Intervista di Luciano Martinoli e Francesco Zanotti a Paolo Iacci
Abbiamo
avviato una ricerca/dibattito che ha l’obiettivo di analizzare il rapporto tra
le pratiche di management e la conoscenza strategico-organizzativa.
Più
concretamente, le domande generali alle quali cerchiamo una risposta sono le
seguenti:
· sono importanti/utili le conoscenze strategico -
organizzative?
· quante delle conoscenze disponibili vengono oggi usate?
· quali altri conoscenze sarebbero necessarie?
· quante delle conoscenze disponibili vengono oggi usate?
· quali altri conoscenze sarebbero necessarie?
E,
infine, se sono necessarie nuove conoscenze strategico-organizzative,
attraverso quale processo di R&D possono essere sviluppate e chi deve
occuparsene?
Quali sono i processi necessari per diffondere questa nuove conoscenze presso il management?
Quali sono i processi necessari per diffondere questa nuove conoscenze presso il management?
Il
primo interlocutore che abbiamo coinvolto in questa ricerca/dibattito è stato
Paolo Iacci, Vice Presidente AIDP e Direttore Responsabile HR on line.
Paolo Iacci, Vice Presidente AIDP e Direttore Responsabile HR on line.
Abbiamo
iniziato il nostro dialogo con una domanda provocatoria della quale il nostro
interlocutore ha colto certamente l’aspetto costruttivo.
Martinoli
Ogni
campo della conoscenza è caratterizzato da uno stato dell’arte delle conoscenze
rilevanti socialmente riconosciuto. E del quale i professionisti di quello
specifico campo sono detentori. Perché nel campo dell’organizzazione non esiste
questo stato dell’arte delle conoscenze socialmente riconosciuto?
Iacci
Credo
che siano due le ragioni. La prima è che l’organizzazione non è un campo
definito. Non esiste una funzione che se ne occupa. La seconda è che sono tante
le “scienze” che se ne occupano da punti di vista molto diversi gli uni dagli
altri.
Zanotti
La
mia percezione è che il manager medio non conosca (e, quindi, ovviamente, non
usi) tutti questi contributi …
Iacci
Mi
lasci spendere una parola a favore dei manager. Oggi su di essi operano
pressioni crescenti: devono far fronte ad un contingente che è sempre più
diversificato e pressante per avere il tempo di leggere teorie su teorie …
I
manager sono richiamati alla concretezza dei problemi e cercano la concretezza
delle soluzioni.
Basta
che abbiano alcune conoscenze di base e, poi, utilizzino il loro fiuto
manageriale. Con tutti i rischi che questo comporta.
Le
faccio un esempio che mi è capitato proprio poco prima di iniziare questo
nostro colloquio. Mi sono occupato di una valutazione d’impresa. Non avrei mai
avuto il tempo di andarmi a leggere il trattato del Prof. Guatri sul tema. Sono stato “costretto” a richiamare ed
utilizzare un set minimo di conoscenze di base perché le decisioni andavano
prese velocemente.
Zanotti
Mi
permette di farle una obiezione?
Oggi
stiamo vivendo una crisi dalla quale io credo non si conoscano le cause e,
conseguentemente, non riusciamo a trovare i rimedi. Sia a livello “macro” che a livello
“micro”. Con micro, intendo riferirmi
alla singola impresa ed alle difficoltà del singolo manager. Mi viene il
sospetto che il mix di conoscenze minime che oggi viene utilizzato non sia cosa
sufficiente, anzi mi spingo di più: credo che sia proprio il set di conoscenze
che utilizziamo a generare la crisi che stiamo vivendo e a non permettere di
risolverla.
Iacci
Mi
lasci dissentire. Meglio: proporle una ipotesi diversa.
Parlo di “ipotesi” perché mi rendo conto che
non esistono certezze. A me sembra che le cause della crisi siano note:
consistono in una cattiva regolamentazione dei mercati finanziari.
La SGR che ci ospita certamente si trova e si troverà nel futuro in grande difficoltà.
La SGR che ci ospita certamente si trova e si troverà nel futuro in grande difficoltà.
Poi
cominciano ad emergere segnali i ripresa. Proprio oggi è la notizia
dell’aumento di due punti del PIL degli Stati Uniti.
Zanotti
Mi
permetta di dire, un po’ egoisticamente, che mi fa piacere che emergano tra noi
visioni diverse. Significa che possiamo offrire ai lettori di questa interviste
e del nostro blog una diversità che costituisce ricchezza. E di questo la
ringrazio.
Ma
credo che vi sia anche un’altra differenza di opinioni. Provo a esporle la
mia ed Ella mi dirà se si trova d’accordo o meno.
Noi
non solo abbiamo raccolto la conoscenza strategico-organizzativa esistente, ma
abbiamo anche guardato più in profondità: alle scienze umane che generano le
conoscenze strategico-organizzative ed alle scienze naturali, dalle quali sta emergendo una nuova visione
del mondo. Usando queste “conoscenze profonde” ci sono parsi evidenti i limiti
delle attuali conoscenze strategico-organizzative. E ne abbiamo sviluppato una
nuova generazione di queste conoscenze concretizzandole in metodologie che
promettono di rivoluzionare il mestiere del management …
Iacci
La
fermo subito. Con un richiamo alla concretezza. Io vedo già una pratica
impossibilità ad usare le conoscenze esistenti ed Ella mi parla addirittura di
nuove conoscenze …
Zanotti
Le
parlo di nuove conoscenze che, proprio, perché sono più profonde, sono più
semplici, si concretizzano in strumenti di comprensione e di governo delle
imprese, dei loro processi di evoluzione e di cambiamento semplicemente
utilizzabili.
Le
propongo un esempio.
Oggi
le conoscenze di strategia d’impresa sono abbastanza complesse, ma non
permettono di dedurre dalla posizione strategica di una impresa nel suo
ambiente specifico la capacità di produrre cassa nel futuro di una impresa.
Utilizzando le nuove conoscenze di cui le parlo, è possibile costruire questo
collegamento.
Mi sembra un contributo concreto sia alle banche che alle imprese
Mi sembra un contributo concreto sia alle banche che alle imprese
Martinoli
Vorrei
allargare la discussione alle conoscenze di strategia d’impresa. Noi, usando le
conoscenze strategiche esistenti, abbiamo costruito un modello di business plan
che abbiamo utilizzato per costruire un rating dei business plan. Abbiamo
assegnato i rating alle società dell’indice FTSE Mib di Borsa Italiana. E, così,
abbiamo innanzitutto scoperto che metà di queste Società non esibisce nessun
business plan, rendendo impossibile a tutti gli stakeholder (soprattutto ai
risparmiatori) di farsi un giudizio sulle richieste di risorse delle Società
stesse. E l’altra metà utilizza modello di business plan troppo semplificati
per permettere la descrizioni delle sfide e dei progetti d’impresa con i quali
intendono affrontarle.
Partendo
da questa situazione abbiamo avviato una iniziativa concreta: abbiamo attivato
un Osservatorio dei Business Plan che ha l’obiettivo di assegnare Rating ai
business plan per ora delle Società dell’FTSE Mib della Borsa Italiana.
In futuro a tutte le società quotate.
In futuro a tutte le società quotate.
Iacci
Se
dovessi trovare una sintesi delle mie opinioni di fronte alle vostre proposte,
userei la parola “perplessità”. Sono perplesso. Non posso sostenere che avete
certamente torto. Ma non riesco ad
immaginare quali possano essere le nuove conoscenze che proponete. E se volete
la mia sensazione sono molto scettico sul fatto che esse possano generare una
rivoluzione nella prassi direzionale.
Zanotti
Chiudo
con questa sua perplessità. Ribadendo la nostra fiducia nella conoscenza, in una nuova conoscenza come unica
risorsa decisiva per costruire una nuova stagione di sviluppo.
Il
dibattito è aperto.
Nei
nostri blog abbiamo già iniziati a descrivere questa nuova conoscenza strategico-organizzativa
che abbiamo scoperto/costruito …
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