Si è tenuto il giorno 24 Settembre presso la LIUC (Libera Università Carlo Cattaneo) di Castellanza, un workshop dal titolo "Innovazione nelle competenze" tenuta dall'Ing. Roberto Bellini. L'evento è inserito nelle attività istituzionali del Centro Ricerche sulla Complessità diretto dal Prof. Scifo.
Il relatore ha illustrato un imponente progetto europeo con l'obiettivo di classificare e standardizzare le competenze e i profili professionali esistenti. Lo scopo è quello di aiutare una pianificazione nella formazione, scolastica e non, a beneficio delle richieste professionali attuali e future delle aziende. Per rendere più chiara l'esposizione l'Ing. Bellini ha utilizzato l'esempio dell'IT dove sono state identificate circa 3000 competenze che poi verranno costantemente aggiornate. Nella parte finale il Prof. Rebora, discussant del workshop e direttore dell'Istituto di Economia Aziendale, ha brillantemente indirizzato il dibattito, che stava predendo corpo nella platea, con un'immagine tanto semplice quanto chiara, che riporto nella figura sopra.
Vi sono attività che rientrano nel dominio del "Razionale" inteso come approccio riduzionistico di stampo cartesiano ("fare a fette la realtà per capirla" è un espressione che è ricorsa spesso dando l'impressione che fosse compresa e accettata da tutti). E' questa un'attività necessaria per non cadere nel caos o nel relativismo assoluto, che ha portato un grande progresso all'umanità e che è tangibile e sotto gli occhi di tutti. Lo sforzo intrapreso dall'Unione Europea e illustrato dall'Ing. Bellini sicuramente ricade in quest'area. Le attività umane e i loro comportamenti hanno però anche un "Dark Side", afferma Rebora, che ha bisogno di strumenti di tipo diverso per essere indirizzati ,ad esempio narrativo ,e che pure costituiscono una porzione importante del nostro agire.
Vi sono attività che rientrano nel dominio del "Razionale" inteso come approccio riduzionistico di stampo cartesiano ("fare a fette la realtà per capirla" è un espressione che è ricorsa spesso dando l'impressione che fosse compresa e accettata da tutti). E' questa un'attività necessaria per non cadere nel caos o nel relativismo assoluto, che ha portato un grande progresso all'umanità e che è tangibile e sotto gli occhi di tutti. Lo sforzo intrapreso dall'Unione Europea e illustrato dall'Ing. Bellini sicuramente ricade in quest'area. Le attività umane e i loro comportamenti hanno però anche un "Dark Side", afferma Rebora, che ha bisogno di strumenti di tipo diverso per essere indirizzati ,ad esempio narrativo ,e che pure costituiscono una porzione importante del nostro agire.
A partire da questo quadro di riferimento, che ha stimolato il dibattito successivo, desidero fare qualche commento nell'auspicabile ipotesi che ne generi di ulteriori a beneficio anche dei non presenti all'evento.
E' ricorso spesso un uso improprio dei termini "scienza" e "scientifico" che vengono identificati con il riduzionismo o, peggio ancora, con la "verità". La Scienza è un'attività umana come le altre, un uso delle risorse cognitive dell'uomo avente grande efficacia sull'ambiente e su noi stessi. Ma la Scienza è uno degli approcci alla realtà. Non solo, nel corso dei secoli, nel continuo indagare nella natura, la Scienza stessa ha scoperto i limiti del peregrinare con la "torcia" del riduzionismo per illuminare il mondo e renderlo meno oscuro. Di fronte a problemi di frontiera dello studio della materia, dalle particelle al cosmo, e dell'uomo e delle sue organizzazioni, dal suo corpo all'economia e la politica, il "conetto di luce" che la piccola torcia del riduzionismo proiettava sul mondo, pur essendo stato utile per comprendere alcuni fenomeni, serviva come un fiammifero al buio davanti un dipinto: non riusciremo mai a capire se stiamo davanti alla Gioconda o a una brutta crosta di un truffatore, i capolavori si guardano nel loro insieme da lontano!
Dunque la Scienza, se proprio ne siamo innamorati e vogliamo continuare ad utilizzarla come "occhiali per guardare il mondo", è andata ben oltre queste posizioni "galileiane" e "cartesiane", entrambi scomparsi nella prima metà del '600 ovvero più di 400 anni fa, e lo ha fatto per motivi "scientifici" ovvero per andare avanti nella comprensione del mondo, per far "luce" su parti che altrimenti continuavano ad essere "Dark". Ha scoperto allora che, giusto per citare qualche "pilastro":
- non esiste un osservatore che guarda un mondo immutabile, ma lui stesso ne fa parte,
- che "misura" o "classificazione" ha senso per oggetti semplici, per altri queste attività "modificano" o addirittura "creano" l'oggetto stesso,
- che l'imprecisione e l'incertezza deve convivere con l'indagine scientifica, anzi che viviamo in un mondo fatto di poche isole d'ordine e immerso in un mare di complessità non lineare,
- che la relazione stretta nel tempo e nello spazio della causa-effetto è tipico dei sistemi semplici, altrove accade quasi di tutto
- che l'indagine sul mondo ha bisogno di più approcci, determinati dagli scopi che ci si prefigge, e non uno solo (bando dunque al totalitarismo ideologico del riduzionismo, inutile e dannoso, ma non bando al riduzionismo tout-court che serve ancora in alcuni ambiti)
- che qualsiasi attività umana che abbia ambizioni di cimentarsi nello spiegare il mondo, dalla matematica alla letteratura, dalla biologia all'arte in generale, è "aperta" ovvero sempre suscettibile di apporti nuovi, intuitivi e originali, seppur legati con una certa coerenza al passato, e mai "chiusi" in schemi logici ripetitivi ed assiomatici (grande contributo del 1931 del matematico e filosofo Kurt Godel)
e che tutte queste intuizioni, metafore, strumenti stanno convergendo in un unica disciplina che sta prendendo forma e, come tutti i fenomeni in questo stadio, non ha ancora un nome accettato da tutti (Teoria della Complessità, Sistemica, Sistemica Quantistica, ecc.)
Vogliamo dunque partire da ciò che c'è per iniziare a costruire un sistema di luci che illumini per intero il palcoscenico del mondo, di cui siamo anche attori, al fine di mostrarcene tutta la bellezza limitando l'uso della "Spotlight" laddove serve a fare "ombra"?
E, ancor di più, vogliamo avere il coraggio, l'umiltà e fare la fatica di togliere questi occhiali "riduzionisti", senza buttarli via, per cercarne altri che pur ci sono e che ci diano quella profondità dello sguardo di cui abbiamo bisogno?
E, ancor di più, vogliamo avere il coraggio, l'umiltà e fare la fatica di togliere questi occhiali "riduzionisti", senza buttarli via, per cercarne altri che pur ci sono e che ci diano quella profondità dello sguardo di cui abbiamo bisogno?
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