di
Francesco Zanotti
“Se la teoria classica è applicabile
soltanto al caso della piena occupazione. È errato applicarla ai problemi della
disoccupazione involontaria ... I teorici classici assomigliano a geometri
euclidei in un mondo geometrico non euclideo, i quali, scoprendo che
nell'esperienza due rette apparentemente parallele si incontrano,
rimproverassero alle linee di non mantenersi diritte, come unico rimedio alle
disgraziate collisioni che si verificano; mentre in realtà non vi è altro rimedio
che respingere l’assioma delle parallele e costruire una geometria non
euclidea.”
Da Teoria generale della moneta ed
altri scritti di J. M. Keynes, traduzione italiana, Utet Torino 2005, pp.
200-1”. Riportato da Jean-Paul Fitoussi nel suo libro Il teorema del
lampione, traduzione italiana Giulio Einaudi
Keynes già nei
lontani anni ’30 aveva capito l’importanza delle risorse cognitive. Tanto che
usa un modello (una risorsa cognitiva, appunto) prestato dalla matematica (le
geometrie non euclidee) per descrivere le dinamiche delle scienze economiche.
Oggi è possibile
andare molto al di là di Keynes ed usare un patrimonio di risorse cognitive
molto più complesse, capace di farci vedere in modo nuovo il problema dello sviluppo
delle organizzazioni: le risorse cognitive sviluppate nelle scienze naturali ed
umane. Usando queste risorse si scopre che le organizzazioni sono attori
quantistici che hanno un processo di evoluzione autonomo. Il funzionamento è un
sottoprodotto di questo processo di evoluzione autonomo. Cercare di gestire il
funzionamento è come acchiappare nuvole. Quando pensiamo di conoscere come
funziona la nostra organizzazione, questa è già completamente cambiata. Come le
nuvole appunto. Occorre, invece, conoscere come è il processo di evoluzione
autonomo di un attore quantistico e capire come è governabile. Non certo direttivamente.
Le operazioni di direzione tradizionali (analisi, pianificazione e controllo
che sono operazioni da fisico classico e da matematico hilbertiano) non hanno
senso. Non analizzano, non pianificano e non controllano. Il manager che pensa
di dirigere analizzando, pianificando e controllando fa come un elefante che
entri furibondo in un negozio di delicate porcellane cinesi. Certo che ottiene
un effetto; ma è quello di distruggerne lievità e bellezza.
Il primo
sconquasso lo generano le operazioni di analisi (delle competenze, dei valori,
del clima). Esse danno risultati soggettivi (due osservatori diversi producono
due diverse analisi) e l’atto del misurare cambia in un modo del tutto
imprevedibile l’organizzazione misurata. La misura è l’ingresso dell’elefante
nel negozio di porcellane cinesi.
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