"Non è la mente l'origine dell'uomo, sono le passioni che originano tutto, anche il pensiero. E' il sentimento il seme dell'uomo, sono l'amore, la passione." (M. Tobino)
E' "vero" tutto ciò che ci piace e che decidiamo insieme agli altri che sia vero

venerdì 29 aprile 2016

I nuovi guru … forse …

di
Francesco Zanotti

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E chi sono? Qualcuno penserà a Gary Hammel o a Henry Mintzberg che proprio nuovi, però non sono …
Invece, Ecco l’elenco. L’ho preso dall’elenco degli “esperti di management” proposti da una società di servizi di formazione: Antonio Cabrini, Manuela di Centa, Andrea Lucchetta, Dan Peterson, Arrigo Sacchi, Julio Velasco.
Con tutto il rispetto per queste persone che ne sanno di tutte le conoscenze che servono a comprendere i processi di auto evoluzione di una organizzazione e, quindi, come possono proporre nuove modalità di governo del cambiamento?
Nulla, ma non ne sanno nulla neanche quelli che li propongono. E ne sanno ancora meno coloro che li acquisteranno …

Poi si dice che la formazione è in crisi …

sabato 23 aprile 2016

Non date obiettivi, chiedete sogni

di
Francesco Zanotti

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Siamo assediati da miti, leggende metropolitane, se volete, intorno a cosa debba fare un buon manager.
Uno dei più deleteri è quello di fissare obiettivi. Se un manager fissa obiettivi, in realtà, impone a tutti i limiti dei suoi orizzonti (nessun uomo ha orizzonti infiniti), al di là dei quali non vede e al di là dei quali non porterà certo la sua organizzazione.
Se, poi, dopo aver definito gli obiettivi, li negozia, allora si cade dalla famosa padella nell’altrettanto famosa brace. Infatti, il processo di negoziazione generà obiettivi ancora più ristretti di quelli (inevitabilmente ristretti) che il manager aveva definito per conto suo. Per forza: in una negoziazione occorre pur mollare qualcosa. E’ il costo della “partecipazione” …

Una via alternativa è quella di “lavorare" con i sogni. Chiedete alla vostra gente di sviluppare sogni e di indicare come realizzarli. Fatevi provocare dai loro sogni. Poi mettete insieme tutti questi sogni in un disegno complessivo.

Ovviamente occorre avere un metodo per stimolare sogni e poi sintetizzarli in un sogno comune. Ma i metodi ci sono. Le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa ne sono una fonte preziosa.  Il solo problema è il coraggio di uscire da ogni pretesa autarchica, cercarli, impararli ed usarli. Imparare ed usare un metodo che non si conosce non è un disonore.

Se perseguire sogni vi troverete a raggiungere risultati che, altrimenti, non sareste certo riusciti neanche ad immaginare …



giovedì 21 aprile 2016

Non analizzate, non chiedete, fatevi raccontare

di
Francesco Zanotti

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Non è possibile analizzare una organizzazione. Banalmente perchè non esiste un modello che dica di che parti è costituita. Si cerca, allora, di analizzare (misurare) singole caratteristiche, ma anche questo non funziona per così tante ragioni che ci vorrebbe un libro per raccontarle tutte.
Se cercate, ad esempio, di analizzare una cosa come il clima, vi trovare a non sapere esattamente cosa sia, a non avere strumenti e processi di misura per farlo e a non sapere quando ne avete una qualunque descrizione (vostra personale, del tutto soggettiva) che influenza ha questo clima sui comportamenti delle organizzazioni.
Che fare allora? Rinunciare a conoscere l’organizzazione che dirigete? No! 
Esiste una alternativa: fatevelo raccontare dalla gente che lavora per voi. Voi limitatevi a dare loro il linguaggio attraverso il quale farvela raccontare. Potete anche farvi raccontare i loro progetti, i comportamenti che hanno intenzione di mettere in atto ...

Il farvi raccontare con il linguaggio che proponete voi è una forma eccellente di governo. Ovviamente tocca a voi fornire alla vostra gente il linguaggio più potente, più espressivo. Per curiosità: qual è il linguaggio (o i linguaggi) che oggi usa la vostra organizzazione? Quale linguaggio/linguaggi vi piacerebbe venissero usati?
Ah, non confondete! Non sto parlando di "Story telling" ... Credetemi anche se ora non posso spiegarvi perchè faccio questa affermazione ...

domenica 17 aprile 2016

Valori aziendali o tratti di penna?

di
Francesco Zanotti

Scriviamo ben chiari i valori aziendali e poi comunichiamoli. Ma siete sicuri che questa operazione abbia senso o, piuttosto, non sia che una una illusione rassicurante?
Secondo quanto conosciamo sull’essere umano, è una operazione senza senso. Rimane un mito manageriale che sta in piedi fino a che non si esplorano ad esempio, le scienze cognitive.

Un valore è un giudizio emergente che compare (emerge come costrutto mentale) in una persona quando si relaziona con il mondo. E dipende dal sistema cognitivo di cui questa persona dispone.
Il valore, quindi, non è un oggetto trasferibile da una mente ad un’altra.

Quando voglio comunicare un valore (magari con la pretesa che sia prescrittivo) che faccio? Mi illudo, invece, di trasferirlo, proprio come se fosse un oggetto. E mi aspetto che il ricevente lo usi (lo metta in pratica) come io desidero.
Invece, non lo posso inviare telepaticamente, ma devo, invece, ad esempio, scriverlo. E già lo scriverlo lo trasforma
Infatti, cosa significa scrivere? Condensare un costrutto mentale sulla carta. Questo condensare dipende dalle potenzialità della carta e dal mio sistema cognitivo. Detto diversamente, il costrutto mentale, diventando carta, utilizza il mio sistema cognitivo (che non infinito) e si esprime con le potenzialità che mettono a disposizione carta e calamai. Se, invece, è un file word … non cambia quasi nulla. Insomma, il tratto di penna non è una fotografia della mia mente.

Ora, il valore diventa operativo quando diventa costrutto mentale di chi lo riceve. Bene, la ricezione è un’ulteriore trasformazione. Quando il ricevente legge la carta, scatta un processo di interpretazione che dipende (almeno) dal suo sistema cognitivo che assume forme diverse a seconda delle contingenze esterne. Quindi capirà fischi per fiaschi. Fischi sono quello che mandate che, già, non è quello che pensate.

Allora se proprio volete, mandate in giro pezzi di carta con scritte parole che considerate valori. Ma non aspettatevi che vengono messe in pratica come pensate. Quel pezzo di carta gira per l’azienda e genera conversazioni senza fine che modificheranno i comportamenti in modi che non sono prevedibili.

Ha proprio “senso” continuare ad utilizzare pratiche che non possono ottenere quello che ci prefiggiamo perché partono da una idea di uomo che valeva, forse, due secoli fa?
Ha proprio senso continuare a combattere contro la conoscenza?


martedì 12 aprile 2016

La bufala dei millennials … e oltre

di
Francesco Zanotti

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Non prendetevela con me. Stavolta è la Harvard Business Review.
Traduco un brano da un articolo di Bruce N. Pfau sul numero di aprile della prestigiosa rivista.
“Mentre sintetiche descrizioni di cosa renda i Millennials unici sono presentate come auto evidenti e sembrano avere un qualche legame di verità  con gli stessi Millennials, pochissime di esse sono supportare da solide ricerche empiriche. Al contrario, crescenti evidenze suggeriscono che i lavoratori di tutte le età sono molto simili in termini di attitudini e valori. Per quel tanto che un qualche gap esiste, si tratta del normale gap che è sempre esistito tra giovani ed anziani e ha poco a che fare con la generazioni Millennials.”.
Detto questo pensate a tutte le imprese che si stanno ponendo il problema dei Millennials, spinte da manager e consulenti in cerca di ruolo e lavoro. Secondo la HBR stanno perdendo tempo e risorse.
Similmente a questa, mille altre bufale impegnano tempo e denari di manager e imprese.
In particolare, noi sosteniamo da sempre, supportati da rilevanti evidenze scientifiche, che
Formazione, “cantieri” di cambiamento,
progetti di miglioramento e attività di gestione delle risorse umane
sono “specializzazioni” che rompono l’organizzazione in frammenti autoreferenziali che ne compromettono efficacia, efficienza e sviluppo …

Coraggio manager HR scrollatevi subito di dosso tutte queste bufale. “Ma se non facciamo più queste cose - chiederà ogni manager HR - cosa faremo?”

Ma non stanno tutti dicendo che occorre inventare un nuovo ruolo per il manager HR? Ed allora cercatelo prima che qualcuno lo cerchi per voi. E scopra che non c’è.

sabato 9 aprile 2016

Ma che processi cognitivi mette in atto un imprenditore?

di
Francesco Zanotti

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Ieri e oggi Il Centro Studi di Confindustria presenta il suo rapporto biennale intitolato “Imprenditori i geni dello sviluppo”.
Guardando alle slides di presentazione, leggo che un nuovo paradigma economico chiede agli imprenditori un salto culturale e un nuovo modo di fare impresa.
Mi vengono delle domande che mi sembrano cruciali.
Le distribuisco su due post.
Il presente e quello su http://imprenditorialitaumentata.blogspot.it/2016/04/ma-quale-nuovo-modo-di-fare-dimpresa.html 
In questo post: ma in cosa consiste questo salto culturale? Forse la domanda corretta è: quali sono i processi cognitivi tipici dell’imprenditore? Poi ci si può chiedere: quelli che gli imprenditori mettono in atto oggi vanno bene? Se non vanno bene come possono essere cambiati?
In una slide iniziale si cita il ruolo della scuola e si scrive: Si possono sollecitare attitudini e forme mentali e fornire nozioni e conoscenze per favorire la nascita e la diffusione di una cultura e di una mentalità imprenditoriale”. E’ certo un tentativo di specificare i processi cognitivi dell’imprenditore, ma è un tentativo vago che si auto limita alla scuola. Come se bastasse insegnare una volta per tutte a fare l’imprenditore ..

Caro lettore, qualche domanda anche a te. Quali sono le aree di conoscenza che potrebbero aiutare e descrivere i processi cognitivi degli imprenditori e, quindi, a migliorali? Che ne dici delle scienze cognitive? E perché non vengono utilizzate?

mercoledì 6 aprile 2016

La forma dell’acqua: quanti tipi di recipienti avete?

di
Francesco Zanotti

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Se vi chiedete quale sia il peso di una certa quantità di acqua, basta che prendiate una bilancia e ottenere una risposta oggettiva. Oggettiva nel senso che chiunque altro misuri il peso dell’acqua, ottiene lo stesso risultato. Quindi possiamo dire che il peso è una proprietà dell’acqua.
Ma se vi chiedete quale sia la forma dell’acqua, non riuscite ad avere una disposta oggettiva: dipende dal recipiente nella quale la mettete. Detto diversamente, la proprietà “forma” non è intrinseca dell’acqua, ma è generata della relazione. E scompare quando la relazione finisce. Quando la mettete in un altro recipiente.
Arriviamo alle persone. Quando “misurate” le persone, ne scoprite proprietà intrinseche o proprietà generate dal vostro modo di relazionarvi?
Tutte le scienze naturali ed umane concorrono a sostenere che vale la seconda ipotesi.
Allora la domanda a tutti i gestori di persone è: ma quanti recipienti disponete?
Tanto più sono vari e ricchi i recipienti tante più forme riuscite a dare alle persone. Fuor di metafora tanto più sono ricche le risorse cognitive di cui disponete tanto più riuscite a generare talenti.