di
Francesco Zanotti
Oggi sta diventano
parossistico il tentativo di “spezzettare” l’impresa e l’uomo in tanti pezzi
indipendenti tra di loro. L’impresa la si spezzetta ancora in funzioni: la
gestione delle risorse umane è considerata una funzione. E le sue diverse
specializzazioni diventano sub funzioni. Per quanto riguarda l’uomo, le diverse
competenze e pur anco valori ed emozioni sono considerate monadi: indipendenti
le une dalle altre. Così si formano specialisti sempre più specializzati che
finiscono per sapere quasi tutto di quasi nulla. Gli specialisti della
comunicazione, della negoziazione, della leadership, pur anco delle emozioni.
E’ vero che questa corsa
allo specialismo si scatena sempre di più anche nella scienze più scienze: le
scienze dure come la matematica e la fisica. Aree di conoscenza nelle quali lo
specialismo è sembrato fino a poco tempo fa insuperabile. Oggi, però, si cerca
un ritorno all’unità con uno sforzo di sintesi. Per il lettore curioso, ad
esempio, nella matematica vi sono sforzi di interconnessione tra discorsi specialistici
come il programma di Langlands.
Nel management, invece, il
superamento di uno specialismo che sta diventando ridicolo lo si risolve senza
nessuna fatica di approfondimento e di sintesi, ma con l’uso dell’aggettivo “strategico”.
Si pensa che questo aggettivo sia uguale, ma molto più importante di “molto
importate”. E lo si appioppa anche agli strumenti più elementari della gestione
d’impresa come qualche piccolo software. Si tratta di una modalità sbagliata e
pelosa perché aggiunge solo retorica a quanto si vuole vendere, senza in alcuno
modo aumentarne il valore. Vogliamo arrivare ad etichettare come “strategica”
anche la carta igienica?
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