"Non è la mente l'origine dell'uomo, sono le passioni che originano tutto, anche il pensiero. E' il sentimento il seme dell'uomo, sono l'amore, la passione." (M. Tobino)
E' "vero" tutto ciò che ci piace e che decidiamo insieme agli altri che sia vero

mercoledì 29 aprile 2015

Non vi è nulla di statico nella mente umana

di
Francesco Zanotti


Credo che il lettore mi esima dal dimostrare quanto sostiene il titolo, tante sono le citazioni possibili e tanto note.
Mi si permetta di trarne qualche conseguenza.
Allora non ha senso cercare di fare nessuna “mappa”: né delle competenze, né dei valori. Appena l’avessimo fatta essa scompare proprio perché non vi è nulla di statico nella mente umana.
Non ha neanche senso fornire competenze perché appena installate cambiano. E, ovviamente, non si sa come.
Ah, poi ci sarebbero altre cosette da dire …
Prima: ma cosa sono valori e competenze? Esiste una definizione unanimemente accettata? E se non esiste, vuol dire che tutti quelli che mappano o vogliono instillare valori o competenze si prefiggono di mappare o instillare cose diverse?
Sarebbe ridicolo se non avesse il sapore della tragedia che è proprio dei soldi spesi, delle illusioni generate, dei conflitti scatenati, delle frustrazioni di chi si vede rifiutata una mappatura così profonda come piacerebbe a lui …
Seconda cosetta … terza cosetta … Ne parliamo un’altra volta. Per ora mi basterebbe una riflessione sulla prima cosetta. Giusto solo perché così la si smetterebbe di fare cose inutili, anzi dannose.


domenica 26 aprile 2015

Chi è Giovanni?

di
Francesco Zanotti


Giovanni è un essere umano. Moltissimi (credo tutti i manager e i consulenti) sono convinti che per guidare (governare? Comandare? Motivare) Giovanni sia necessario conoscerlo.
Ma cosa significa conoscerlo? Provo a rispondere rivelando che la mia fonte è: Jerome Kagan. “Le tre culture", pag. 49-50. Ovviamente con adattamenti miei.
Chiedete ad un neuroscienziato e vi risponderà che lo vuole analizzare con tecniche di neuro imagining. Chiedete ad uno psicologo e vi risponderà che Giovanni è le sue strutture cognitive, il suo subconscio, le sue intelligenze o le sue emozioni e sentimenti (si veda la distinzione che fa Damasio tra emozioni e sentimenti). Chiedete a uno scienziato psico-sociale e vi risponderà che Giovanni è il suo gruppo (o la sua rete sociale, se volete essere più “à la page”). Se chiedete a un sociologo vi risponderà che è il suo genere, la sua etnia, la sua nazione. Se chiedete ad un antropologo vi dirà che sono i  valori e i miti della sua cultura di riferimento. Se chiedete a uno storico vi dirà che Giovanni è la storia della sua famiglia. Se chiedete a un poeta vi dirà che Giovanni è (vedi Kagan): la sua nostalgia per l’estate quando è novembre e gli alberi sono spogli, il misto di impotenza e melanconia che lo pervade quando … etc.
E il manager chi pensa sia Giovanni? Non lo sa, però, pensa di guidarlo lo stesso …

Mi si obietterà che non è possibile conoscere tutte queste cose di Giovanni. Vero. Ma questo comporta che non lo si può comandare o motivare. Occorre fare tutt'altro …

mercoledì 22 aprile 2015

Le fortificazioni … contro la conoscenza

di
Francesco Zanotti


Le fortificazioni proteggevano le città dalla barbarie dei nemici. Erano anche oggetto di vanto. Da lontano i nemici dovevano misurare la forza, la maestosità di queste protezioni. Dovevano essere intimoriti perché desistessero dal vano sforzo di attaccare la città, la pace dei suoi abitanti, il potere del Principe e della sua corte. Poi all'interno non c’era proprio tutta quella pace: gli abitanti non erano proprio così contenti del Principe e della sua corte, il principe e la sua corte non è che si curassero troppo degli abitanti, i barbari non erano sempre barbari … Ma le fortificazioni fissavano il tutto in un eterno presente.
Oggi anche il management costruisce fortificazioni a difesa del suo potere. E il nemico numero uno, il barbaro che è diverso e minaccia è la conoscenza.

lunedì 20 aprile 2015

Comprereste un cellulare …

di
Francesco Zanotti

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Andate da un venditore di cellulari e trovare un cartello con scritto: è un cellulare completamente diverso dagli altri. Ma non so bene che prestazioni ha. Non so neanche come è fatto. Neppure so cosa succede quando si schiacciano i tasti. Ho il sospetto che sia anche meteoropatico: se non c’è il sole non funziona.
Lo comprereste?
Ovviamente no! Non sapreste usarlo.
Quando vi trovare di fronte ad una persona (che è davvero profondamente diversa da tutte le altre) non sapete bene che prestazioni potrà avere, non sapete quali sono le caratteristiche che individuano un essere umano, non sapete che leve utilizzare per governarne i comportamenti, siete certi che si comporterà diversamente in diversi ambienti. Ma ve ne fregate perché pensate che a voi basti guardarlo per capire come utilizzarlo …
Beata incoscienza, se non fosse che questa incoscienza è pagata dagli azionisti. Che prima o poi si inc… anno.


giovedì 16 aprile 2015

Risorse umane, ma quale strategicità …

di
Francesco Zanotti

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Gli unici che non credono alla strategicità delle risorse umane sono proprio i manager che le dovrebbero valorizzare. Si limitano a dichiararne la strategicità, ma, poi, non la sanno declinare e neanche cercano di affermarla all'interno dell’impresa.
Da dove traggo questa conclusioni?
Come nostra tradizione, anche quest’anno stiamo assegnando il Rating ai Business Plan delle Società dell’indice FTSE MIB e Star di Borsa Italiana.
I Business Plan sono i Progetti di Futuro di questa imprese. Bene in nessuno di questi Progetti di Futuro vi è un qualche accenno, se non burocratico-quantitativo, alle risorse umane.
Non appare se alle persone (diciamo “Persone” e non risorse umane? Che ne dite?) si è dato un qualche ruolo nel processo di progettazione strategica.
Non appare quale sistema di risorse cognitive dispongano le persone e, quindi, l’impresa. Saranno più importanti le risorse cognitive delle persone che le foto degli stabilimenti delle imprese. O no?
Non appare quali metodologie di governo delle persone e del loro sviluppo vengono utilizzate. Non viene specificato come si pensa di gestire il processo di execution della strategia.
Non vi sono tutte queste cose e non mi risulta che qualche responsabile HR abbia fatto notare che non esistono.
Concludendo, credo che l’analisi (a fini di Rating) dei Business Plan delle più importanti imprese del Paese abbiamo dimostrato la tesi con cui ho iniziato questo post.
Spero che nessuno mi chieda: ma cosa ci dovrebbe essere scritto in un Business Plan a proposito delle persone? Se qualcuno ponesse questa domanda la mia tesi sarebbe dimostrata “a fortiori”: se chi gestisce le risorse umane non sa cosa scrivere di esse nel progetto di Futuro dell’impresa, è ovvio che non ne conosce il ruolo strategico.


martedì 14 aprile 2015

Anas, relazionalità e delega

di
Francesco Zanotti

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L’Anas è solo l’ultimo caso in cui si dimostra che una classe manageriale relazionale crea solo guai.
Cosa intendo per “classe manageriale relazionale”? Intendo una classe manageriale che ha come obiettivo (e che impiega il suo tempo per raggiungerlo) quello di costruire, manutenere ed ampliare il reticolo relazionale che gli garantisce incarichi manageriali sempre più prestigiosi. Ovviamente ogni reticolo relazionale finisce per diventare un reticolo collusivo.
Purtroppo, essendo in altre faccende affaccendati, questi manager non si curano dell’organizzazione che dovrebbero dirigere. E questa se ne va a catafascio. Come i recenti fatti dimostrano, va a catafascio in senso letterale.

Il ridicolo è che questi manager interpretano nel modo più completo il mito della delega: delegano tutto il lavoro di guida dell’organizzazione. Proprio perché sono in altre faccende affaccendati. Delegare per non occuparsene.

domenica 12 aprile 2015

L’organizzazione va dove vuole …

di
Francesco Zanotti


I casi sono due: o sapete scrivere una procedura che descrive tutti i comportamenti delle persone, oppure sono le persone a scegliere i comportamenti che sono necessari, ma non vengono proceduralizzati.
Che impatto hanno questi comportamenti? Sostanziale: i comportamenti proceduralizzati sono solo una minima parte dei comportamenti complessivi. E sono questi ultimi che creano l’organizzazione all'interno e manifestano la strategia all'esterno.
Come vengono governati? Non vengono governati in nessun modo.
Conclusione: l’organizzazione va dove vuole.

Domanda: ma che vengono pagati a fare i manager? Almeno cerchino di capire come le persone scelgono i propri comportamenti… O neanche questo?

mercoledì 8 aprile 2015

Una lettera aperta ad un manager HR … che è , poi, anche una indagine …

di
Francesco Zanotti

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Caro amico, sarai d’accordo con me che per governare un sistema è necessario sapere come funziona, vero?
Bene tu devi governare (e anche valorizzate, motivare stimolare) le persone. Ed allora ti darai da fare per capire come funzionano. Cercherai le conoscenze migliori per capire sempre meglio le persone per poterle guidare ...

Cercherai di usare le conoscenze più avanzate che ti possano offrire le scienze cognitive e le diverse psicologie per capire le modalità di relazione di una persona con l’ambiente esterno: processi di osservazione, ragionamento, emozionalità e comunicazione, apprendimento. O no?

Cercherai di usare le conoscenze più avanzate di psicologia sociale per capire come le persone agiscono in gruppi, reali o virtuali che siano. O no?

Cercherai di usare le conoscenze sociologiche ed antropologiche più avanzate per capire le dinamiche organizzative complessive. O no?

Cercherai di capire anche le nuove visioni del mondo che stanno alla base delle nuove conoscenze in tutte le aree disciplinari precedentemente descritte. O no?

Se la riposta è “no”, devo intendere che non ti interessano in nessun modo tutte le conoscenze precedentemente descritte?
E come fai a governare le persone se non sai come funziona il loro pensare e il loro relazionarsi?

Per favore non mi rispondere citando l’esperienza. Le esperienze del passato non ci stanno regalando un grande futuro. Il rifugiarsi nell'esperienza è solo una banale via di fuga dalla responsabilità della conoscenza.

  

domenica 5 aprile 2015

Evo-Devo: ma come si è formata l’organizzazione?

di
Francesco Zanotti

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Sul Corriere di oggi Piattelli Palmerini presenta il pensiero di Alessandro Minelli, uno dei Guru dell’Evo-Devo.
Di cosa si tratta e che c’entra con l’organizzazione.
Di cosa si tratta lo dice Piattelli Palmerini. Cosa c’entra con l’organizzazione provo a dirlo io.

Evo-Devo
Si tratta di un programma di ricerca per rendere complementari lo studio dei processi evolutivi (la biologia evolutiva) e lo studio dei processi di sviluppo (biologia dello sviluppo) sono andati avanti quasi indipendentemente gli uni dagli altri. Il Prof Minelli è uno dei Guru dell’Evo-Devo che cerca di costruire una sintesi tra questi due approcci.
Dice il prof. Minelli che la selezione naturale vede solo la struttura del corpo dell’adulto. Ma non del processo che l’ha generato. Così rimangono domande senza risposta. Non si capisce perché non si possano essere evoluti centauri o sirene. O molto più concretamente perché non vi è neppure una specie di centopiedi con un numero pari di piedi.
Lo studio dello sviluppo dell’individuo porta a capire quali strutture sono possibili e quali no.
Ovviamente nessuno dei due processi (evoluzione e sviluppo) e frutto di un Progetto costruito razionalmente (digitale), ma sono il frutto di dinamiche emergenti.

L’organizzazione
Gli studi di organizzazione si pongono solo marginalmente sia nella prospettiva evolutiva che da quella dello sviluppo.
Non esiste se non eccezionalmente (le famose configurazioni di Mintzberg ad esempio) la individuazione delle specie di organizzazioni (imprese) oggi presenti. Tanto meno si studia come evolve l’organizzazione di una impresa.
Noi stiamo provando ad andare in tutte e due le direzioni, con risultati evidenti e disponibili gratuitamente.

Purtroppo
Ma ovviamente troppi manager (soprattutto di staff, cioè quelli che maggiormente dovrebbero impegnarsi a fornire strumento di comprensione e governo ai manager di linea) non sono interessati alla conoscenza. Si nascondnoo dietro l’alibi della concretezza che li porta, però, a non gestire concretamente nulla. Vivono oppressi dai guai del non gestire nulla che si accavallano sempre di più e soffocano il generare valore delle organizzazioni.


giovedì 2 aprile 2015

I manager non sanno valutare le “innovazioni gestionali”

di
Francesco Zanotti


La reazione normale ad ogni nuova proposta (non tutte) è: “Ah che bella, ma ora non posso sperimentarla perché ho delle urgenze". E tutti i consulenti accettano senza discutere questa risposta dai manager. La considerano legittima.
Io dico: i consulenti così fanno solo perché hanno un grave complesso di inferiorità verso i manager in carica.
Io credo, invece, che l’appellarsi all'urgenza non sia una risposta legittima, proprio dal punto di vista dell’interesse dall'impresa.

Infatti, un’innovazione gestionale veramente rilevante dovrebbe servire a risolvere proprio le urgenze. A scoprire che le urgenze sono costruite da convinzioni e pratiche gestionali errate che l’innovazione vuole sostituire con altre convinzioni ed altre pratiche. Che permettono di risolvere i problemi perché permettono di scoprire che i problemi stessi sono solo espressione di opportunità non sfruttate. Cioè: sono proprio le innovazioni che risolvono i problemi.  Soprattutto fanno in modo che non se ne generino altri.

Ma perché i manager non si rendono conto che rifiutare l’innovazione è un danno all'impresa?
Perché non hanno le conoscenze necessarie a distinguere le innovazioni sostanziali dalle innovazioni fasulle.
Quelle sostanziali sono fondate sullo stato dell’arte delle conoscenze rilevanti per gestire persone e gruppi di persone. Quelle fasulle sono quelle che consistono solo nella razionalizzazione di esperienze personali passate.
Non hanno le conoscenze necessarie, hanno paura ad ammetterlo perché pensano che il formarsele sia impossibile. Ed allora si rifugiano nelle razionalizzazioni delle loro esperienze. Oppure si affidano a qualche amico del quale, ovviamente, non valutano la innovazione contenuta nelle sue proposte
Cari manager non è vero che è così difficile acquisire le conoscenze che vi mancano. Basta un investimento di qualche mezza giornata per disporre di una panoramica dello stato dell’arte di tutte le conoscenze rilevanti per gestire uomini ed organizzazioni: scienze cognitive, psicologie, sociologie antropologie. Ed è solo un investimento in tempo, non in denaro, perché noi offriamo questa opportunità di aggiornamento del tutto gratuitamente.
Cari manager in questo modo aiuterete anche l’evoluzione del mercato della consulenza, dei vostri fornitori di conoscenza. Cari manager, sapete che per ogni impresa sono chiave i fornitori di materie prime semilavorati etc.
Ancora più chiave sono i fornitori di conoscenza. E’ interesse specifico delle imprese far si questo mercato evolva.