"Non è la mente l'origine dell'uomo, sono le passioni che originano tutto, anche il pensiero. E' il sentimento il seme dell'uomo, sono l'amore, la passione." (M. Tobino)
E' "vero" tutto ciò che ci piace e che decidiamo insieme agli altri che sia vero

giovedì 23 febbraio 2012

Lavoro: una nuova prospettiva possibile.

A cosa servono i lavoratori nell'azienda del III millennio?
di
Francesco Zanotti

In realtà la soluzione al problema del lavoro è banale … 
Proviamo a chiederci quale è il ruolo dei lavoratori in una impresa. Beh la risposta sembra semplice: lavorare, produrre.
Bene se questa è la risposta, allora il problema non è risolubile: se la nostra economia non cambia radicalmente, per il prossimo futuro ulteriori garanzie (ma anche quelle attuali) non sono sostenibili e i posti di lavoro non aumenteranno. Più sinteticamente: se il lavoratore deve solo lavorare quando non c’è lavoro non ha ruolo.
Per fortuna il ruolo del lavoratore non può più essere solo quello di produrre.

Deve anche essere (e non per gentile concessione o per conquista dopo una lotta) quello di progettare sia l’organizzazione che la strategia.
Discorso imbarazzante e spiazzante, ma inevitabile. Il lettore mi lasci spiegare. 
Da cosa è fatta una organizzazione? Da una parte formale e da una parte informale. I risultati (la qualità, la produttività, la sicurezza) dipendono dalla sinergia tra parte formale (i processi, le procedure) e la parte informale.
Ora da cosa è costituita la parte informale? Sintetizzando all’estremo: dai modi di pensare (dagli schemi mentali) e dai valori e dalle emozioni delle persone, dal loro sistema relazionale e dai valori condivisi dei lavoratori.
Ora questa organizzazione informale non può essere progettata dal management, non può che essere costruita liberamente (anche se accade inconsciamente)  dalle persone. Che tipo di efficacia intrinseca e di coerenza può avere con l’organizzazione formale? Mediamente bassissima. Facciamo un esempio: se le relazioni tra due persone sono di conflitto, il loro lavorare insieme ne viene danneggiato e riverbera disfunzioni in tutto il resto del sistema produttivo. Sono possibili mille altri esempi: se le persone hanno sistemi cognitivi diversi, se hanno valori diversi etc. fanno una gran fatica a collaborare e comunicare. Tutti gli strumenti e le metodologie partecipative oggi per la maggiore (lean production etc.) non intaccano in nessun modo queste aree di grande inefficienze ed inefficacia.
L’unico modo è quello organizzare un processo di consapevolizzazione e di auto miglioramento dell’organizzazione informale (costruire modi di pensare comuni, valori comuni, relazioni ed emozioni positive).
Ecco il ruolo progettuale, a livello organizzativo, delle persone.
Poi: ogni impresa deve riprogettare il suo sistema d’offerta, non solo la sua organizzazione. Chi meglio di chi lavora per l’impresa può cogliere il tumultuoso cambiamento della società, rivelarlo all’impresa, aiutare la stessa impresa a immaginarlo e, poi, comunicare un nuovo sistema d’offerta e il suo significato sociale?
Solo le persone che lavorano nell’impresa.
Ed ecco il ruolo progettuale delle persone a livello strategico.
Scoperto il ruolo non solo esecutivo, ma anche progettuale, sia a livello organizzativo che a livello strategico, delle persone, il rapporto di lavoro cambia radicalmente.
Non penso certo a riproporre i miti della cogestione. Non si può cogestire: quando è necessario realizzare un piano occorre chi dirige e chi esegue.
Ma credo che se le persone devono progettare il futuro occorre costruire un rapporto di lavoro che tenga conto di questa realtà.
Alcuni elementi di novità: prima di enunciare l’esigenza di buttare fuori le persone, le imprese si renderebbero conto che il buttar fuori persone significa limitare la capacità di progettare il futuro dell’impresa stessa. Il salario non potrebbe essere più salario, ma dovrebbe tenere conto del contributo imprenditoriale. La formazione dovrebbe aiutare le persone a mettere in atto le loro potenzialità progettuali. Il sindacato e le associazioni imprenditoriali dovrebbero immaginare insieme un nuovo significato del fare impresa che dovrebbe essere fondato su di una alleanza progettuale tra imprenditore in senso stretto e le persone che lavorano con lui che condividono la responsabilità di progettare il futuro dell’impresa. E molto altro …

2 commenti:

  1. Dalla teoria alla pratica.
    Un testo da valutare con attenzione dai vari HR managers.

    Flexi time, un sogno nel cassetto - Opinioni
    www.viasarfatti25.unibocconi.itU
    no studio dell'Osservatorio sul diversity management della SDA Bocconi rileva un forte gap sull'implementazione della flessibilità grave in azienda
    Leonardo

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  2. Grazie Leonardo, è un utile spunto di riflessione.
    Il punto però è sempre quello: cosa è l'organizzazione (o meglio: come vogliamo "vederla") e quale è il ruolo delle persone all'interno di essa (strumenti di produzione o anche altro?).
    Purtroppo senza un ripensamento profondo che le classi dirigenti hanno del loro ruolo, ogni "innovazione" verrà sempre percepita come "accessorio" ad un modo ormai superato di concepire l'organizzazione aziendale. Con difficoltà di applicazione, ulteriori perdita di fiducia delle persone nei loro capi (perchè scoprono la retorica manipolatoria di certe concessioni) e un ulteriore colpevole ritardo generalizzato dei progetti di sviluppo profondo.

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