"Non è la mente l'origine dell'uomo, sono le passioni che originano tutto, anche il pensiero. E' il sentimento il seme dell'uomo, sono l'amore, la passione." (M. Tobino)
E' "vero" tutto ciò che ci piace e che decidiamo insieme agli altri che sia vero

martedì 10 aprile 2012

Risorse umane “classiche”, Persone quantistiche


di
Francesco Zanotti

Ma che c’entra la fisica quantistica?
C’entra perché essa non riguarda solo il microcosmo, ma costituisce una nuova visione del mondo. Guardando le risorse umane dal suo punto di vista, esse appaiono e possono essere valorizzate come persone. Con grande gioia degli azionisti …

Oggi (purtroppo) prevale ancora la visione del mondo propria della fisica classica che considera le persone “risorse umane”. Cioè: oggetti classici.
Esse hanno caratteristiche intrinseche ben definite e misurabili: un “potenziale” esattamente descrivibile “in vitro” (cioè in modo indipendente dal contesto). Sono dotate di risorse altrettanto ben definite e separate le une dalle altre: le competenze. Queste competenze sono come strumenti ai quali ne possono essere aggiunti altri, uno strumento, una competenza per volta. Le risorse umane dispongono di un patrimonio di competenze che devono essere arricchite e possono essere richiamate quando servono.
Hanno una ovvia capacità decisionale, ma che è di tipo razionale (si sceglie l’alternativa più conveniente). Per questo possono essere “gestite” con una comunicazione che spiega cosa è giusto fare e con premi e punizioni per spingere nella direzione giusta.
Insomma, secondo la visione classica del mondo, le risorse umane sono strumenti della direzione. Strumenti preziosi, ma strumenti. Strumenti da conoscere, da migliorare a da usare.

Ed ora vediamo la versione quantistica. Poi ognuno sceglierà quella che giudicherà più “consona” per se’ e per gli azionisti. Non dimentichiamo gli azionisti che, prima o poi, potrebbero informarsi su come vengono gestite le persone.

Le persone, ogni persona è un insieme incommensurabile di potenzialità di divenire. La fisica quantistica suggerisce la seguente metafora: ogni persona è un “vuoto quantistico infinitamente pienissimo”. La loro storia personale ha, piano piano, sopito molte di queste potenzialità. Le ha cristallizzate. Anche la loro storia aziendale ne ha tacitate molte. Ogni sforzo per misurare quante ne restano (il potenziale) non esplora certo le opportunità rimaste. Ma è capace di individuarne solo pochissime ed in modo banale. Trascurando tutte le altre e, quindi, ponendo le basi per la loro eliminazione.
Ma, come la matematica ci insegna, per quante volte (numero finito di volte) togliate quantità finite di potenzialità di divenire, queste rimarranno infinite.
“Maltrattate” fino a  che volete le persone, ma non riuscirete a smantellare questa loro potenzialità infinita di divenire.
Ogni sforzo direttivo (sia esso formativo che direttivo in senso stretto) agisce su una infinità di potenzialità di divenire sconosciuta. Il suo risultato non può essere una finalizzazione, ma diventa “casuale”. Al massimo riesce a far sì che le persone non usino questa loro potenzialità di divenire nell’impresa, ma fuori di essa.
In sintesi, secondo la visione quantistica le persone sono potenzialità infinite irriducibili che uno sforzo direttivo può solo rovinare a non indirizzare.

Che fare allora? Quale punto di vista adottare? Le esigenze di sviluppo strategico hanno bisogno di risorse strumenti o di persone che sono infinite potenzialità di divenire e fare? Come “gestire” queste persone infinite?

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