di
Francesco Zanotti
Con MBO, ovviamente mi riferisco al Management By Objectives e non all'altro significato delle sigla: “Management buy out”.
Detto
tra parantesi: curioso che due significati diversi della stessa sigla non
generino alcuna contraddizione. La spiegazione più probabile e che le due comunità
che usano i due significati diversi della stesa sigla non si parlino mai …
Ma
torniamo all’MBO pratico-gestionale.
Esso
indica una precisa e non contestata modalità di governo: si definiscono gli obiettivi
da raggiungere, all'interno di un contesto fisico e formale, cioè all'interno
di invalicabili vincoli aziendali. Lo scegliere i comportamenti più adatti è
lasciata alla libera iniziativa delle persone. Semplice come l’uovo di Colombo,
ma solo in apparenza. Perché i problemi che emergono analizzando questo
approccio sono molti e gravi.
Una
prima osservazione (che in realtà, potrebbe anche non indicare un problema) è
che, se si tirano in ballo gli obiettivi, si mette in crisi la mistica dei
risultati che caratterizza troppi manager.
Infatti,
i risultati che si dice di aver ottenuto (e che giustificano pretese
prometeiche di questi stessi troppi manager) andrebbero confrontati con gli
obiettivi che erano stati assegnati. Altrimenti, come si fa a sapere se i
risultati sono significativi o meno? Nella realtà ci si dimentica di questa
“dipendenza” ed allora si parla di risultati in astratto. Ognuno, ragionando ex
post, giustifica come risultati quasi qualunque cosa …
Ma
andiamo oltre, perché sono altrove i problemi più rilevanti.
Li
descrivo in ordine sparso, non certo di importanza.
Il
primo problema è che non è possibile un controllo nel durante, ma solo
ex post: quando gli obiettivi sono stati raggiunti o non raggiunti. Se non sono
stati raggiunti si prendono provvedimenti, ma è come chiudere la stalla quando
i buoi sono già scappati.
Mi
spiego più dettagliatamente. Quando si fissa un obiettivo si stabilisce anche
un tempo entro il quale l’obiettivo deve essere raggiunto. Se gli obiettivi
sono spezzati in sotto obiettivi, il mio discorso vale a livello dei sotto
obiettivi elementari.
Se
si interferisce nel processo di lavoro e, quindi, di generazione degli
obiettivi prima che sia passato il tempo assegnato, si distrugge la logica
stessa dell’assegnare obiettivi. Se la si rispetta si accetta di poter
controllare solo ex-post. Quando i buoi possono essere sia ben pasciuti nella
stalla, ma possono anche essere scappati. Insomma, la logica degli obiettivi
non è dei manager deboli di cuore, ma amanti delle sorprese.
Il
secondo problema è che gli obiettivi sono etero definiti. Quindi,
sono l’espressione delle risorse di conoscenza di chi li definisce. Poiché il
“definitore” è gerarchicamente superiore a chi deve ricevere gli obiettivi, è
esterno alla sua micro organizzazione. Questo comporta che le sue risorse
cognitive non comprendano né una immagine “profonda” delle persone a cui
vengono assegnati gli obiettivi, né quella della micro organizzazione in cui
queste persone vivono. Allora può accadere di tutto. Che essi vengano giudicati
“assurdi” da chi li riceve. Mentre, invece, se fossero auto determinati,
potrebbero essere addirittura più sfidanti.
In
ogni caso, obiettivi etero determinati scatenano, per forza di cose, un
processo negoziale che ha come risultato inevitabile quello di “addolcirli”.
Il
terzo problema è che si deve arrivare ad assegnare obiettivi
individuali. Questo significa che occorrerebbe verificare che il
raggiungimento di tutti gli obiettivi individuali porti a raggiungere obiettivi
complessivi per tutta l’impresa.
Propongo
un solo esempio. Uno degli obiettivi complessivi più rilevanti per una impresa
è costituita dai flussi di cassa. Quale impresa dispone di un processo di definizione
degli obiettivi così sofisticato che porta ad assegnare obiettivi individuali
così ben coordinati che diventa chiaro a tutti come essi siano finalizzati alla
generazione di flussi di cassa?
Non
c’è nessuna impresa che disponga di un sistema di obiettivi così sofisticato.
Ma non è una colpa, è una inevitabilità. Per riuscire ad individuare un sistema
di obiettivi individuali che, sommati, “generano” gli obiettivi complessivi
dell’impresa, occorrerebbe avere una descrizione completa e formalizzata dell’impresa.
Cosa che non è possibile poiché una organizzazione non è un sistema classico.
Il
quarto problema è che i comportamenti scelti dalle persone per
raggiungere gli obiettivi loro assegnati, possono entrare in conflitto con le
azioni scelte da qualcun altro.
Il
quinto problema è che, poiché il processo di assegnazione degli
obiettivi (anche a causa dei processi negoziali che scatena) è necessariamente
lungo, accade che l’evoluzione dell’ambiente rischia di far diventare obsoleti
gli obiettivi prima che siano definiti.
E si generano situazioni assurde nelle quali non si può pretendere che le persone
cambino obiettivi ai quali è legata la loro retribuzione variabile.
Da
ultimo, il problema più rilevante. L’obbligo di raggiungere gli obiettivi
costringe a considerare strumentali le risorse che si hanno a disposizione, in
specie le risorse umane. E questo non è solo inefficace (non permette di
raggiungere gli obiettivi che l’organizzazione potrebbe raggiungere), ma è
anche auto contraddittorio perché lo sfruttamento dei sottoposti può impedire
loro di raggiungere i loro obiettivi. E se gli obiettivi individuali non
possono essere raggiunti da tutti, allora la strategia degli obiettivi non sta
in piedi.
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