"Non è la mente l'origine dell'uomo, sono le passioni che originano tutto, anche il pensiero. E' il sentimento il seme dell'uomo, sono l'amore, la passione." (M. Tobino)
E' "vero" tutto ciò che ci piace e che decidiamo insieme agli altri che sia vero

lunedì 28 novembre 2011

La sicurezza come ologramma del cambiamento

"Costruire sicurezza" può essere attività paradigmatica per qualsiasi progetto di cambiamento?

Indirizzare i comportamenti, tipicità "umana", è davvero impossibile e impensabile in azienda?

Desidero parlare ancora della sicurezza sul lavoro. E lo farò ancora in futuro per dei motivi semplici e, spero, condivisibili.
Innanzitutto perchè è un "particolare" che ben illustra il "tutto". Poi perchè ci impone di cercare di comprendere davvero cosa è una organizzazione e, così facendo, finalmente capire come cambiarla. In ultimo, ma non meno importante, anzi, perchè ci sono in gioco vite umane, dunque la prioritaria preoccupazione di qualsiasi comunità umana nei confronti dei propri membri.
Se si riuscisse a fare tutto questo, il resto, ovvero qualsiasi progetto di cambiamento per qualsivoglia scopo, sarebbe un gioco da ragazzi.

Vogliamo aprire un dibattito a partire da una ricerca appena iniziata. Abbiamo lanciato lo sguardo oltre la definizione "formale e razionale" dell'organizzazione, quella nella quale si appiattiscono la maggior parte dei manager e dei consulenti. Abbiamo scoperto  che siamo umani e, come tali, non ragioniamo soltanto, ma abbiamo anche altre dimensioni che influenzano i nostri comportamenti, causa prima degli incidenti, ma anche del fallimento di tutti i progetti di cambiamento . Tali dimensioni vanno esplorate, in maniera rigorosa coerentemente con la loro natura, e non trascurate perchè colpevolmente ignorate o perchè semplicemente etichettate come di non  interesse per le dinamiche razionali dell'azienda.
Siamo uomini, Signore e Signori, e lo rimaniamo anche varcati gli ingressi delle fabbriche o degli uffici. Ne vogliamo tener conto una buona volta anche in azienda o preferiamo continuare a prenderci in giro pensando che basta fare procedure, essere conformi alle norme, interne o esterne che siano, comunicare con eventi e usare il bastone e la carota?
E, ovviamente, non è sufficiente una banale operazione di riduzione di questi aspetti prettamente umani alla sola dimensione razionale, algoritmica, procedurale.
Comprendere non significa necessariamente razionalizzare, ma l'atto di comprensione è prioritario rispetto a qualsiasi obiettivo di efficacia si voglia raggiungere, in qualsiasi settore.

Dunque è ora di aprire le porte di questa nuova misteriosa (per la cultura aziendale) dimensione umana e iniziare a percorrerla senza tabù ma anche attrezzati con un bagaglio culturale nuovo, che fornisca strumenti adeguati a trattare la materia che incontreremo: non si aggiusta un televisore con un martello!

Vi invito allora a partecipare di persona ,comunicandomi una disponibilità per un breve incontro o via web, a questa fondamentale ricerca di cui troverete la presentazione in questo documento e i cui presupposti, suscettibili di critiche anch'essi ovviamente, e domande fondamentali potrete leggere in questo testo.

Ne va delle capacità di cambiamento delle nostre aziende, così urgente in questo momento. Ma sopratutto è in gioco la vita e l'incolumità di tante persone, ancora in balia di sole norme, procedure, corsi e dichiarazioni tanto retoriche quanto inefficaci.

Luciano Martinoli
l.martinoli@cse-crescendo.com

lunedì 21 novembre 2011

Perché il top management è disinteressato alla conoscenza?

di
Francesco Zanotti

Considero top manager un Signore che ha la responsabilità del Governo complessivo di un sistema umano: da un’impresa ad un Paese.
Bene coloro che hanno responsabilità complessiva di Governo non hanno alcun interesse alla conoscenza. Intendo alla nuova conoscenza che emerge ogni giorno in una società complessa. Lo dimostrano due fatti.

giovedì 10 novembre 2011

Lettera aperta ad Harvard Business Review Italia

Egr. Dott. Sassoon
Ho letto con sorpresa e interesse il suo editoriale sull'ultimo Harvard Business Review dal titolo "L'azienda guidata dai valori".
La sorpresa deriva dalla novità, nel titolo e nelle argomentazioni, di questa affermazione che testimonia ancora una volta un comune sentimento: l'azienda ha come suo scopo primario quello di fare soldi. Dunque è arrivato il momento, per poter continuare a perseguire comunque prioritariamente l'obiettivo economico, affiancare scopi secondari, funzionali a quello primario, per mitigare i guasti percepiti dalla collettività.
Non gliene faccio addebito, lei si limita a riportare il sentimento della maggior parte dell'attuale classe dirigente in tutti i settori della società civile occidentale, dunque non solo il mondo delle aziende, ma proprio per l'urgenza che lei richiama alla fine, non sarebbe ora di sollecitare un profondo cambio di prospettiva?

venerdì 4 novembre 2011

Cameron e l'ignoranza della comunicazione umana

Paul Watzlawick, insieme a Janet H. Beavin e Don D. Jacson, scrisse nel 1966, ovvero circa 46 anni fa,  un libro che è ancora oggi considerato una pietra miliare della psicologia: Pragmatica della comunicazione umana. Gli autori descrissero, con approccio sistematico e rigorosamente scientifico, quello che poteva essere l'effetto della comunicazione sul comportamento e, ancora oggi, quei risultati sono considerati i fondamentali assiomi della comunicazione umana.
Riporto alcuni brani sui presupposti teorici del libro, che gli autori poi svilupperanno e dimostreranno.
...vorremmo che fosse chiaro fin da ora che usiamo i termini comunicazione e comportamento praticamente come sinonimi... E' chiaro dunque che in questa prospettiva tutto il comportamento è comunicazione, e tutta la comunicazione influenza il comportamento.
Vogliamo poi precisare che non limitiamo il nostro interesse all'effetto della comunicazione sul ricevitore, ma ci occupiamo anche dell'effetto che la reazione del ricevitore ha sul trasmettitore, poichè riteniamo che i due effetti siano inscindibili.