di
Francesco Zanotti
Regolarmente facciamo
interviste a Manager HR.
Qualche volta il risultato è sconcertante.
Come quella volta …
L’impresa dell’intervistato:
grande innovazione e complessità tecnologica. Il Responsabile HR: persona
giovane, ma con esperienza e grande
umanità. Inizio di dialogo cortese, piacevole: il nostro responsabile HR presenta
le attività di formazione che vengono erogate non solo all’interno, ma anche a
clienti esterni.
Poi domande e risposte
“normali” fino ad una domanda apparentemente innocua. Gli chiedo: Le propongo
due affermazioni, mi dica quale delle due condivide. La prima: definito un sistema di valori, è possibile dedurre
logicamente ed univocamente i comportamenti che mettono in pratica quei valori.
La seconda: la prima affermazione
non è vera. Cioè: non è vero che, definito un sistema di valori, sia possibile
dedurre da esso logicamente ed univocamente i comportamenti. Aggiungo qualche
commento: condividerà con me che lo scegliere una di queste due affermazioni
piuttosto che un’altra porta a governare, ”maneggiare” l’organizzazione in modi
completamente diversi.
La risposta giunge senza
incertezze: “ Ma certamente condivido la prima affermazione. Noi siamo un’impresa
con un forte sistema di valori. Esso ispira i comportamenti di tutti. Chi non
si adegua viene punito, formato o espulso”.
Credo che oramai sia
scientificamente evidente che è un risposta del piffero. E’ oramai evidente a
tutti che non esiste un “algoritmo” che permetta di dedurre univocamente, dato
un sistema di valori, comportamenti conseguenti. Le ragioni sono tante e note. Me
le ripasso nella testa …
Quando un dipendente legge,
ascolta un elenco di valori, non lo
registra, ma lo interpreta. La sua interpretazione dipende dal suo patrimonio
di conoscenze e di linguaggi ed il risultato di questa interpretazione (cioè
quello che veramente capisce) è assolutamente personale e non conoscibile da
terzi. Cioè: l’impresa sa cosa ha scritto e detto, ma non sa e non può sapere
cosa le persone hanno capito. I comportamenti che le persone scelgono dipendono
anche dal contesto in cui operano. Cioè lo stesso messaggio valoriale, inviato alle
stesse persone, genera comportamenti diversi a seconda del luogo e del tempo in
cui le persone si trovano.
Vi sono anche ragioni più
sottili per le quali non è possibile una deduzione univoca dei comportamenti
dai valori. Una è la seguente: i valori non coprono tutti gli aspetti della
vita aziendale. In quegli aspetti che non sono “coperti” dai valori, cosa
accade?
Come reagire all’incredulo
sconcerto?
Decido di non fare nulla:
scelgo di passare alle domande successive senza commenti. E anche le risposte a
queste domande sono state parimenti “sorprendenti”. Forse sarebbe meglio dire
“sconcertanti”. Oramai sono preparato
allo sconcerto. Ascolto quasi meccanicamente mentre la mia mente, impossibilitata
ad accettare risposte banali e inconsistenti, riflette sulle responsabilità del passato e sulle
probabilità di futuro di una classe manageriale che … sotto il vestito niente. Solo
quel pizzico di auto rappresentazione e quel tanto di ubbidienza ossequiosa che
serve a conservare il posto e, poi, nessuno spazio e nessun desiderio di
affrontare di petto il problema del cambiamento dello sviluppo organizzativo e
personale. Indifferenti al fatto di credere e praticare sciocchezze. Forse
giocando sul fatto che i grandi capi non chiedono loro null’altro oltre ad una
facciata maschia e decisa, indifferenti a cosa ci sia dietro di essa, basta che
quando serve, si riesca a realizzare la vera strategia regina dei nostri
giorni: buttare fuori le persone.
L’intervista finalmente è
finita, me ne esco sconsolato …
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