"Non è la mente l'origine dell'uomo, sono le passioni che originano tutto, anche il pensiero. E' il sentimento il seme dell'uomo, sono l'amore, la passione." (M. Tobino)
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mercoledì 14 ottobre 2015

Sindacati contro Confindustria?

di
Francesco Zanotti

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Quando c'è uno scontro è difficile che la ragione stia tutta da una parte. E’ più probabile che tutt’e due le parti in conflitto debbano cambiare punto di vista.
Ecco, proviamo a proporre un nuovo punto di vista. Scopriremo che tutt’e due le parti devono fare cose nuove. Per poter guadagnare tutt’e tre (anche lo Stato) molto di più.

Qual è il ruolo dell’impresa? La risposta è semplice: produrre beni e servizi che siano capaci di aumentare la qualità della vita delle persone. Tanto più i beni (lasciamo stare, per brevità, il discorso sui servizi. Dico solo che per i servizi i ragionamenti che darò sono ancora più significativi) riescono ad aumentare la qualità della vita delle persone, tanto più l’impresa genera cassa che, poi, potrà venire distribuita ai Soci, ai Dipendenti, allo Stato, alle Comunità locali.
Qual è la situazione attuale? Che le imprese producono beni che interessano sempre meno. E a causa di questo non riescono più a produrre cassa.

Purtroppo tutti stiamo considerando questo trend inevitabile. Senza esplicitarlo, ci stiamo convincendo reciprocamente che dobbiamo dividere (tra le imprese e in ogni singola impresa tra Soci, Dipendenti, Stato e Comunità locali) una torta che sta diventando sempre più piccola. Più concretamente, la quantità di cassa che le imprese producono sarà sempre più piccola.
Quando ci si trova di fronte ad una torta che si restringe sempre di più e si considera che questo restringersi è fatalmente inevitabile, il processo di distribuzione non può che essere conflittuale.

Le strategie per affrontare una simile situazione sono illusorie o conflittuali.
Le illusioni: l’internazionalizzazione significa illudersi di trovare mercati che non sono ancora stufi di quello che produciamo.
La battaglia di tutti contro tutti … La competitività significa illudersi che si possa fare qualcosa che spiazzi i concorrenti e che loro non sanno copiare.
L’aumento di produttività è visto in modo pauperistico: è necessario che i lavoratori facciano più fatica, qualche volta anche guadagnando meno nell’attesa di improbabili future magnifiche sorti e progressive.

Ovvio che se si continua ad adottare un punto di vista fatalista, di impotenza, non ci saranno soluzioni ad un continuo aumento della conflittualità sociale.

Proviamo a cambiare punto di vista.
Innanzitutto ...
Ci poniamo l’obiettivo che le imprese devono riprendere il più velocemente possibile a produrre cassa. Non cerchiamo supporti dallo Stato che ha i guai suoi. In una società capitalista, poi, non è lo Stato che deve mantenere le imprese. Ma sono le imprese che generano risorse per migliorare lo stato e i servizi che eroga.
Come è possibile far sì che le imprese producano più cassa? La risposta sta in una parola: progettualità strategico-organizzativa. Occorre produrre beni radicalmente diversi che i clienti giudicano opere d’arte. Occorre che l’organizzazione sia capace di progettare e costruire questi beni.
Come fare? Come generare una nuova progettualità strategico-organizzativa?
La risposta in sintesi è: mettere tutta l’organizzazione in “stato progettuale”, fornirle le risorse cognitive per riuscire a riprogettare beni e modalità di costruirli e insegnare ai manager a guidare processo di progettualità sociale.
Ne parleremo diffusamente nel prossimo post, ma già da ora diventa chiaro che se il ruolo del lavoratore da esecutivo diventa progettuale, cambia tutto.


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