"Non è la mente l'origine dell'uomo, sono le passioni che originano tutto, anche il pensiero. E' il sentimento il seme dell'uomo, sono l'amore, la passione." (M. Tobino)
E' "vero" tutto ciò che ci piace e che decidiamo insieme agli altri che sia vero

mercoledì 28 dicembre 2011

Un futuro responsabile

di
Francesco Zanotti

Stamattina sulla banchina della metropolitana ... Alzo gli occhi verso nuovi schermi da poco installati e vedo uno spot del Governo.
Una ragazza (Dolcemente carina, del tipo “acqua e sapone”), seduta su di una scalinata della quale non si vede il contesto (da dove viene, dove porta), con aria spersa. Si guarda intorno come a cercare non sa neanche bene lei cosa e le arriva (non si sa da dove e da chi) un libro. Lo apre (dolcemente, ovviamente) e, poi, sorride non più spersa su di una scalinata che sembra nascere nel nulla e nello stesso nulla scendere. Appare una scritta: Diritto al futuro …
E la pelle mi si accappona, il sangue mi sale alla testa …
Ma come, il futuro è un diritto che qualcuno graziosamente concede ai giovani o crudelmente glielo toglie??? Ma dai ..

giovedì 22 dicembre 2011

Il mare e il futuro

“Narrami, o Musa, dell'eroe multiforme, che tanto vagò, dopo che distrusse la rocca sacra di Troia:di molti uomini vide le città e conobbe i pensieri,molti dolori patì sul mare nell'animo suo,per acquistare a sé la vita e il ritorno dei compagni…..”



Questo post nasce con l’intento di proporsi come una riflessione, come un augurio e un auspico per il nuovo anno.
L’augurio è quello di essere un po’ come Ulisse, un uomo che non si accontenta di ciò che gli “Dei” hanno stabilito per lui, non è lì che “in silenzio tiene doni che gli Dei gli hanno dato”, ma sfida il mare procelloso, le difficoltà, le sofferenze del suo animo e i pensieri che ha incontrato nel suo cammino, li usa per “acquistare la vita per sé e per i suoi compagni”.
Ulisse voleva tornare ad Itaca. Noi invece non abbiamo mete predefinite con cui ricongiungerci, ma abbiamo sicuramente mari da attraversare, pensieri da conoscere, sperimentare e condividere “per acquistare la vita”; una vita che trova il suo animo nell’umana responsabilità, nella libera scelta di volere decidere cosa essere, chi essere e soprattutto cosa voler condividere con la società nella quale viviamo e che ogni giorno rappresenta per noi un viaggio da affrontare e un’opportunità da cogliere. Una libera scelta nella reazione di sintesi risultante dalla nostra determinazione; non possiamo “uguagliare l’uomo alle cose”, siamo identità che nascono e si formano nell’esperienza, dobbiamo decidere quanto di questa esperienza e di questa opportunità vogliamo far tesoro, per distinguersi dal "bruto", e perché si ha sete di conoscenza.
Nietzsche sostiene che “fintanto che continueremo a sentire le stelle come un “di sopra a noi”, ci mancherà sempre lo sguardo dell’uomo della conoscenza." Dobbiamo forse imparare a non temere di pensare in grande, a non pensare che le stelle siano solo qualcosa a cui volgere solo lo sguardo, così lontane che non possano essere raggiunte; ci sono altri mondi alcuni immaginabili che aspettano un nostro segnale per continuare a vivere dentro e fuori di noi. La sfida è quella di guardare verso un orizzonte più alto e, in questo senso, uno sguardo speciale sul mondo, una visione a 360° che permette di individuare e ridisegnare nuovi orizzonti di futuro. L’uomo e le comunità non possono vivere senza sogni di futuro e tutto ciò che aiuta a dar forma ai sogni.





Maria Chiara Di Luzio
mc.diluzio@cse-crescendo.com

venerdì 16 dicembre 2011

Comportamenti che "uccidono"

Anche i comportamenti sono una minaccia alla sicurezza?
 Possono norme e dispositivi indirizzare i comportamenti?
Il 26 Maggio 2010 si consumò a Milano l'ennesima tragedia su lavoro: un operaio precipitò, morendo, in un pozzo del cantiere del grattacielo Garibaldi-Republica.
Il Corsera del 15 Dicembre scorso riporta una notizia sorprendente, a detta del cronista: oltre i datori di lavoro, sono stati chiamati a giudizi anche due colleghi dello scomparso, rei di aver avuto un comportamento "pericoloso".
Attenzione, il mio scopo non è quello di strumentalizzare, per motivi ideologici o altro, un episodio così grave, ma fare alcune considerazioni su una realtà ormai chiara a tutti: non siamo ancora in grado di comprendere le cause alla base dei comportamenti.
Con conseguenze drammatiche, la morte delle persone, o semplicemente costose, le resistenze al cambiamento.
Perchè?

sabato 3 dicembre 2011

Licenziare i manager? Un commento epistemologico

Possono gli obiettivi del management essere raggiunti senza i managers?
Un "caso" aziendale è sufficiente a realizzarlo, o serve altro?

L'articolo di copertina dell'Harvard Business Review ( in inglese, a mio parere migliore, quì anche gratis) di questo mese è quanto di più provocatorio si possa immaginare, sopratutto considerando il luogo in cui è stato pubblicato: Primo, licenziamo tutti i manager.
Leggendolo però si scopre che ha molto più buonsenso ed è molto più praticabile di quanto si possa immaginare.
I vari livelli di manager hanno un costo notevole (da una stima dello stesso autore il 33% dei costi del personale), la struttura gerarchica aumenta il rischio di decisioni disastrose, vista la distanza dalla realtà operativa, rallenta il processo decisionale e disicentiva l'iniziativa dei singoli (il cosidetto "empowerment" è una toppa consunta e retorica che in un contesto gerarchico ha il solo effetto di indispettire chi se lo sente ripetere).
Non ultimo se i managers, elevati a tale rango per coordinare, indirizzare e controllare le persone, dichiarano che non hanno tempo per gestire le persone (verità emersa esplicitamente in una recente attività effettuta in una grande azienda metalmeccanica), la domanda sorge spontanea: a che servono i manager?
Oppure, detta in altri termini, è possibile realizzare gli obiettivi del management (la mano visibile: amalgamare migliaia di disparati  contributi in un singolo prodotto o servizio) in modo diverso, coniugando coordinamento, flessibilità e libertà? 
Secondo Gary Hamel, autore dell'articolo, sì e per motivi più profondi del caso aziendale che cita.
Vediamo perchè.