Il breve e denso pamphlet che ho reso disponibile qualche settimana fa su "Pensare, Dire, Fare" ha suscitato curiosità e perplessità. La più frequente riguarda l'autenticità dell'intera proposizione.
La questione non può essere liquidata con un semplice sì o no allora ho chiesto all'autore, l'amico e collega Francesco, di rispondere in maniera appropriata. Ritengo notevole questa nota perchè aggiunge anche una dimensione e motivazione "imprenditoriale" al nostro sforzo propositivo, oltre a dargli uno spessore scientifico (caratteristica purtroppo non molto frequente nel settore della consulenza e ricerca manageriale).
Pensare, Dire, Fare:
una bibliografia generale ragionata
di
Francesco Zanotti
Mi è stato chiesto di fornire una bibliografia per il mio scritto “Dire, fare e pensare”. Non sono riuscito a convincermi che fosse una richiesta illegittima ed allora mi sono accinto a scriverla.
Ma con un imbarazzo di fondo. L’imbarazzo nasce dal fatto che devo iniziare con una convinzione che può sembrare presuntuosa, ma tant’è …
La mia convinzione è la seguente: l’ idea di fondo che ispira il mio scritto è, per quanto ne so, inedita.
Intendo dire l’affermazione che l’uomo si relaziona con gli altri uomini solo attraverso media che hanno un ruolo attivo è non solo trasmissivo, anche se può sembrare scontata, in realtà è rivoluzionaria. Basta guardarne le conseguenze: significa che la nostra pretesa di dare identità di oggetti fisici a cose come i valori e la cultura è priva di senso. Non esiste la cultura come rappresentazione fedele di idee, sentimenti, valori, conoscenza. Esistono manufatti culturali che sono incarnazioni di idee, sentimenti e valori, ma espressi attraverso media che hanno un ruolo attivo, costruttivo. Esistono idee, sentimenti, valori, conoscenze “raccontate” .Quando si usano media diversi le stesse idee, valori, sentimenti appaiono diversi. Non è accessibile ( forse non ha senso l’espressione stessa) la loro vera natura. Ovviamente sono inedite le “conclusioni” e le prassi che si traggono da questa ipotesi: le relazioni tra gli uomini non sono relazioni tra i loro pensieri, ma tra i racconti e gli “oggetti” prodotti dai loro pensieri.
Se l’idea di fondo è inedita, allora riferimenti bibliografici diretti (qualcuno che scrive qualcosa di analogo) non ne conosco.
Esistono, però, molte assonanze, fonti di ispirazione. Ecco di queste posso raccontare. Sarà un racconto molto selezionato, che non raggiungerà neanche lontanamente l’obiettivo di dare una idea degli ambiti disciplinari che sono coinvolti nella mia proposta. Sarà solo la proposta di un cammino da parte di chi (il sottoscritto) ha provato a viaggiare in quegli ambiti disciplinari. Se non temessi di sembrare “blasfemo” direi che le mie sono scelte estetiche.
Inizio premettendo che io di formazione e di interessi (sono quello che l’Università qualificherebbe come “Cultore della materia”) sono un fisico, anche se faccio un mestiere che potrebbe apparire (ma non è così) del tutto diverso. Mi occupo di strategia d’impresa. Il primo riferimento che propongo è, allora, la meccanica quantistica. E’ questa “storia” che fornisce una nuova visione del rapporto tra osservatore e mondo: un osservare che è costruire, mai rappresentare. Costruire usando media, dico io. Qui i testi sulla meccanica quantistica piovono dal cielo come scrosci disordinatissimi. Allora scelgo di citare il libro di un amico fisico teorico che sta lavorando con noi al progetto dell’Expo della Conoscenza: “Osservando la sfinge” di Ignazio Licata, Di Renzo Editore. E un classico, forse non del tutto ortodosso: “The undivided universe” di David Bohm, edizioni Routledge.
La meccanica quantistica fornisce (ha reso disponibile dagli anni venti del secolo scorso) l’intuizione fondamentale, ma poi essa deve precisarsi in un processo: come è che si sviluppa questo osservare che è costruire? E, qui, arriva il secondo riferimento che è costituito dalla teoria dei sistemi auto poietici. La citazione “obbligata” a questo riguardo è: “L’albero della conoscenza” di Humberto Maturana e Francisco Varela. A questa se ne possono aggiungere altre. Tra di esse scelgo: “La rete della vita” di Fritjof Capra, edizioni Rizzoli.
Anche sul versante del “pensare” i riferimenti sono immensi, frastagliatamente immensi. Ma quelli che mi hanno maggiormente ispirato sono, da un lato, “La via di mezzo della conoscenza” di Francisco Varela, Evan Thompson ed Eleanor Rosh, edizioni Feltrinelli, dall’altro “Ponti sottili” ufficialmente attribuito a Gyatso Tenzin (Il Dalai Lama), ma che è il resoconto di una settimana di dialoghi tra il Dalai Lama ed un gruppo di scienziati occidentali tra i quali gli autori di “La via di mezzo della conoscenza”.
Ad essi aggiungo anche un lavoro del già citato amico Ignazio Licata “La logica aperta della mente”, Edizioni Codice. In esso Ignazio introduce la dimensione costruttiva, linguistica della matematica, sistema “aperto”, come “aperta” è la logica della mente. Per gli “amici” della Matematica propongo anche l’opera di Gregory Chaitin “Alla ricerca di omega”, edizioni Adelphi.
Sul versante del “mondo”, cioè nel cercare di spiegare come si mettono insieme i “dire” ed i “fare” degli uomini, il primo riferimento generale è un volume “bello e impossibile” di Niklas Luhmann e Raffaele De Giorgi “Teoria della società”, edizioni Franco Angeli.
Propongo, poi, due riferimenti “contingenti” che riguardano un ambito di mondo oggi particolarmente rilevante: le relazioni internazionali. Il primo è “Constructivism and international relations”, raccolta di saggi curata dal Stefano Guzzini e Anna Leander per i tipi di Routledge sul pensiero di Alexander Wendt del quale il libro pubblica il saggio “Social Theory as cartesian science: An auto-critique from a quantum perspective”. Il secondo è “New System theories of world politics”, raccolta di saggi curata da Mathias Albert, Lars-Erik Cederman and Alexander Wend per i tipi di Palgrave Macmillan.
Esiste un sottofondo complessivo che è costituito da tutti quegli studi che riguardano le scienze della complessità e la sistemica e dei quali le citazioni che ho proposto sono, come dicevo, un sort “estetico”.
E proprio con l’arte vorrei concludere. Citando due protagonisti conosciutissimi, ma sempre sorprendenti per la loro capacità di tradurre in altri media quello che gli scienziati riescono, solo per ora, a scrivere unicamente su carta. Essi sono Maurits Cornelis Escher ed Antonio Machado. Del primo tutti ricordano le mani che si disegnano l’un l’altra.
Del secondo è diventata quasi una “bandiera” della complessità alcuni suoi versi con i quali vorrei concludere questa piccola rassegna:
Viandante, sono le tue impronte
il cammino e nulla più;
Viandante non c'è un cammino
la via si fa con l'andare..."
Beh .. ma forse non posso dimenticarmi di me stesso e del progetto che abbiamo in corso..
In realtà sto scrivendo un libro, del quale esiste una prima bozza scaricabile dal nostro blog http://balbettantipoietici.blogspot.com/, dal titolo: “Un Expo della conoscenza per fare emergere una nuova società”. In questo libro la mia proposta è dettagliata sia nella sua dimensione teorica che applicativa. Non solo, ma nello stesso libro si indica un percorso attraverso il quale approfondire e sperimentare socialmente: la realizzazione di un Expo della conoscenza, appunto.
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