di
Francesco Zanotti
La confessione di un manager (o di un consulente) dopo
qualche bicchiere di vino in una osteria del buon tempo antico …
“Si lo so, in fondo in fondo, è una vera e propria paura
esistenziale.
Fino ad oggi non mi sono mai occupato della conoscenza. Se
non qualche lettura del tutto casuale o suggerita dalle mode. Nessuna di queste
letture è stata fondamento alla mia carriera. La conoscenza, quindi, non è
stato il fondamento della mia carriera. Conseguentemente, non so maneggiare la
conoscenza.
Vagamente ho intuito che, se mi occupo di uomini e di
gruppi di uomini, le conoscenze che i miei simili hanno sviluppato su uomini e
gruppi di uomini (psicologia, psico-sociologia, antropologia, linguistica,
filosofia) mi possono essere utili. Come potrebbe essere diversamente?
Ancora più vagamente, quasi con la curiosità che si
riserva alla magia ed al mistero, ho sentito dire che anche le scienze naturali
mi possono fornire modelli, linguaggi, metafore. Qualche folle mi ha parlato di
fisica quantistica dicendo che, in realtà, non si tratta solo di una teoria che
cerca di spiegare la realtà materiale, ma si tratta di un vero e proprio nuovo
modo di pensare. Qualcuno, ancora più folle, mi ha parlato, addirittura di “matematica
qualitativa” usando un nome che si rifà al greco antico: topologia.
Ho intuito, ma non ho approfondito … Le urgenze, la
fatica, la difficoltà mi facevano da scudo.
Ora mi si dice che, invece, diventa essenziale la
conoscenza. Essenziale per lo sviluppo dell’organizzazione che mi ha dato la
responsabilità di uomini e struttura. Senza la quale continuerei con
convinzioni e prassi che sono, oggi, addirittura, controproducenti.
E io come posso fare?
Contraddico le mie sensazioni profonde (mai confessate
neppure a me stesso/a) sostenendo che erano follie? Contesto le mia umanità
profonda?
Gioco sul fatto che tanto il CEO di questa sfida della conoscenza
non sa nulla. E, quindi, si accontenta di quello che le attuali convinzioni e pratiche
possono dare ... “e più non dimanda”?
E se, però, viene a scoprire che non uso le conoscenze
che possono toglierlo dai guai banalmente perché non le conosco?
Oppure, accetto la sfida della conoscenza, sfida di
fronte alla quale sono completamente disarmato?
Sì, riconosco che troppo spesso faccio come i bambini: mi
chiudo le orecchie e urlo forte forte (magari auto incensandomi). Oppure mi
adagio nei guai che qualcuno sostiene (è una scoperta alla quale si perviene
usando la conoscenze che non voglio neanche ascoltare) dopo tutto mi
tranquillizzino.
Sì lo ammetto (ma solo qui ed ora, a causa del vino e del
sapore del buon tempo antico). Sto provando una paura esistenziale.”
Amico manager (o consulente), capisco la tua situazione:
sembra senza soluzione. Solo vivere alla giornata, immaginando che non sia
possibile e non si debba guardare in alto, nel profondo, cambiare il mondo (piccolo
o grande) del quale ci è data la responsabilità.
Ma è solo apparenza. E’ possibile usare “intermediari
della conoscenza” che, in breve tempi, ti possono rivelare come le scienze
naturali ed umane possono suggerirti nuove modalità di sviluppo di persone ed
organizzazioni
Certo un piccolo impegno ce lo devi mettere. Ma è non la
traversata dell’Himalaya. E’ solo una passeggiata su di una piccola collinetta
che, appena la si comincia, si rivela salutare.
Voglio dire, caro manager (o consulente) che, in fondo in
fondo, se intraprendi questa passeggiata, lo fai prima di tutto per te stesso. Valorizzerai la tua umanità profonda.
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