"Non è la mente l'origine dell'uomo, sono le passioni che originano tutto, anche il pensiero. E' il sentimento il seme dell'uomo, sono l'amore, la passione." (M. Tobino)
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mercoledì 8 giugno 2016

Il caso Starace

di
Francesco Zanotti

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L’Amministratore Delegato dell’ENEL Francesco Starace ha tenuto alla Luiss nel mese di aprile una lezione sulla gestione d’impresa. In quella lezione ha espresso la sua filosofia di gestione del cambiamento in un modo che credo si possa definire “ingenuo”.
Sostanzialmente ha dichiarato che la sua metodologia di gestione del cambiamento è mettere paura a quelli che si oppongono attraverso un manipolo di fedelissimi.
Per un po’ nessuno ha detto nulla, ma poi, improvvisamente si è scatenato un putiferio che è arrivato anche nelle aule parlamentari.
Il confuso e ideologico dibattito si è polarizzato sue due posizioni estreme. Starace ha ragione perché solo così si possono trattare i lavativi, sottintendendo che in ENEL sono molti. Starace ha torto, anzi è fascista.
Ovviamente non propendo né per l’una tesi né per l’altra posizione. Spero solo che questa vicenda possa avviare un dibattito scientificamente serio sul problema della gestione del cambiamento. Per “dibattito scientificamente serio” intendo un dibattito in cui non ci si rifiuta di prendere in considerazione le conoscenze scientifiche esistenti.
La mia tesi è la seguente. Il concetto di cambiamento ha senso solo per i sistemi meccanici, non per i sistemi umani: persone ed organizzazioni. E la ragione è che i sistemi meccanici possono essere descritti esaustivamente e, quindi, si può descrivere anche come cambiarli. Ci si può dare obiettivi di cambiamento. Per i sistemi umani, ad oggi non ne conosciamo modalità di descrizione esaustiva. Non sapendo descriverli, non possiamo neanche descrivere come cambiarli. Non ci possiamo dare obiettivi di cambiamento che non siano solo proiezioni del proprio io su uomini ed organizzazioni.
Se non ci si possono dare obiettivi di cambiamento è inutile parlare di metodologie di cambiamento, dittatoriali o partecipative che siano.
Che fare?
Innanzitutto riflettiamo sul fatto che i sistemi umani evolvono. Per tutto quello che abbiamo scoperto sulla teoria dell’evoluzione è possibile descrivere un cammino di evoluzione solo ex-post. Cioè quando è possibile descrivere solo quanto è accaduto, ma non si può predecidere questo cammino di evoluzione. Questo conferma che una gestione direttiva non ha senso. Ma suggerisce anche un’altra via da percorrere: occorre stimolare processi di evoluzione in ogni angolo dell’organizzazione. Consci che non se ne può prevedere il risultato, ma si può fare in modo che ne esca una sintesi. 
Detto semplicemente: non riesco a guidare l’organizzazione in una direzione precisa. Riesco, però a fare in modo che le mille istanze evolutive non siano cacofoniche, ma generino una nuova sinfonia.

Spero davvero che il caso Starace sia l’occasione per attivare un dibattito scientificamente fondato sull’illusione del cambiamento.

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