"Non è la mente l'origine dell'uomo, sono le passioni che originano tutto, anche il pensiero. E' il sentimento il seme dell'uomo, sono l'amore, la passione." (M. Tobino)
E' "vero" tutto ciò che ci piace e che decidiamo insieme agli altri che sia vero

domenica 16 ottobre 2016

Trapianto di testa, AI, i limiti del digitale e l’organizzazione

di
Francesco Zanotti

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Non si discute mai dei limiti del pensiero e della tecnologia digitale e del rischio di non considerarli. Propongo due esempi.

Il primo esempio.
Oggi sulla “Domenica” del Sole 24 ORE vi è un articolo di Gilberto Corbellini e Fiorenzo Conti che parla della necessità di migliorare (eufemismo, perché oggi è quasi un disastro) la qualità della divulgazione scientifica proponendo un esempio di cattiva divulgazione intorno ad un tema drammatico. Gli Autori raccontano il caso di un chirurgo che sostiene di essere pronto al trapianto di teste. E dimostrano come la cosa sia insensata. Ora, la pretesa che sia possibile farlo è proprio frutto della assolutizzazione del pensiero digitale per cui tutto quello che esiste (l’uomo compreso) è solo e soltanto fatto di parti che hanno funzioni specifiche. E’ un assemblaggio di parti che mantengono una loro identità indipendentemente da dove vengono messe.
Se così fosse, sarebbe complicatissimo, ma pensabile il trapianto di teste: basterebbe fare bene i collegamenti neuronali e poi il cervello riprende il controllo del corpo. “Purtroppo” il cervello non è un motore che funziona su qualsiasi macchina. Cervello e corpo costituiscono una complessità non digitalizzabile: non si possono individuare parti con funzioni che non dipendono dalle altre parti. Quindi, se anche qualcuno riuscisse miracolosamente (ma non è possibile) a far vivere un cervello con un altro corpo, non si saprebbe che tipo di individuo ne nascerebbe. Non certo sarebbe l’individuo il cui cervello vive prima in un altro corpo.
Generalizziamo alle organizzazioni: anche l’impiantare un top manager (il cervello) in un'altra organizzazione (il corpo) è difficilissimo e non si sa che risultati può generare.

Il secondo esempio: l’Artificial Intelligence.
Non sto a ri-elencare tutte le ragioni per cui un computer digitale non potrà mai avere le prestazioni di un cervello (impiantato in un corpo), cito solo le limitazione che gli esperti di deep learning dichiarano. Sempre dalla Domenica del Sole 24 ORE di oggi Raia Hadsell, ricercatrice di deep learning, dichiara che oggi siamo in grado (in un certa misura) di insegnare ad un computer solo a fare una operazione complessa alla volta. Ad esempio: o impara a giocare a scacchi o a riconoscere persone.

Mettiamo insieme. Dei processi di apprendimento umano non sappiamo neanche darne una descrizione. Quindi non sappiamo cosa vuol dire insegnare ad un essere umano. Quando parliamo di apprendimento profondo (deep learning) ci riferiamo a processi che sanno dare alcune capacità al computer, ma non hanno nulla a che vedere con le capacità del cervello umano.
E’ probabile che l’apprendimento sia una profonda ristrutturazione del cervello  a seguito di input esterni.
Allora, se un trapianto di teste riuscisse biologicamente si scatenerebbe un processo di ristrutturazione profonda del sistema “vecchio cervello” su di un nuovo corpo che non si saprebbe dove porta
Quando si introduce un top manager in una organizzazione si attiva un processo di ristrutturazione profonda che non si sa dove porta.


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