...non dai benefici economici.
Qualche settimana fa si è chiuso il programma americano delle navette spaziali. L'ultimo shuttle, Atlantis, ha fatto rientro e va in pensione. E' il termine di un lunghissimo periodo di missioni nello spazio, iniziate negli anni '50 e '60, che ha portato benefici enormi all'umanità in tutti i campi: dalla medicina all'elettronica, dalla biologa alle telecomunicazioni. L'inizio però era caratterizzato dal sogno di conquista, dalla sfida verso l'ignoto. Chi non è proprio giovanissimo come me, ricorderà che all'epoca qualsiasi notiziario TV o radio, così come i primi titoli dei giornali, iniziava sempre con gli ultimi successi delle missioni, così lontani ma così vicini al nostro immaginario. E come dimenticare le emozioni della missione che portò l'uomo sulla luna?
Nessuna previsione di benefici economici motivò le centinaia di milioni di persone in tutto il mondo ad appassionarsi a quella vicenda, a supportarla. I milioni di americani che, con le loro tasse, consentivano di pagare quei costosi programmi spaziali, ne andavano fieri, inconsapevoli delle ricadute che pure ci sono state. Per non parlare dell'impegno costante e quotidiano delle migliaia di tecnici dell'Agenzia spaziale americana, motivati non certo da uno stipendio più o meno elevato che avrebbero potuto percepire anche facendo un altro lavoro, ma da quell'entusiasmo che contagiava l'intero pianeta e li rendeva orgogliosi di essere protagonisti della realizzazione di un sogno dell'umanità intera.
Oggi, a distanza di tanto tempo, ci sarebbero tutte le motivazioni economiche per continuare ma lo spazio non interessa più a nessuno e a Cape Canaveral si accingono a licenziare migliaia di dipendenti.
Dunque oggi, come negli anni 60, per spingere un popolo, grande o piccolo che sia, a realizzare una "impresa", sia essa la conquista della luna o la costruzione di un "nuovo mondo" sulla terra attraverso l'opera di un'azienda, non bastano business plan, conti economici, ROI, ROE o altro. Servono uomini che siano in grado di farci di nuovo sognare, che alimentino la speranza affinchè trionfi sull'esperienza, che accendano la nostalgia per l'ignoto per scoprire un mondo migliore.
E' questa l'unica ricetta per lo "sviluppo" tanto invocato.
Coloro che sapranno farlo all'interno della propria organizzazione, disporranno di una energia interna capace di farla davvero decollare. Gli altri si avvieranno lentamente ad un triste smantellamento come quello di Cape Canaveral.
Quante organizzazioni stanno lavorando su questo semplice, ma chiave, punto? Quante hanno strumenti e capacità per farlo accadere in coerenza con la "visione" aziendale? (E quante aziende hanno una "visione" da realizzare?)
Luciano Martinoli
l.martinoli@cse-crescendo.com
Gli uomini sono guidati dai sogni, molto vero. Ma se la storia dell'umanita' serve a qualche cosa, allora dobbiamo convincerci che chi riesce a realizzarli (parlo di fenomeni di massa, non singoli "eroi")lo fa quando i bisogni primari sono soddisfatti, oppure quando i sogni non sono altro che raggiungere il benessere. Gli USA degli anni 60 che promossero i programmi spaziali erano una economia in pieno boom. I pellegrini del Mayflower, cosi come gli emigranti di tutto il pianeta hanno come sogno il semplice miglioramento delle proprie condizioni di vita.
RispondiEliminaMa delle due, una sola condizione puo essere.
Altrimenti rischiamo di trovarci a seguire leader come Mussolini, che voleva far sognare all'italietta degli anni trenta di avere un impero coloniale...
Sappiamocoem e'finita.
E sappiamo come e' finita la versione dell'Italia che sta bene, con i ristoranti tutti pieni ed i voli, mannaggia, dove non si trova mai posto...