di
Francesco Zanotti
Questo post vuole
avviare un processo di costruzione sociale di un’etica della conoscenza a
servizio di consulenti di direzione e manager. Io credo che la costruzione di
un’etica della conoscenza possa avvenire, soprattutto in Italia, Paese esperto
di Rinascimenti (di metodologia e pratica di Rinascimenti) e da sempre terra di
mezzo tra civiltà. Il dotare la consulenza italiana di un’etica della
conoscenza le darebbe un “vantaggio competitivo” a livello internazionale.
Questo post intende
offrirsi come assolutamente iniziale e provvisorio appunto per cominciare a
costruire un’etica della conoscenza.
Esiste uno stato
dell’arte della conoscenza strategico-organizzativa e della conoscenza umana
(scienze naturali ed umane) che dovrebbe costituire il background comune di
tutti coloro che si propongono come consulenti di direzione.
Ogni proposta culturale
o di servizio al management che opera all'interno delle imprese dovrebbe fare
riferimento allo stato dell’arte, a livello internazionale, della conoscenza
strategico-organizzativa. Potrebbe anche riferirsi ad una singola scuola di
pensiero (credo che sia rischioso riferirsi ad un solo Autore), ma dovrebbe
specificare perché trascura o contesta le altre. Ovviamente potrebbe anche
proporre una nuova scuola di pensiero, ma non senza indicarne gli elementi di
novità rispetto allo stato dell’arte della conoscenza. Noi ci stiamo impegnando
a costruire una sintesi della cultura strategico-organizzativa a livello
internazionale che possa fungere da riferimento sia per consulenti che per
manager. Per i consulenti come base per andare avanti a costruire ulteriore
conoscenza. Per i manager come griglia di valutazione delle proposte che
ricevono.
Ogni proposta (culturale
o di servizio) dovrebbe fare riferimento alla visione del mondo che la ispira.
Una possibile macro-griglia di riferimento potrebbe essere la seguente: si usa
una visione del mondo classica (il mondo esiste fuori di noi e indipendente da
noi), post-moderna (ogni nostra costruzione mentale è interpretazione
contestuale) o quantistica (noi siamo costruttori di mondi che scegliamo tra
gli infiniti mondi possibili).
L’esperienza è un
capolavoro personale, l’opera d’arte della vita di ogni uomo, ma non dovrebbe
essere considerata una base sufficiente per una proposta di servizio.
I “mestieri” di
manager e consulente sono radicalmente diversi. E difficilmente
intercambiabili.
Il consulente fornisce
risorse cognitive e metodologiche (fornisce conoscenza), il manager usa questa
conoscenza per ottenere risultati. Meglio: per ottenerli insieme alla sua organizzazione
con la quale condivide la conoscenza di riferimento (che ha scelto e che
continua a rinnovare grazie al lavoro di ricerca dei consulenti) perché i
risultati di un gruppo sociale (come una organizzazione) non sono mai ottenuti
da un singolo individuo.
La ricerca continua è
un dovere professionale di ogni consulente che dovrebbe almeno una volta l’anno
produrre un rapporto che descriva il suo contributo specifico allo sviluppo
della conoscenza strategico-organizzativa. Questo rapporto dovrebbe essere il
metro di giudizio che su di lui si fa il mercato.
Rileggendo questi
primi appunti non può non saltare all'occhio che si tratta di principi che sono
già riconosciuti in ogni professione… Un fisico, un ingegnere, uno
psicoanalista (così per scegliere tre professioni non certamente omogenee)
condividono la convinzione che esista una conoscenza sociale di riferimento che
debba costituire il background della professione e tutto il resto …
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