"Non è la mente l'origine dell'uomo, sono le passioni che originano tutto, anche il pensiero. E' il sentimento il seme dell'uomo, sono l'amore, la passione." (M. Tobino)
E' "vero" tutto ciò che ci piace e che decidiamo insieme agli altri che sia vero

mercoledì 18 luglio 2012

L'ovvio: la ricerca, i commenti e la mancanza delle cose serie

"...sembra che le scienze del comportamento (ma anche quelle economiche e sociali N.d.r.) continuino in larga misura a considerare l'individuo come una monade e a basarsi sul metodo venerando di isolare le variabili."
da "Pragmatica della Comunicazione Umana"


Così scrivevano Watzlawick, Beavin e Jackson nel 1967 e da allora, come accade quasi quotidianamente, si persevera nell'errore.
L'ultima evidenza viene dall'articolo del Corsera del 17 Luglio che commenta una ricerca di due professori australiani sulla soddisfazione e il beneficio che darebbe alle persone una promozione sul lavoro.
Una ulteriore dimostrazione della inutilità di un approccio figlio di una cultura vecchia, ancora buona per costruire auto, ponti ed orologi, ma inutile e dannosa per capire e governare persone e sistemi umani.
Ma partiamo dalla ricerca.


La prima obiezione da fare (tranquilli, ne farò poche!)  riguarda la definizione dell'oggetto della ricerca: cosa è la promozione? Gli autori la definiscono un miglioramento dello status del lavoratore relativo al lavoro (a worker’s job-related ‘status’). Potrebbe anche andar bene, ma perchè questo miglioramento dovrebbe influenzare in senso ugualmente positivo altri aspetti della vita della persona? Un aumento di stipendio, maggiori responsabilità, maggior autonomia sono "oggettivamente" e "sempre" un miglioramento per l'individuo?
Da questa affermazione data per scontata si intravede un presupposto oggettivista e lineare delle aspirazioni dell'individuo. Un dipendente che diventa manager e che, pur guadagnando di più, è costretto ad accettare una sede di lavoro lontana da casa ha migliorato il suo benessere personale? E chi ha sacrificato il tempo libero che dedicava all'assistenza di una persona cara anziana o malata?
La fonte dei dati sulla quale è basata la ricerca riporta anche queste informazioni (chi volesse vedere il rapporto HILDA delle prime sei "tornate" sullo stato di salute, lavoro e reddito delle famiglie australiane lo trova qui ) ma non sono riportati i collegamenti tra le condizioni su esposte e i rilevamenti effettuati.
Questi tra l'altro si basano su dieci domande relative esclusivamente al contesto desiderato (pag.6 della ricerca  ) dunque alla domanda, per esempio, "ho paura che la quantità di stress nel mio lavoro mi farà ammalare" quanto può dipendere dal contesto di lavoro e quanto è influenzata da altri fattori che non c'entrano nulla con esso (situazioni familiari, economiche, relazioni con colleghi e capi derivanti da nuovi contesti aziendali, ecc.).

Daltronde che ricerche di questo tipo fossero esercizi inutili e autoriferiti ce lo ricordano ancora gli autori della Pragmatica della Comunicazione Umana

"una volta che ci si sia resi conto che il valore nominale delle dichiarazioni è spesso dubbio- i soggetti possono benissimo dire qualcosa e voler dire qualcosaltro- e che ci sono domande che ricevono risposte del tutto prive di consapevolezza, allora è chiaro che occorrono altri metodi di indagine."

Allora, che fondamento può avere una risposta puntuale, acontestuale, slegata da altre considerazioni, ad una domanda del tipo sono pagato correttamente per il lavoro che faccio? 
Se fatta allo stesso soggetto in un momento diverso, ad esempio dopo un duro diverbio con il capo, non potrebbe avere una risposta diversa?

Ma che dire anche dei commenti della stampa, che, come per i ricercatori, all'oscuro delle conoscenze su citate, prende per buona e "reale" la ricerca e si lancia in commenti sui risultati. Le considerazioni che ha fatto il sottoscritto, a partire dai documenti originali disponibili e accesibilissimi in rete, non poteva farli l'autore dell'articolo?
Oggi ci troviamo di fronte ad una necessità di rifondare il nostro approccio a mondo, economia, società, cultura, e altro. Perchè allora non sviluppare uno spirito critico anche nei confronti dell'accademia, sopratutto quella d'oltralpe, rispetto alla quale abbiamo sempre un atteggiamento di ingiustificata sudditanza psicologica?
Il rapporto di ricerca si chiude con queste parole (mi scuso per aver riportato il testo originale, ma desidero trasporre il senso pieno di ciò che viene detto):

"...In conclusion, we find that promotions do not greatly influence workers’ wellbeing one
way or the other, and if anything, there appears to be negative mental health effects for certain
groups of workers. Given this result, it is interesting that workers throughout the world, in all
types of industries and occupations, strive to be promoted.


Dunque l'ipotesi iniziale, e di fondo: promozione sul lavoro = benessere, non è confermata (ma perchè avrebbe dovuto mai esserlo?).
E c'era bisogno di fare una ricerca, e commentarla sul principale quotidiano italiano, per dire tutto questo (con fragorosa assenza, sullo stesso giornale, di pagine su un progetto di sviluppo della società, delle aziende, delle loro organizzazioni, della cultura per costruire questo sviluppo)?

Luciano Martinoli
l.martinoli@cse-crescendo.com

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