di
Francesco Zanotti
Oggi sul Corriere Paolo Conti si scaglia contro i tentativi di
addomesticare la RAI, come la politica è usa fare. E dice chiaro e forte che i “dirigenti”
vanno giudicati solo dai risultati. Ecco, ma non si possono valutare i risultati.
D’accordo evitiamo la
subordinazione della RAI alla politica, ma non attraverso la strada dei
risultati. Purtroppo la filosofia dei risultati è impraticabile, ma anche
concettualmente troppo povera. Ecco tre ragioni che certamente non esauriscono
il tema, ma che non mi sembrano banali.
La prima: risultati
certo, ma ... quali? Se prendete tre
persone a caso tra quelle che hanno il diritto di definire i risultati della
RAI (ma chi sono quelli che non hanno diritti sulla RAI, visto che è di
proprietà pubblica?), vedrete che vi faranno tre elenchi diversi di obiettivi e
spesso contraddittori tra di loro. Come scegliere quelli su cui misurare i “dirigenti”
RAI? A proposito perché si usa ancora la parola dirigenti quando stanno nascendo
imprese senza manager?
La seconda: tanto più i
risultati sono importanti tanto meno sono misurabili. Come, ad esempio, i risultati
di tipo “soft” (volete chiamarli “culturali”?).
La terza: il tempo. Ma
risultati in che tempi? Il tempo è fondamentale nell’innovazione profonda. Essa
appare all’inizio come un flop, come i flop veri. Se non si trova il modo di
capire i tempi dell’innovazione profonda ci si costringe alla conservazione e
quindi allo spegnimento.
Se non si usano i
risultati come fare perché la RAI non sia subordinata alla politica? Credo che
i nostri lettori conoscano la riposta: si chiama Sorgente Aperta.
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