"Non è la mente l'origine dell'uomo, sono le passioni che originano tutto, anche il pensiero. E' il sentimento il seme dell'uomo, sono l'amore, la passione." (M. Tobino)
E' "vero" tutto ciò che ci piace e che decidiamo insieme agli altri che sia vero

mercoledì 24 agosto 2016

Tornando sulla sciocchezza del cambiamento …

 
di
Francesco Zanotti

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Io credo che faccia bene tornare ogni tanto a riflettere sul mito del cambiamento. Sulla insensatezza di questa parola per quanto riguarda le organizzazioni o i sistemi umani in generale.
E’ scientificamente inevitabile pensare che il verbo “cambiare” vada bene per la ruota di un automobile e non per una organizzazione o un sistema umano.
Infatti.
Innanzitutto è costituito da un meta-messaggio: le persone sono considerate solo strumenti per realizzare il cambiamento che dovrebbe portare ad una maggiore efficienza.
Questo meta messaggio non può essere accettato né dalle persone né dai gruppi organizzativi reali perché non è una occasione di autorealizzazione. Meglio: fornisce una occasione di autorealizzazione che nega l’autorealizzazione. Si viene invitati a dimostrare di esistere, cioè essere dotati di identità libera ed autonoma, ubbidendo. Cioè diventando uno strumento che, per definizione, non ha una identità autonoma.

Ma sopponiamo che l’organizzazione sia fatta di persone che si autorealizzano proprio ubbidendo. Per queste persone il messaggio è paradossale: del tipo “sii spontaneo”. Infatti, la richiesta di diventare ingranaggi è senza contenuti. Supponendo anche di trovare persone disposte a fere da ingranaggi, a queste persone occorre specificare che comportamenti devono mettere in atto. Ovviamente non si possono prescrivere tutti i comportamenti di una persona. Anzi se ne possono prescrivere solo alcuni. Tutti gli altri devono inevitabilmente essere autodeterminati. Allora pretendere che le persone diventino ingranaggi, ma non dire loro che comportamenti devono mettere in atto è del tutto autocontradittorio.

Una versione edulcorata delle procedure è costituita dalle best practices le cui parole d’ordine sono: ottimizzazione, miglioramento continuo, outsourcing.
Ora, esse sono ancor più “parziali” delle procedure. Quindi non possono essere applicate per le stesse ragioni.

In realtà, sono solo strategie molto generali che hanno lo status epistemologico di “mode”. Seguono, infatti, la dinamica a pendolo delle mode. Sono l’equivalente per le imprese dell’alternarsi di gonne corte e lunghe per le donna.

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