di
Francesco Zanotti
Quando si parla di cambiamento la cosa viene buttata sul “pesante”: occorre cambiare i valori. Che è, poi, una sottocategoria di quell'altra affermazione, ancora più “pesante”: occorre cambiare la cultura.
Ora il problema
è che tutte le scienze naturali ed umane sono concordi nell'affermare che i valori
(lascio stare la cultura, ma per essa vale un ragionamento analogo) non sono
oggetti che possono essere installati in una persona, che possono essere “rettificati”
come accade per un cilindro grippato.
In questo senso
i valori non esistono come oggetti disincarnati … “oggettivi”. Se non ci sono i
valori-oggetto, allora non ha nessun senso cercare di misurarli, di
comunicarli, di immaginare che installando certi valori si attivino
predefinibili comportamenti.
I valori
emergono insieme ai comportamenti all'interno di una Comunità. In genere non vengono
“verbalizzati” e, quando lo sono, usano un linguaggio che ha senso all'interno della
Comunità che li ha visti emergere.
Allora ha senso
attivare processi di emergenza e racconto dei valori all'interno di una
Comunità. Questo processo non ha nulla a che vedere con il cambiamento dei
valori.
Troppo astratto?
Allora prendiamo due amici. Cioè immaginiamo quella situazione di empatia
profonda tra persone (di condivisione di una cultura) che sarebbe l’ideale di
molte imprese. Come è stata generata? Scrivendo ognuno la propria lista di
valori, scambiandosela e negoziando una lista comune? Oppure è arrivato il Parroco che ha dato a
tutti e due una lista di valori dicendo di metterla in pratica e i due sono
diventati amici?
Ovviamente no …
ma perché lo stesso “ovviamente no” non viene pronunciato quando il vertice di
una impresa vuole fare come il Parroco?
Nessun commento:
Posta un commento