera comportamenti diversi a seconda del luogo e del tempo in cui le persone si trovano.
Vi sono anche ragioni più sottili per le quali non è possibile una deduzione univoca dei comportamenti dai valori. Una è la seguente: i valori non coprono tutti gli aspetti della vita aziendale. In quegli aspetti che non sono “coperti” dai valori, cosa accade?

Come reagire all’incredulo sconcerto?
Decido di non fare nulla: scelgo di passare alle domande successive senza commenti. E anche le risposte a queste domande sono state parimenti “sorprendenti”. Forse sarebbe meglio dire “sconcertanti”. Oramai sono preparato allo sconcerto. Ascolto quasi meccanicamente mentre la mia mente, impossibilitata ad accettare risposte banali e inconsistenti, riflette  sulle responsabilità del passato e sulle probabilità di futuro di una classe manageriale che … sotto il vestito niente. Solo quel pizzico di auto rappresentazione e quel tanto di ubbidienza ossequiosa che serve a conservare il posto e, poi, nessuno spazio e nessun desiderio di affrontare di petto il problema del cambiamento dello sviluppo organizzativo e personale. Indifferenti al fatto di credere e praticare sciocchezze. Forse giocando sul fatto che i grandi capi non chiedono loro null’altro oltre ad una facciata maschia e decisa, indifferenti a cosa ci sia dietro di essa, basta che quando serve, si riesca a realizzare la vera strategia regina dei nostri giorni: buttare fuori le persone.

L’intervista finalmente è finita, me ne esco sconsolato …