"Non è la mente l'origine dell'uomo, sono le passioni che originano tutto, anche il pensiero. E' il sentimento il seme dell'uomo, sono l'amore, la passione." (M. Tobino)
E' "vero" tutto ciò che ci piace e che decidiamo insieme agli altri che sia vero

giovedì 1 dicembre 2016

Dialogo surreale su valori e comportamenti

di
Francesco Zanotti

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Regolarmente facciamo interviste a Manager HR.
Qualche volta il risultato è sconcertante. Come quella volta …
L’impresa dell’intervistato: grande innovazione e complessità tecnologica. Il Responsabile HR: persona giovane, ma  con esperienza e grande umanità. Inizio di dialogo cortese, piacevole: il nostro responsabile HR presenta le attività di formazione che vengono erogate non solo all’interno, ma anche a clienti esterni.

Poi domande e risposte “normali” fino ad una domanda apparentemente innocua. Gli chiedo: Le propongo due affermazioni, mi dica quale delle due condivide. La prima: definito un sistema di valori, è possibile dedurre logicamente ed univocamente i comportamenti che mettono in pratica quei valori. La seconda: la prima affermazione non è vera. Cioè: non è vero che, definito un sistema di valori, sia possibile dedurre da esso logicamente ed univocamente i comportamenti. Aggiungo qualche commento: condividerà con me che lo scegliere una di queste due affermazioni piuttosto che un’altra porta a governare, ”maneggiare” l’organizzazione in modi completamente diversi.

La risposta giunge senza incertezze: “ Ma certamente condivido la prima affermazione. Noi siamo un’impresa con un forte sistema di valori. Esso ispira i comportamenti di tutti. Chi non si adegua viene punito, formato o espulso”.

Credo che oramai sia scientificamente evidente che è un risposta del piffero. E’ oramai evidente a tutti che non esiste un “algoritmo” che permetta di dedurre univocamente, dato un sistema di valori, comportamenti conseguenti. Le ragioni sono tante e note. Me le ripasso nella testa  …
Quando un dipendente legge, ascolta  un elenco di valori, non lo registra, ma lo interpreta. La sua interpretazione dipende dal suo patrimonio di conoscenze e di linguaggi ed il risultato di questa interpretazione (cioè quello che veramente capisce) è assolutamente personale e non conoscibile da terzi. Cioè: l’impresa sa cosa ha scritto e detto, ma non sa e non può sapere cosa le persone hanno capito. I comportamenti che le persone scelgono dipendono anche dal contesto in cui operano. Cioè lo stesso messaggio valoriale, inviato alle stesse persone, genera comportamenti diversi a seconda del luogo e del tempo in cui le persone si trovano.
Vi sono anche ragioni più sottili per le quali non è possibile una deduzione univoca dei comportamenti dai valori. Una è la seguente: i valori non coprono tutti gli aspetti della vita aziendale. In quegli aspetti che non sono “coperti” dai valori, cosa accade?

Come reagire all’incredulo sconcerto?
Decido di non fare nulla: scelgo di passare alle domande successive senza commenti. E anche le risposte a queste domande sono state parimenti “sorprendenti”. Forse sarebbe meglio dire “sconcertanti”. Oramai sono preparato allo sconcerto. Ascolto quasi meccanicamente mentre la mia mente, impossibilitata ad accettare risposte banali e inconsistenti, riflette  sulle responsabilità del passato e sulle probabilità di futuro di una classe manageriale che … sotto il vestito niente. Solo quel pizzico di auto rappresentazione e quel tanto di ubbidienza ossequiosa che serve a conservare il posto e, poi, nessuno spazio e nessun desiderio di affrontare di petto il problema del cambiamento dello sviluppo organizzativo e personale. Indifferenti al fatto di credere e praticare sciocchezze. Forse giocando sul fatto che i grandi capi non chiedono loro null’altro oltre ad una facciata maschia e decisa, indifferenti a cosa ci sia dietro di essa, basta che quando serve, si riesca a realizzare la vera strategia regina dei nostri giorni: buttare fuori le persone.

L’intervista finalmente è finita, me ne esco sconsolato …


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