di
Francesco Zanotti
I discorsi sul Change Management … fanno star bene a poco prezzo. Si fa in fretta a sentirsi esperti. I temi di cui si tratta scaldano il cuore: se il mondo (le organizzazioni) non funzionano è “nobile” cercare di cambiarlo. Soprattutto se si individuano i cattivi (coloro che resistono al cambiamento) che fanno sentire così buoni.
Ma, purtroppo,
il paradigma del Change Management è insensato.
La prima
ragione è che per realizzare un cambiamento occorre prima definire il cambiamento
stesso. Se non si specifica cosa cambiare, come si fa a farlo?
Ma i
progetti di cambiamento riescono a indicare solo alcuni “pezzi” di cambiamento,
non i cambiamenti in tutte le dimensioni organizzative. Soprattutto non si riescono
a indicare i cambiamenti nei comportamenti, cioè negli agenti che generano i
risultati. Se si riesce a descrivere solo un pezzo di cambiamento … non si
governa il cambiamento. Si cambiano alcune cose e si lascia che il sia il “destino”
a cambiare le altre. Comprese, come ho detto, le più importanti: i comportamenti.
Supponiamo
ora (per assurdo) che sia possibile descrivere esattamente il cambiamento da realizzare
perché si è analizzata fino in fondo l’organizzazione (altra cosa impossibile a
farsi), si è individuato cosa cambiare e come farlo. Ma l’analizzare e il
progettare richiedono tempo. E, mentre si analizza e si progetta, l’organizzazione
evolve velocemente, cioè diventa diversa da quella per la quale si è progettato
il cambiamento. Come metterci tre anni a costruire su misura un vestitino per
un bambino di un anno. Si sono prese le misure quando aveva un anno, ma si
cerca di fargli indossare quel vestito quando ne ha quattro …
Ci sarebbero
molte osservazioni da fare, ma mi fermo. Mi piacerebbe molto se un esperto di
Change Management cercasse di dimostrami che ho torto …
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