C'era una volta un manager.
Lavorava molto, dodici, quattordici o anche più ore al giorno. Era sempre impegnato in riunioni: brevi, lunghe, in ufficio o fuori.
Ogni giorno che passava vedeva gli spazi della sua autonomia diminuire, la sua attenzione spinta ad occuparsi di dettagli sempre più piccoli. I suoi capi, distanti qualche piano dell'edificio o centinaia di chilometri, gli ripetevano sempre più spesso, e per sempre più numerosi ambiti, cosa dovesse fare. Eseguire, non pensare: Loro erano pagati per questo, lui doveva solo eseguire e far eseguire. Ciononostante il cumulo di lavoro non diminuiva mai, anzi.
Le riunioni si accavallavano e fiorivano di comunicazioni retoriche: slogan, messaggi da comunicare, direttive da rispettare.
Le percepiva sempre più vuote e, anche per questo, diventava sempre più faticoso lavorare.
Un giorno, gettando un occhiata alla sua agenda, la vide da una prospettiva diversa: era piena di impegni interni. Le urgenze, alle quali era chiamato, venivano tutte da dentro.
Era come se lui e i suoi colleghi fossero chiamati a far muovere un sommergibile a pedali. Chiusi nel ventre del mostro meccanico, impossibilitati ad avere contatti con l'esterno, di cui a mala pena sentivano i rumori, senza strumenti per capire dove fossero e dove stessero andando, erano chiamati ad un unico compito: pedalare per muovere le eliche.
Gli unici spazi di soddisfazione personale e realizzazione erano le vacanze: week-end, festività, ferie. Allora ogni energia "attiva", ogni guizzo di ingegno erano dedicati alla loro progettazione. Una pausa, qualche minuto di distrazione in una riunione, l'attesa in aeroporto o da qualsiasi altra parte, erano dedicati ad organizzare la "vera" vita: quella fuori dell'azienda.
Viveva una vita "lobotomizzata", separata di netto, in due, quella biologica, necessaria a soddisfare i bisogni suoi e della sua famiglia, e quella "umana", che soddisfaceva se stesso come persona, la sua intelligenza, la passione, i sentimenti, la cultura, tutte cose che non erano di nessun interesse per il luogo dove lavorava.
Di tanto in tanto c'era un'altra occupazione: la programmazione del prossimo posto di lavoro. Per guadagnare di più, certo, ma non per stare meglio. Lo stato di "dissociato" permanente ormai lo aveva accettato, nonostante il crescente malessere.
"Questa è la vita" diceva a se stesso e agli altri "e non si può cambiare. Chi pensa di farlo è un illuso o un incompetente che non sa di cosa parla."
E la fatica aumentava, e con essa il senso di vuoto e la sofferenza. Laddove gli affetti non riuscivano a colmare questa voragine che si apriva ogni giorno di più, si rivolgeva alle soddisfazioni sintetiche: qualsiasi pratica che potesse distoglierlo da ciò che provava. Una lenta e tortuosa discesa verso l'annullamento ...
O no?
Giovanni … ma può un manager chiamarsi Giovanni? Banale, tutto il contrario di chi vuole fare carriera … E va be’ si chiamava Giovanni lo stesso. Dunque Giovanni .. che faceva?
Un giorno gli è esplosa in testa e nel cuore una nuova illuminazione: Io vivo all’interno di un sistema complesso (la mia azienda è un sistema complesso) che “funziona” in un modo che non mi piace. Ma certamente non funziona granché bene neanche per gli azionisti perché i risultati di mercato non sono costantemente in miglioramento.
Allora, io ho come primo mio alleato gli azionisti. Bene allora scrivo agli azionisti e chiedo loro di intervenire, visto che condividiamo lo stesso scontento.”
Giovanni, preso da giovanile (infantile, forse) entusiasmo prende “carta e penna” (ovvio che la penna è il computer e la carta il format dell’e-mail) e si accinge a scrivere … “Cari azionisti …”. I tasti scivolano via con deliziosa velocità e il testo appare con altrettanto deliziosa scioltezza. Fino a quando si tratta di denunciare … Ma poi Giovanni si accorge che deve anche proporre. E’ passata la stagione delle denunce e basta: certo è necessario denunciare, ma poi, occorre proporre cosa sostituire a ciò che è stato denunciato inadatto e ingiusto. Ma a questo punto non scorre e non appare più nulla. Giovanni si accorge che le proposte che riesce a scrivere sono solo generiche o retoriche …
Sfogato il desiderio di denuncia, si accorge che sa che mondo non vuole, ma non riesce ad intravvedere il mondo che desidera, salvo dire che in quel mondo vorrebbe essere lui l’amministratore delegato. Cioè: riesce solo ad avanzare richieste di potere. Ma si rende conto che non può limitarsi a questo tipo di proposte … Momento di crisi, dopo il momento di euforia … Forse non si può fare nulla per cambiare questa situazione …
Proviamo a dare una mano a Giovanni. Il primo suggerimento è quello di diffondere nella sua organizzazione nuova conoscenza. Senza questo primo passo è tutto inutile. Quale conoscenza? Be’ visto che è accettato da tutti il postulato che l’impresa è un sistema complesso, le conoscenze che servono riguardano la struttura e i processi di evoluzione di un sistema complesso. Se non si conoscono, come si fa ad intervenire?
L’impresa è un sistema complesso, ma Giovanni non sa nulla su come è strutturato ed evolve un sistema complesso. E forse nessuno nella sua impresa sa qualcosa sui sistemi complessi. In questa situazione, come si fa a governare e cambiare se non si conosce quello che occorre governare e cambiare?
Prima di diffondere la nuova conoscenza sui sistemi complessi occorre averla … Ecco la prima sfida per Giovanni: un lavoro di scouting per ricercare la migliore e più avanzata conoscenza sui sistemi complessi. Ovviamente Giovanni non può farla da solo ed allora la prima fase di scouting deve essere quella della ricerca di un Partner, il più esperto, per dare una mano.
E quando questa conoscenza è disponibile, come diffonderla e dimostrare che risulti feconda?
Due suggerimenti.
Il primo è quello di organizzare short seminars per presentare a tutta l’alta dirigenza i risultati delle sue ricerche. Ovviamente i seminari non possono essere solo teorici. Devono dimostrare come utilizzando le conoscenze più avanzate sulla struttura e sui processi di evoluzione dei sistemi complessi sia possibile governare in modo molto più efficace ed efficiente i processi di cambiamento strategico organizzativo.
Il secondo è quello di attivare Progetti Pilota. Ne citiamo uno semplice da realizzarsi, ma dai risultati potenzialmente straordinari. Oggi si parla molto della necessità di aumentare la produttività del lavoro. E si cerca di farlo con gli incentivi, il valore della meritocrazia, gli accordi sindacali. Ma i risultati sono palesemente scarsi. Una conoscenza profonda dei sistemi complessi rivela che la “fonte” principale di improduttività del lavoro non viene neanche sfiorata. Essa è la inefficienza relazionale. Più semplicemente: le risorse temporali e, quello che è più grave, emozionali delle persone si disperdono in una relazionalità molto “pesante”, fatta di discussioni e conflitti infiniti. Le tecniche di negoziazione non scalfiscono per nulla queste inefficienze. Se si prende la metodologia produttiva che sta diventano un mito, il sistema Toyota, si vede che essa cerca di creare una nuova alleanza produttiva, ma lo fa attraverso esortazioni retoriche, richiami a valori generali, metodi ingegneristici. Non cerca le ragione sistemiche che scatenano, ad esempio, incomprensioni, discussioni infinite, incomprensioni, conflitti. Ingenuamente le si addebita a scarsa volontà ed impegno e si cerca di stimolare una maggiore partecipazione. Insomma si usa la tecnica della “predica”.
Il progetto a cui accennavano potrebbe essere indirizzato ad una isola limitata delle attività produttive e gestionali e porsi l’obiettivo di aumentare l’efficienza relazionale. In questo progetto si usano le più avanzate conoscenze sulla struttura e sui processi di sviluppo dei sistemi complessi.
Seguendo questi due suggerimenti si convince razionalmente (con i risultati del Progetto Pilota descritto) ed emozionalmente (per il nuovo clima complessivo che si viene a creare) che esiste la nuova strada della conoscenza che può portare a una rivoluzione della vita e dei risultati aziendali.
Crediamo che il primo beneficiario di questo progetto sarebbe proprio Giovanni perché, appena dovesse intraprendere il lavoro di scouting di cui abbiamo detto, cambierebbe la sua situazione esistenziale. E, immediatamente dopo, cambierebbe il suo ruolo aziendale e pubblico.
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