"Non è la mente l'origine dell'uomo, sono le passioni che originano tutto, anche il pensiero. E' il sentimento il seme dell'uomo, sono l'amore, la passione." (M. Tobino)
E' "vero" tutto ciò che ci piace e che decidiamo insieme agli altri che sia vero

venerdì 5 luglio 2013

Secondo me. Cioè: la pratica della banalità

di
Francesco Zanotti

Partecipo spesso a discussioni, dibattiti. In rete e non.
E vorrei condividere il disagio profondo e la preoccupazione che generano queste discussioni.
Sembrano tanti monologhi auto rappresentativi, narcisistici, trincerati dietro l’espressione “secondo me”.
Io credo che i dibattiti andrebbero fondati, invece, sulle conoscenze di cui disponiamo …

Proviamo a riflettere su una delle sintesi più accettate per il Governo dell’impresa: il Management by Objectives, fondato su motivazione, comunicazione, leadership, apprendimento, controllo. Ed anche sulla visione “implementatoria” del Change Management: analisi della situazione, progettazione ed implementazione del cambiamento.

Ora, vi sono alcune aree di conoscenza che dicono cose importanti su chi è l’uomo (visto che lo vogliamo gestire come risorsa umana), il suo rapporto con gli altri uomini (nell'organizzazione) e il rapporto delle organizzazioni con l’ambiente in cui vivono.
Le cose importanti che dicono: le tradizioni culturali del “Management by Objectives” e “Change Management” sono auto contraddittorie; il praticarle genera danni stratosferici alle imprese. Le cose importanti che dicono: i sistemi umani non sono caratterizzati dal loro funzionamento, ma dai loro processi di sviluppo autonomo. Gestire sistemi umani non significa gestirne il funzionamento, ma i processi di sviluppo autonomo. Di più: gli uomini e i sistemi umani né comunicano, né apprendono; è impossibile motivare, le competenze sono un paradigma insensato ….
Cito solo alcune di queste aree di conoscenza. Sono: la teoria quantistica dei campi e le sue applicazioni all'emergenza dei fenomeni collettivi ed alle neuroscienze; la teoria della mente estesa, la teoria dei sistemi autopoietici, la teoria delle reti; l’ermeneutica e il pensiero post moderno in genere; la “scienza della strategia d'impresa. Preciso: non intendo le strategie delle imprese, ma quel complesso di conoscenze che permettono di studiare e gestire le complesse relazioni tra una impresa e il suo ambiente esterno.

Ora quando, in qualche dibattito, provo ad esprimere questa opinione sull’inevitabilità e sulle potenzialità dell’utilizzo (almeno) delle aree di conoscenza che ho citato … si genera il vuoto. Non quello quantistico, che è, in realtà, pienissimo. Ma quello banale, come è inteso nel linguaggio di tutti i giorni. Cioè: il nulla.
Non ho mai avuto il piacere di una risposta. Anche del tipo: non è vero che sono conoscenze rilevanti.
La ragione? Per ora ho in mente la più semplice: sono aree di conoscenza sconosciute. E nessuno ha voglia di impararle … Per cui il dibattito non è possibile.
Ma se sono aree di conoscenza sconosciute, ma rilevanti, sarebbe bene conoscerle … oppure contestarne l’importanza (ma per farlo occorre sempre conoscerle). Questo, però, non accade. E si preferisce trincerarsi dietro tanti “Secondo me” … Cioè esprimere opinioni che affermano (implicitamente, perché nessuno ha il coraggio di farlo esplicitamente) di non avere bisogno di essere fondate su alcuna conoscenza.
Disagio e preoccupazione. Disagio perché non so come comportarmi. Sostenere fino in fondo la tesi della “non conoscenza” … non è carino. Preoccupazione perché così priviamo le imprese italiane di nuove e decisive (per il loro sviluppo) conoscenze. Suggerimenti?



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