di
Francesco Zanotti
Non c’è dubbio che la consulenza (non parliamo della formazione) sia disastrata.
I consulenti sono considerati quasi malfattori … Oppure costi da ridurre il più
possibile, forse anche da abolire. Insipienza dei manager? No! Insipienza dei
consulenti stessi.
Cosa dovrebbe fare un
consulente? Dovrebbe favorire alle imprese le nuove risorse cognitive
(conoscenze e metodologie) che il suo percorso di ricerca fa emergere. Lavoro
prezioso perché il manager non può fare ricerca. L’unica ricerca che riesce a
fare è accumulare le sue esperienze. Ma oggi questo non solo non basta, ma è
alla radice dei disastri in cui la consulenza si trova.
Infatti se il consulente
non ha risorse cognitive esplicite da proporre, chi acquista non può
confrontare le diverse e offerte dal punto di vista della innovazione cognitiva.
Chi acquista è costretto ad acquistare dagli amici. I clienti diventano una
riserva di caccia garantita dall’amicizia con quel top manager o quell’altro.
Poi il top manager, quando viene buttato fuori, viene accolto nella società di
consulenza con qualche ruolo onorifico, come ringraziamento. Il problema è che,
agendo in questo modo, si costruiscono network informali che inevitabilmente
finiscono, se non nel malaffare, negli interessi privati in atti di ufficio.
Oppure si finisce nella
triste parabola discendente dei formatori che oramai vendono solo corsi
finanziati. Non provano neanche più a rivendicare pensiero ed originalità.
Che fare?
I consulenti devono
ritrovarsi in una alleanza progettuale per costruire nuovi sistemi d’offerta che
permettano un dialogo con le imprese di qualità e non di relazionalità.
Nessun commento:
Posta un commento