di
Francesco Zanotti
Tutto
ha a che fare con la strategia delle imprese. E’ l’urgenza di un cambiamento
strategico che definisce il nuovo ruolo dei lavoratori, non la tecnologia che è
al massimo uno degli strumenti per realizzare questo cambiamento strategico.
Quale
cambiamento strategico?
Innanzitutto le imprese devono cambiare
(recuperandolo dal passato e rinnovandolo) il loro atteggiamento di fondo: devono
tornare a progettare sistemi d’offerta (intendo i prodotti e i servizi che
offrono, fino alla infrastrutture) che siano ologrammi della società futura.
Come lo sono stati la lavatrice e la cinquecento. Le imprese devono essere profeti
del futuro. Detto per inciso, è l’unico modo che garantisce la produzione di
cassa.
Ma chi deve diventare protagonista di questa
progettazione del futuro? Ma il top management o l’imprenditore, mi risponderete.
E, invece, no!
Infatti le attuali classi dirigenti delle imprese
sono chiuse in bozzoli autoreferenziali che li isolano dalla conoscenza e dal
mondo. Se provano a riprogettare le imprese le uniche cose che sanno vedere sono
una qualità sempre più astratta (che senso ha parlare di qualità quando le cose
che fa l’impresa non interessano più?) e una efficienza che genera solo ridimensionamento
del ruolo economico e sociale dell’impresa.
Per rivoluzionare strategicamente una impresa le
classi dirigenti devono coinvolgere nello sforzo progettuale sia gli stakeholder
interni che gli stakeholder esterni. Non parlo di consultazioni, votazioni,
codici etici et similia. Parlo di una
vera e propria delega progettuale. Il lavoratore diventa progettatore, il
consumatore diventa stakeholder. Ovviamente per riuscire ad attivare un
coinvolgimento progettuale è necessario che le attuali classi dirigenti
imparino a farlo. Ma purtroppo, forse brutalizzando un po’, i lavoratori sono
ancora e solo considerati macchine da lavoro, qualche volta paternalisticamente
informate delle strategie, ma da fare gestire rigorosamente solo dal middle
manager. E gli stakeholder sono considerati esterni “scocciatori” da fare
gestire da specialisti comunicatori che riescono solo ad aumentare il
conflitto.
Dopo queste riflessioni, mi senti di avanzare,
oggi, primo maggio, una proposta: che i lavoratori chiedano al loro top
management di acquisire le conoscenze e le metodologie per gestire una nuova
stagione di progettualità sociale.
Insomma, non contestate le classi dirigenti,
invitatele a studiare.
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