di
Francesco Zanotti
Uno
poi può fare come gli pare … ma il gestire un problema costruisce solo
soluzioni fittizie che funzionano solo in quella organizzazione virtuale che
nasce, appunto, per gestire il problema.
Si
prende ad esempio una persona che ha un problema, che genera problemi, quindi
che genera una urgenza: quella di risolverlo.
Che
si fa per risolverlo? Si estrae la persona dalla sua organizzazione (quella reale),
la si inserisce nella organizzazione virtuale, che ha come obiettivo la soluzione
del problema, e si incomincia il lavoro (ad esempio un colloquio di riflessione,
comunicazione, convincimento con il responsabile HR), per risolverlo, in questa
organizzazione informale. E, in quella organizzazione, spesso, alla fine lo si
risolve.
Ma
quella soluzione è valida solo nella organizzazione (purtroppo virtuale) che si
è creata per affrontarlo.
Nella
organizzazione reale si crea un perturbazione. Infatti quando la persona torna
alla sua organizzazione reale non può che provare delusione perché la soluzione
che è stata costruita non viene riconosciuta dalla organizzazione reale che “reagisce”
in modi imprevedibili. E certamente non positivi perché reagisce alla delusione
di una persona che pensava di aver risolto il problema e ... invece, no!
Allora
il risultato è che la risoluzione di un problema ne genera un altro sempre più
grosso.
Poi
uno può davvero fare come crede. Ma io una riflessione sulla sindrome delle
urgenze la farei. Ed esplorerei l’ipotesi che le urgenze sono create e
sviluppate dalla voglia di risolverle.
In effetti, capita anche questo!
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