"Non è la mente l'origine dell'uomo, sono le passioni che originano tutto, anche il pensiero. E' il sentimento il seme dell'uomo, sono l'amore, la passione." (M. Tobino)
E' "vero" tutto ciò che ci piace e che decidiamo insieme agli altri che sia vero

domenica 30 agosto 2015

Torniamo sulla sicurezza sul lavoro

di
Francesco Zanotti


Io credo che tutte le grandi imprese cerchino in tutti i modi di costruire ambienti e procedure di lavoro sicure. Non badando a spese. Discorso diverso è quello delle PMI, ma non voglio affrontarlo. Il tema di fondo sono le grandi imprese. Sono loro che possono guidare verso una sicurezza ... sempre più sicura.
Bene, queste stesse grandi imprese riconoscono che, oltre ad ambienti e procedure, vi sono anche i comportamenti delle persone che possono certamente inficiare gli investimenti in ambienti e procedure.
Stranamente, però, la parte comportamentale non viene, in generale, affrontata. E quando lo si fa si usano teorie per comprendere la formazione dei comportamenti del tutto antiquate. Ad esempio, si usa come teoria cognitiva di riferimento, il comportamentismo che dagli scienziati viene considerato superato da almeno settanta ottant’anni.

Non mi spiego la ragione di questa “scelta”. Non mi spiego il desiderio di inficiare l’efficacia degli investimenti in sicurezza.

martedì 25 agosto 2015

Contro il mito del Talento … una opinione “diversa”

di
Francesco Zanotti


Si tratta dell’opinione di un ragazzo che si definisce “Actor, writer e designer”. Nel suo sito non compare il suo nome.
Ha scritto nel suo blog un post contro la mitologia dei talenti che inizia con la seguente frase.

“Esiste una precisa composizione di lettere che da sola può distruggere qualsiasi artista. È la parola che tutti segretamente temiamo e non osiamo pronunciare neanche contro altre persone.
“Talento”.

Ecco il link al suo post:

Io aggiungo: Il mito dei talenti non ha alcuna giustificazione scientifica, come non ne ha l’attuale presunzione di valutare e gestire talenti.

Poi ognuno, se vuole, può continuar ad inseguire miti e rifiutare ogni confronto con coloro che sostengono in diversi modi che il mito dei talenti è una sciocchezza.

domenica 23 agosto 2015

Brainstorming uguale perdita di tempo e risorse

di
Francesco Zanotti



Massimo Sideri sul Corriere di sabato 22 agosto 2015 riferisce di uno studio dell’Università del Minnesota, condotto su dipendenti 3M, a dove si dimostra che il Brainstorming “è uno spreco di tempo e risorse”.
Questo studio era stato anticipato da uno studio di M. Diehl e W. Stoebe del 1991 sul Journal of Personality and Social Psycology intitolato “Productivity Loss in idea-generating groups”. E confermati da ulteriori studi sempre dell’Università del Minnesota.
Questo stesso studio è stato corroborato da altri studi.
Per chi volesse approfondire:
Ovviamente d’ora in avanti nessun manager comprerà più corsi di brainstorming, tecnica che, come tutti sanno, ha poco meno di ottant’anni e non ha mai trovato casi scientifiche seri.
Oppure no?



sabato 22 agosto 2015

Uomini o caporali?

di
Francesco Zanotti

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Siamo alle ultime note (colori, attimi … quello che il lettore preferisce) dell’estate 2015.
Prima di tornare nella routine, immagino che ogni manager si costruisca un proprio progetto, percorso, obiettivi. Cioè decida come essere diverso. Per essere più essere umano (e, quindi, più efficace) sul lavoro.
Poiché siano alle ultime note, attimi e colori, ma l’estate non è ancora finita, suggerisco un librettino che sta in edicola da quindici anni “L’immateriale” di Andrè Gorz (Bollati Boringhieri). Cito solo un paio di frasi che aprono una via per essere diversi.
Non si sa più definire le mansioni in modo oggettivo”.
Poiché il modo di assolvere le mansioni non può essere formalizzato, nemmeno può essere prescritto.”
Anche solo queste frasi (ma il librettino è molto più ricco, ovviamente) pongono una domanda ineludibile, che reclama che noi si diventi diversi: ma se esse sono vere, cosa significa “governare”, “cambiare” (maneggiare, insomma) una organizzazione?
Le risposte che abbiamo (dalla leadership giù fino alla motivazione) sono solo sciocchezze scientifiche. Come sono prassi di governo dannose quelle che ne conseguono: dalla formazione ai cantieri di cambiamento.
Davvero usiamo qualche nota, attimo, colore dell’estate per leggere e riflettere. E per convincerci, per nostro orgoglio personale e per il bene dell’imprese che governiamo, che i manager sono (debbono diventare, se non lo fossero) uomini e non caporali, come quelli interpretati da Paolo Stoppa nel celeberrimo film di Totò.


mercoledì 19 agosto 2015

Il valore del lavoro e l’insipienza strategica

di
Francesco Zanotti

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Oggi nell’udienza generale, Papa Francesco ha parlato dell’uomo del lavoro e della famiglia.
Riporto alcune frasi che ho trovato riportate sul sito di Repubblica.

Quando il lavoro è in ostaggio della logica del solo profitto e disprezza gli affetti della vita - ammonisce il pontefice - l'avvilimento dell'anima contamina tutto: anche l'aria, l'acqua, l'erba, il cibo". E le conseguenze "colpiscono soprattutto i più poveri e le famiglie più povere".

"La gestione dell'occupazione è una grande responsabilità umana e sociale che non può essere lasciata nelle mani di pochi o scaricata su un mercato divinizzato".

"Causare una perdita di posti di lavoro significa causare un grave danno sociale".

"La famiglia è "un grande banco di prova" perché "quando l'organizzazione del lavoro la tiene in ostaggio allora siamo sicuri che la società umana ha incominciato a lavorare contro se stessa".

Solo nel lavoro libero e creativo l’uomo può esprimere se stesso”.

Immagino che qualcuno pensi: “Ma si questa sono le parole che la Chiesa deve dire, alte e nobili. Poi c’è la realtà dura della competizione. Se licenziamo non è per aumentare il profitto, ma giusto solo per sopravvivere. Ne sacrifichiamo alcuni per poter salvare il lavoro di altri.”.

Io sono totalmente d’accordo con Papa Francesco. Con una sola eccezione: le cause del disprezzo del lavoro non sono il mercato e il profitto, ma l’insipienza strategica dei manager e imprenditori che si sentono costretti a licenziare.
Se una impresa è costretta a licenziare è perché non ha saputo rinnovare la sua identità strategica. Detto piatto piatto: quando un imprenditore o un manager si accorge che la competizione sta diventando troppo forte significa che il mestiere che fa sta invecchiando. Invece di insistere in meschine manovre competitive, come quella di licenziare, dovrebbe pensare a trasformare radicalmente il suo mestiere o aggiungerne altri.
Come fare? Usando il potenziale progettuale della gente che lavora con lui.
Questo potenziale è grandissimo e si attualizza ogni giorno. Ogni giorno i lavoratori devono scegliere i loro comportamenti operativi e relazionali perché nessuno può indicarglieli.
Ma lo fanno all’interno di una gabbia strategica che non genera alcun profitto, ma che li comprime e limita il loro potenziale creativo nella quotidianità di un lavoro vecchio.

La mia “accusa” di insipienza strategica non è una “boutade. E’ supportata da tutto il complesso delle scienze umane e naturali che testimoniano e indicano che per fare realmente profitto (poi socialmente si deciderà come distribuirlo) serve scoprire il ruolo progettuale (a livello strategico e non solo operativo) insostituibile dei lavoratori.
Immaginando di poter parlare a Papa Francesco direi “Santità, Ella rappresenta una ragione profetica. Al suo discorso, però, aggiungerei due piccole cose.  La prima (che come sa, non è proprio piccola): perdoniamo a manager e imprenditori che licenziano perché non sanno quello che fanno. La seconda: dopo il perdono, dovrebbe, però, dare loro una salutare penitenza: se non sapete informatevi. Non potere nascondervi dietro lo schermo dell’insipienza. Se non sapete, studiate.”. Concludo io: perché così come andiamo oggi manco il profitto generate



sabato 15 agosto 2015

L’innovazione e la conoscenza come disturbo …

di
Francesco Zanotti

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Disturbo pratico ed esistenziale
Mi metto nei panni di un importante Direttore del Personale …
E’ aggredito da mille urgenze, ha paura di perdere il suo ruolo se non risolve le mille urgenze. Non potete chiedergli di ascoltare studiare, sperimentare.
Non ne ha il tempo. E, poi, teme che, se ammette che gli manca qualcosa, beh questa è la minaccia più grave al suo ruolo.
E’ necessario capirlo.
Poi … se esistono conoscenze che gli parlano dell’uomo, dei gruppi, delle organizzazioni e delle antropologie, delle leggi di evoluzione dei sistemi umani … tutte questa conoscenze potrebbero permettergli prassi quasi opposte rispetto a quelle che oggi pratica … queste pratiche risolverebbero tutti i problemi che lo stanno asfissiando perché capirebbe che sono opportunità disprezzate …

Va beh ... proprio per non disprezzarle, facciamo fare (dice questo importante DP) ai miei sottoposti qualche corso di formazione. Ma che non venga coinvolto per carità: devo tirarmi sui piedi (e non solo miei, ma anche quelli della mia impresa) una pesantissima zappa. Che si fa una fatica boia a sollevare e fare cadere con quella maschia energia che deve sempre leggersi negli occhi di ogni manager senza macchia, senza paura, senza incertezze …

giovedì 13 agosto 2015

Siamo meno complessi di un polipo?

di
Francesco Zanotti

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Ci sono i geni codificanti e quelli che sembrano non fare nulla. In nome di un riduzionismo ancora imperante, si continua a pensare che i veri geni importanti siano quelli che fanno qualcosa (codificano proteine, appunto). E gli altri … siano geni spazzatura.
Se non che, poi si scopre (Corriere della Sera pag.23) che il Cephalopod Sequencing Consoritium (http://www.cephseq.org/) ha scoperto che il polpo ha più geni (codificanti) dell’uomo: oltre trentatremila contro i venti-venticinque mila dell’uomo.
Che pensare? Che l’essere vivente “polipo” è molto più di un insieme di Attori (i geni) che codificano proteine.
Così come l’attività di una organizzazione è molto più delle attività che vengono esplicitate (codificate). Le attività codificate sono solo una piccolissima parte dell’insieme complessivo delle attività di una impresa. Ed è evidente che è l’insieme complessivo di tutte le attività delle persone che vivono in una impresa che costituiscono l’organizzazione e la strategia dell’imprese stessa.
Allora volete sequenziare sempre e solo le attività formalizzabili lasciando le altre al caso?

Cioè, davvero pensate che si possa gestire un sistema complesso gestendone solo una piccolissima parte (diciamo il 5 % ... tanti sono i geni codificanti sul totale) delle sue attività?

domenica 9 agosto 2015

Cosmologia e organizzazione

di
Francesco Zanotti

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Cosa c’entra la cosmologia con l’organizzazione? C’entrano perché hanno lo stesso problema. Il cosmo e l’organizzazione non possono essere studiati dal di fuori, come sottosistemi estranei a chi li misura.
Se qualcuno volesse approfondire il discorso dal punto di vista della cosmologia consiglio “The singular universe and the reality of the time” di Roberto Mangaberia Unger e Lee Smoling.
Dal punto di vista dell’organizzazione, credete che non è possibile guardarla oggettivamente. Che quando pensate di guardarla la cambiate. Se la guardate come estraneo (non come un membro dell’organizzazione) la cambiate in modo artificiale.
Lo so che molto preferiscono non credere a questa realtà: vorrebbe dire cambiare troppe cose.
Ma d’altra parte, se si continua a questo modo, si generano danni.
La mia tesi è:
Formazione, “cantieri” di cambiamento e attività di gestione delle risorse umane
sono “specializzazioni” che rompono l’organizzazione in frammenti autoreferenziali che ne compromettono efficacia, efficienza e sviluppo …