"Non è la mente l'origine dell'uomo, sono le passioni che originano tutto, anche il pensiero. E' il sentimento il seme dell'uomo, sono l'amore, la passione." (M. Tobino)
E' "vero" tutto ciò che ci piace e che decidiamo insieme agli altri che sia vero

mercoledì 22 agosto 2012

La vera sfida del management: governare processi evolutivi.


di
Francesco Zanotti

… se volete usare un altro linguaggio: governare processi di emergenza.
Infatti, oggi il management cerca di far funzionare al meglio e di cambiare perchè funzionino sempre meglio le organizzazioni.
Purtroppo non è possibile fare né l'una, né l’altra cosa. La ragione è che le organizzazioni umane hanno una loro capacità di evoluzione autonoma che mettono in atto senza soluzione di continuità. Le modalità di funzionamento sono solo un sottoprodotto del loro evolvere. Il cambiamento è continuo ed è il risultato di questa evoluzione auto costruita.
Quello che è possibile (e doveroso) fare è governare questo processo di sviluppo autonomo. E’ quello che fanno i manager di successo (gli imprenditori fanno la stessa cosa ad un altro livello) intuitivamente. Ovviamente le armi per governare processi di evoluzione non sono i modelli di leadership che vanno per la maggiore, è fuorviante la formazione attiva, è quasi controproducente una comunicazione intensa, banale (forse brutale) è ogni tentativo di “motivare” premiando e punendo, velleitario è ogni sforzo di controllo …

domenica 19 agosto 2012

Quando una proposta è nuova?


di
Francesco Zanotti

Oggi la patente di innovatore in campo manageriale non la si nega quasi a nessuno … E’ come il titolo di “Dottore” elargito dal parcheggiatore o dal ristoratore: basta avere giacca e cravatta … Anzi: nessun consulente lo nega a se stesso. Chi sostiene di non essere un innovatore?
Ed allora viviamo in flusso continuo di innovazioni? Che criterio abbiamo per scegliere le vere innovazioni?
Ho provato a rispondere a queste domande.
Innanzitutto, occorre riconoscere che la maggior parte delle proclamate “innovazioni” sono sogni solipsistici. Per carità: nascono anche da nobili istanze diffuse (es. la proposta di valorizzare le dimensioni soft dell’organizzazione) , da qualche “scoperta” interessante (es. i neuroni a specchio), contengono certamente spunti pregevoli (proposte di partecipazione diffusa), ma sono solo innovazione puntuali, locali.
Gli innovatori, però, non colgono questa “parzialità” ed esagerano. Si aggrappano a qualcuna di queste innovazioni locali, la generalizzano, la caricano del misticismo tipico dei neofiti e partono per la tangente della enfatizzazione: il mio metodo unico, esclusivo.
Certo a loro sembra unico ed esclusivo perché prima di elaborarlo non lo conoscevano e, soprattutto, perché non lo confrontano con la conoscenza esistente.
Come se oggi qualcuno leggesse il famoso articolo di Einstein “Sull’elettrodinamica dei corpi in moto” dove presenta la relatività ristretta e provasse a generalizzarlo costruendo una sua teoria della gravitazione senza conoscere, che ne so, il calcolo tensoriale. Certamente costruirebbe una cosa che ancora non c’è, ma difficilmente passerebbe alla storia.

In questo quadro cosa si può fare? La mia proposta è la seguente ...

mercoledì 15 agosto 2012

I paesaggi della conoscenza


di
Francesco Zanotti

Tempo di vacanze … tempo di viaggi, escursioni, scoperta di nuovi mondi: naturali ed antropologici … Magari solo fuga dal mondo di tutti i giorni che non è propriamente un luogo ideale …
Nulla in contrario, ovviamente.
Solo una proposta alternativa e trasgressiva. Oltre ai paesaggi della Natura, oltre ai paesaggi antropologici, provate ad immaginare anche i paesaggi della conoscenza. Viaggi, escursioni, scoperte dei paesaggi della conoscenza. Sono paesaggi selvaggi, affascinanti, spesso neppure immaginabili… Viaggi, escursioni scoperte nel nuovo continente (forse è poco: nel nuovo pianeta, nella nuova galassia) delle nuove scienze naturali … Qualche possibile passeggiata … Nei paesaggi della matematica che sono un po’ la geografia delle teorie possibili. Nei paesaggi della fisica che ci insegnano ad auto costruire paesaggi. Nei paesaggi dell’evoluzione che ci fanno vedere come le nostre costruzioni (anche i nostri capolavori), le strade che costruiamo, ci condizionano il futuro … a meno di rivoluzioni.
E, poi… Viaggi escursioni nei mondi dei grandi pensatori perché troppo spesso il loro pensiero è umiliato dai manuali scolastici.
Viaggi ed escursioni, ovviamente, anche nei mondi delle arti … Ma attenti ad avere guide esperte che non vi lasciano scivolare in un camminare frettoloso e distratto …
Forse i viaggi nei paesaggi della conoscenza sono i più urgenti. Dobbiamo liberarci dalla tirannia dei pochi ed angusti paesaggi conosciuti che ci costringono sempre lungo gli stessi “pensieri” (la stessa visione del mondo, le stesse teorie, gli stessi modelli, le stesse storie). Che non abbandoniamo neanche quando viaggiamo nella Natura o nelle antropologie e che ci fanno da filtro banalizzante.
Forse è il viaggiare, quasi tirannico, sempre negli stessi paesaggi che ci rende sempre più insopportabile un mondo che si arricchisce sempre di più di nuovi paesaggi possibili, ma che non riusciamo a vedere, a percorrere, a costruire.

sabato 11 agosto 2012

Solipsismo teorico … o una migliore “teoria”?


di
Francesco Zanotti

Quante volte si sente l’espressione (o espressioni simili): “La teoria è fumo, l’esperienza è sostanza. Badiamo al sodo”.
Danno un senso di concretezza?
Ecco, non credo. A me danno un senso di profonda malinconia. Sono solo l’urlo disperato di chi vuole ossessivamente difendere ed usare solo la propria teoria.
Si perchè, anche chi non legge un libro, un articolo in realtà non sfugge al fatto di essere umano. Cioè al fatto che le nostre idee e i nostri comportamenti sono generati dalla visione che abbiamo del mondo e della realtà. Sono generati dal nostro patrimonio cognitivo. Sono generati dalla nostra teoria in uso. Insomma: siamo strutturalmente ed imprescindibilmente “teorici”. Meglio “teorizzatori”. E la concretezza? Beh ad ognuno sembra “concreto” quello che conosce e “astratto” quello che non conosce.

Il vero problema è, allora, la qualità del nostro patrimonio cognitivo. Della nostra “teoria in uso”.

lunedì 6 agosto 2012

L'azienda non è una istituzione

Lettera aperta al Generale GdF in congedo, già comandante del GAT Nucleo Speciale Frodi Telematiche, e attualmente Consigliere strategico del Presidente di Telecom Italia

Caro Umberto
Ho letto il tuo commento su Jobtalk, il famoso blog curato da Rossana Santonocito, riguardo la non recente notizia del programma di Amazon per i dipendenti  (il "Career Choice Program").
Come saprai, non è una novità per le grandi aziende d'oltreoceano disporre di programmi di questo tipo. Si tratta di strumenti di "recruiting and retention" utili a facilitare le assunzioni e trattenere le persone.
Giustamente auspichi una "clonazione" di tali iniziative anche nel nostro paese, ma, consentimi, il tuo è un invito che non considera, probabilmente in virtù della tua provenienza da una istituzione statale, un aspetto fondamentale affinchè un programma del genere prenda senso: la "strategia" dell'impresa.
Amazon, Deloitte, Qualcomm, Boeing, UPS, e molte altre citate, e non, nell'articolo che ti ho segnalato, hanno un "piano per il futuro", all'interno del quale descrivono e concretizzano il loro "senso globale" (organizzativo, sociale, culturale, e altro dal quale discendono i risultati economici e finanziari). Solo al suo interno prendono significato iniziative di questa portata.

Quali sono invece i "piani per il futuro" delle nostre aziende? 

giovedì 2 agosto 2012

Leadership: questione di "p...lle"?

Nell'Ottobre del 2009, William Deresiewicz tenne una conferenza agli allievi del primo anno dell'accademia militare statunitense dell'esercito a West Point. Troverete il testo completo in inglese quì .
Il titolo è quanto mai intrigante, Solitudine e Leadership, e lascio alla lettura del testo la scoperta del nesso tra le due (purtroppo non sono in possesso di una traduzione italiana ma molti pezzi della parte iniziale li tradurrò di seguito).
L'aspetto sul quale desidero soffermarmi è la definizione di "leadership" e l'analisi di come questa sia assente oggigiorno nella società americana (e temo non solo in quella!). Poichè purtroppo la nostra anglofonia scatenata, e un po' superficiale, trasforma le parole d'oltremanica (e d'oltreoceano) in "valigie" che arrivano a significare tutto e il suo contrario, consentitemi la non tanto velata allusione del titolo, anche se corro il rischio di apparire volgare.
La leadership di Deresiewicz, infatti, andrebbe così tradotta, per intenderci appieno, ed è una caratteristica che, in onore di una meritata par condicio, non esclude le donne, anzi!
Ma addentriamoci nel teso della lecture.