di
Francesco Zanotti
Oggi sul Sole Frabrizio Galimberti
presenta la teoria del “nudge”. Si tratta di una teoria del cambiamento. Invece
di imporre grandi progetti di cambiamento, usare piccoli cambiamenti strutturali
per indurre cambiamenti comportamentali.
Non si tratta certo di una teoria
complessiva o definitiva del cambiamento, ma è un passo nella direzione di
riconoscere un ineliminabile protagonismo delle persone che non si può
arginare, ma si può portare a sintesi. In questo blog abbiamo parlato più volte
di sostituire il governo direttivo con pratiche di governo dei processi
emergenti.
Perché ho parlato di questa
teoria?
Perché voglio proporre una
riflessione generale. Questo è un esempio di come una, anche iniziale, teoria
sociologica faccia cambiare prospettive e offra strumenti per attivare nuove
pratiche direzionali di cui abbiamo estremamente bisogno.
Accanto a questa sono
infinite le conoscenze che potrebbero essere usate per riuscire a governare in
modi più efficaci ed efficienti le organizzazioni.
Al loro uso, purtroppo, si
oppongono i miti (collegati) dell’intuito, dell’esperienze e del talento.
A me non serve la conoscenza
che riguarda quello che governo: io ci arrivo intuitivamente.
Io ho così tanta esperienza che supera ogni conoscenza.
Io ho un talento innato così rilevante che la
conoscenza non mi serve.
Purtroppo sono davvero solo
miti. Il coltivarli non è un buon servizio allo sviluppo delle nostre
organizzazioni. Speriamo (e lavoreremo per questo) che si riesca a rompere il
muro di gomma eretto con questi miti.
Per chi volesse approfondire la teoria del "Nudge" consiglio il bel libro di Matteo Motterlini "La psicoeconomia di Charlie Brown. Strategie per una società più felice”.
RispondiEliminaNessuno vorrebbe essere stressato, inefficiente e con i conti in rosso, ma spesso lo siamo, come individui e come Paese. Lo dimostrano la recente crisi e la persistente difficoltà dei governi a farci “fare la cosa giusta”: inquinare meno, pagare le tasse, andare alle urne, bere con moderazione... Perché siamo così difficili da governare? Perché si parte dal presupposto che siamo esseri economicamente razionali. Peccato non sia così, come rivelano numerosi esperimenti sul campo e le immagini del cervello in azione. In realtà siamo insicuri come Charlie Brown, egocentrici come Lucy, pigri come Snoopy.
Stefano