di
Francesco
Zanotti
Il management è l’unica
area di conoscenza che sembra non progredire. Mentre ce ne sarebbe un gran bisogno.
La ragione del non
progredire è che si tratta di un’area di conoscenza che se ne sta irragionevolmente
isolata dal resto della conoscenza umana.
Per convincersi dell’isolamento,
basta prendere uno qualunque delle decine di manuali di management, non solo
italiani, e ci si accorge subito che vi sono solo sporadici (e, dopo tutto
sterili) riferimenti a tutto il patrimonio di conoscenze che le scienze umane e
naturali rendono oggi disponibile. Sporadici e sterili come, ad esempio, il folclorico
interesse per i neuroni specchio.
Per convincersi dell’irragionevolezza
dell’isolamento, basta riflettere sul contributo che le altre aree di
conoscenza possono dare.
Le diverse psicologie e
le neuroscienze rivelano la primitività dei concetti di competenze, talenti,
potenziale.
Psicosociologia, sociologia,
linguistica ed antropologia svelano la realtà della organizzazione informale,
la vera origine dei comportamenti e l’artificialità disadorna di formazione e
motivazione.
Le scienze biologiche
ed evolutive svelano che l’organizzazione informale evolve autonomamente. E che
la metafora stessa del cambiamento è troppo primitiva. Dopo tutto,
conservatrice.
Le scienze fondamentali
(la matematica, la fisica, soprattutto) e la filosofia cambiano la prospettiva
con la quale si guarda al rapporto tra l’uomo ed il mondo, tra la persona e
l’organizzazione, tra una impresa e il suo ambiente.
La conoscenza manageriale
non progredisce, ma forse va bene così! Perché abbandonare il tranquillo mondo
che si conosce per uno sconosciuto?
Provo a citare una
ragione: perché ha stufato. Ragionevolmente!
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