di
Francesco Zanotti
Io non sono contrario alle
metodologie formative attive.
Forse potrei dire che sono
troppe e in competizione. E non ci sono criteri per scegliere tra l’una e l’altra.
Meglio ci sono criteri “soggettivi”: la vicinanza di metodi o contenuti alla
sensibilità del Committente, l’amicizia, la moda del momento. A proposito di
moda del momento, quale grande impresa non fa oggi almeno un corso sulla “intelligenza
emotiva” o suoi neuroni a specchio?
Ma non voglio contestare il
fatto che le metodologie attive siano ottime.
Sostengo però che tanto
più sono ottime, tanto più devono essere usate dei Capi. E non da formatori. Né
interni né tanti meno, esterni.
Le ragioni sono molto semplici.
Le metodologie formative attive creano un ambiente antropologico nel quale emergono
competenze, (anche “intense”), si formano reti relazionali, si costruiscono
linguaggi, emergono ruoli. Ora quando le persone “escono” dal corso di
formazione cosa accade? Cosa si portano a casa i Partecipanti? Cioè: cosa si
portano nell’ambiente antropologico nel quale svolgono la loro attività? Quasi nulla.
Forse addirittura negatività. Infatti, l’ambiente antropologico formativo si
distrugge. Le competenze, le reti relazionali, i linguaggi e i ruoli
scompaiono. I Partecipanti si portano dietro il ricordo di come “funzionavano
bene” tutte questa “cose” e di come lo facevano stare bene. E si attende di
poter rivivere tutto questo nel ambiente di lavoro. Ma non è possibile perché l’ambiente
di lavoro è un ambiente antropologico completamente differente.
Allora si buttano a mare i
metodi attivi? No, si deve fare in modo che vengano usati nello stesso ambiente
antropologico nel quale si svolge l’esperienza di lavoro. Questo significa che
solo il Capo può fare il formatore.
Perché questo accada i
formatori la devono piantare di vendere giornate di formazione. Devono vendere
solo metodi ed assistere al loro utilizzo.
Parliamo tanto di
innovazione, ma il business model dei formatori non cambia: si vendono sempre
giornate.
Cerco di venderti la cosa
più strana per differenziarmi dagli altri. Ma alla fine è sempre giornate di
aula che voglio venderti. Cari manager, vi sembra esagerato il mio giudizio? Allora
fate una prova. Prendete il formatore più innovativo e proponetegli: guarda ti dò
da fare cento giornate in un anno, ma non “insegnare” quello che vuoi tu, ma
quello che ti dico io… E verificate che risposte vi daranno. Dovrebbero essere
un secco: “no”! Ecco ... forse.
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