"Non è la mente l'origine dell'uomo, sono le passioni che originano tutto, anche il pensiero. E' il sentimento il seme dell'uomo, sono l'amore, la passione." (M. Tobino)
E' "vero" tutto ciò che ci piace e che decidiamo insieme agli altri che sia vero

domenica 22 febbraio 2015

La teoria del nudge e i miti manageriali

di
Francesco Zanotti


Oggi sul Sole Frabrizio Galimberti presenta la teoria del “nudge”. Si tratta di una teoria del cambiamento. Invece di imporre grandi progetti di cambiamento, usare piccoli cambiamenti strutturali per indurre cambiamenti comportamentali.
Non si tratta certo di una teoria complessiva o definitiva del cambiamento, ma è un passo nella direzione di riconoscere un ineliminabile protagonismo delle persone che non si può arginare, ma si può portare a sintesi. In questo blog abbiamo parlato più volte di sostituire il governo direttivo con pratiche di governo dei processi emergenti.
Perché ho parlato di questa teoria?
Perché voglio proporre una riflessione generale. Questo è un esempio di come una, anche iniziale, teoria sociologica faccia cambiare prospettive e offra strumenti per attivare nuove pratiche direzionali di cui abbiamo estremamente bisogno.
Accanto a questa sono infinite le conoscenze che potrebbero essere usate per riuscire a governare in modi più efficaci ed efficienti le organizzazioni.
Al loro uso, purtroppo, si oppongono i miti (collegati) dell’intuito, dell’esperienze e del talento.
A me non serve la conoscenza che riguarda quello che governo: io ci arrivo intuitivamente.
Io ho così tanta esperienza che supera ogni conoscenza.
Io ho un talento innato così rilevante che la conoscenza non mi serve.
Purtroppo sono davvero solo miti. Il coltivarli non è un buon servizio allo sviluppo delle nostre organizzazioni. Speriamo (e lavoreremo per questo) che si riesca a rompere il muro di gomma eretto con questi miti.


1 commento:

  1. Per chi volesse approfondire la teoria del "Nudge" consiglio il bel libro di Matteo Motterlini "La psicoeconomia di Charlie Brown. Strategie per una società più felice”.
    Nessuno vorrebbe essere stressato, inefficiente e con i conti in rosso, ma spesso lo siamo, come individui e come Paese. Lo dimostrano la recente crisi e la persistente difficoltà dei governi a farci “fare la cosa giusta”: inquinare meno, pagare le tasse, andare alle urne, bere con moderazione... Perché siamo così difficili da governare? Perché si parte dal presupposto che siamo esseri economicamente razionali. Peccato non sia così, come rivelano numerosi esperimenti sul campo e le immagini del cervello in azione. In realtà siamo insicuri come Charlie Brown, egocentrici come Lucy, pigri come Snoopy.
    Stefano

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