di
Francesco Zanotti
Il management, soprattutto le idee e le pratiche di gestione delle risorse umane e del cambiamento, vivono in una campana di vetro cognitiva. Più specificatamente, si sono sviluppate senza alcun contatto con i risultati conseguiti dalle scienze naturali ed umane dalla seconda metà del secolo scorso ad oggi.
Il risultato è che molte di queste idee e pratiche sono, in modo evidente, scientificamente
sbagliate. Mi si lasci dire “anti-scientifiche”.
Solo per fare qualche esempio.
Un esempio generale: le “pratiche” che si fondano sulla pretesa di una
analisi “oggettiva” (se l’analisi non è oggettiva non è una analisi) dell’uomo o della organizzazione (dalla
selezione, all’analisi dei valori, del clima o delle competenze) sono
scientificamente insensate.
Un esempio più specifico: gli interventi sulla sicurezza sul posto di
lavoro utilizzano il famoso approccio BBS che è anch’esso scientificamente
insensato.
Non sorprende, quindi, che queste pratiche non funzionino. Anzi, che
generino leggende metropolitane come l’affermazione “le resistenze al cambiamento
sono naturali”. Esse invece sono generate proprio da idee e pratiche di
cambiamento che è facile dimostrare essere davvero anti-scientifiche.
Il fatto che le pratiche in uso non funzionino non favorisce lo sviluppo
delle persone e i risultati delle imprese.
E neppure favorisce l’affermarsi del ruolo di coloro che di persone e di
organizzazione si occupano.
Una proposta di verifica: perché
non valutare quali tra le idee e le pratiche di gestione delle risorse umane e
della organizzazione che si stanno usando presso la sua impresa, sono
antiscientifiche?
Mi rendo conto che questa proposta può sembrare provocatoria, che la prima tentazione di ogni HR manager (o consulente) potrebbe essere quella di non “rischiare”: perché dovrei rivelare che è antiscientifico qualcosa di
quello che sto facendo?
Beh, la risposta è semplice e forte.
Innanzitutto, si possono individuare le strade per aumentare velocemente,
continuamente e significativamente le prestazioni di persone e di
organizzazioni proprio usando le conoscenze scientifiche più avanzate.
Poi, il raggiungere questi obiettivi riqualificherebbe il ruolo di chi si
occupa di persone ed organizzazione.
Da ultimo, non si tratta di rischiare, ma soltanto di anticipare i tempi.
Prima o poi, questo confronto con la scienza sarà inevitabile.
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