"Non è la mente l'origine dell'uomo, sono le passioni che originano tutto, anche il pensiero. E' il sentimento il seme dell'uomo, sono l'amore, la passione." (M. Tobino)
E' "vero" tutto ciò che ci piace e che decidiamo insieme agli altri che sia vero

martedì 4 settembre 2012

Il consulente e la mistica dei risultati


di
Francesco Zanotti


Il tema che voglio trattare è: a cosa serve un consulente. Detto diversamente: che mestiere fa il consulente? 
In cosa è diverso e complementare al mestiere del manager?
La risposta sarà: è un fornitore di conoscenze e metodologie. E sarà una conclusione gravida di implicazioni perché è in grado di stravolgere un mercato della consulenza ancora  impastato della falsa mistica dei risultati.
Ecco in questo post voglio iniziare il discorso proprio smontando questa mistica.


Per parlare di risultati occorre riferirsi a risultati misurabili ovviamente. Bene, il risultato aziendale misurabile per antonomasia è la produzione di cassa nel futuro. Allora la produzione di cassa di una impresa nel futuro non è generata dai comportamenti di una singola persona sola. Neanche dal singolo manager, ma dall’insieme dei comportamenti di tutte le persone che costituiscono l’organizzazione. Come può, allora, un consulente pretendere che il suo intervento, cioè i suoi comportamenti, aumentino la produzione di cassa? Non lo può fare neanche un consulente di strategia, figuriamoci un consulente di tipo funzionale. Mi si può obiettare: ma io raggiungo altri risultati. Bene, bisognerebbe indicare quali, spiegare come il raggiungimento di questi altri risultati è legato alla generazione di cassa ed è direttamente causato dai comportamenti del consulente. Per riuscirci, occorre indicare la legge (la precisa relazione di causa ed effetto) che lega comportamenti ai risultati e il setting sperimentale dove questa legge vale. Altrimenti non siamo di fronte ad una dimostrazione sperimentale, ma solo ad opinioni. Tra parentesi, si fa in fretta a verificare se si tratta di opinioni. Si chiede a diversi manager di indicare i risultati raggiunti dal consulente. Se si ottengono opinioni diverse, è ovvio che anche quelle del consulente sono opinioni.



Mi si può obiettare: ma la mia storia professionale dimostra che io ho raggiunto risultati per il mio cliente. Ma non si superano le obiezioni di prima.



Occorre dire quali risultati ed occorre spiegare quali sono i comportamenti attuati. Altrimenti rimane in bocca, a chi ascolta il consulente magnificare le sue gesta, il sapore dell’uomo solo al comando. Che fino a che si tratta di fausto Coppi che scala in solitaria lo Stelvio va anche bene.  Se poi scivola nell’essere l’uomo della Provvidenza …
Ma supponiamo, per un assurdo assurdissimo, che esista un tale consulente che, inconsapevolmente, senza saperlo spiegare, riesca non si sa con quale magia ad entrare in una organizzazione e farle aumentare la capacità di produrre cassa. Bene, renderebbe inutile il management. E, sistemicamente, sarebbe irrilevante perché potrebbe entrare in poche organizzazioni, forse in una sola. E, lavorando di istinto, non potrebbe trasmettere questa sua magica abilità.
Ecco, visto? Il cerchio si chiude: partendo dalla mistica banale dei risultati si arriva alla magia ingenua del prometeico uomo solo al comando.
Un ultimo tema che apre la strada ai discorsi successivi. I nostri comportamenti certamente generano effetti. Ma, a meno che si tratti di comportamenti meccanici, gli effetti non sono scientificamente prevedibili. E, poi, i nostri comportamenti (e le risorse cognitive che li generano) hanno sempre un risultato ambivalente: generano alcuni effetti, ma ne bloccano altri. Quindi, se si vuole usare a tutti i costi la metafora dei risultati, accanto ai risultati che si vantano occorrerebbe anche specificare quali altri risultati si sono bloccati, resi impossibili…
Alla prossima puntata. E … il dibattito è aperto.

2 commenti:

  1. "E, lavorando di istinto, non potrebbe trasmettere questa sua magica abilità."

    Credo che questa frase racchiuda il vero motivo per cui le piccole società di consulenza generalmente hanno "Nome e Cognome" del titolare e, in buona sostanza, sono una "one man company".

    Bell'articolo.

    Chiara Fezzi

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie Chiara del commento.
      E' sempre apprezzabile chi, in qualsiasi attività, mette la propria "faccia" di fianco la sua azione.
      Però sostieni che l'attività del consulente sia basata su "istinto" e "magia"?
      Ma l'ingegnere, lo psicologo, il medico, l'architetto, il muratore, il direttore amministrativo, l'operaio, l'attore, il musicista, il pittore, e tante altre professioni ritieni siano basati solo su "istinto e magia"?
      Non è forse per questa determinata e scellerata scelta di rifuggire dalle conoscenze che la consulenza è sempre più ignorata dalle aziende?
      Che se ne fanno le aziende di istinti e pratiche magiche? Non pensi abbiano bisogna di qualcosa, ben più di qualcosa, di molto meglio?

      Elimina