di
Francesco Zanotti
Mi
diceva un operaio al termine di una lunga chiacchierata …
Sai in realtà io mi trovo ad avere molti capi che mi
strattonano in direzioni tra loro incompatibili. Come se competessero su di me.
Beh, innanzitutto, c’è il mio Capo turno con cui ho
a che fare tutti i giorni.
Ma poi ce ne sono altri.
Ci sono i Signori delle risorse umane che mi chiamano
quando devono spostarmi o quando ho fatto qualche marachella. Oppure per
mandarmi ad un corso di formazione.
Devo confessare che i Signori delle risorse umane ci
sanno fare nel parlare con le persone: spiegano, ti fanno sentire a tuo agio,
anche importante. Il mio Capo, invece, storce il naso: se do retta ai Signori
delle risorse umane non lavoro.
Poi c’è anche un’altra categoria di Capi: i Capi
progetto. Sai, da un po’ di tempo a questa parte, sembra che i progetti ci
capitino addosso come se piovesse: dalla qualità, alla sicurezza, alla compliance.
Ogni Capo progetto pensa che il suo sì che è importante e chiede la mia
attenzione, il mio impegno. C’è anche ci mi dà i compiti a casa.
Il mio Capo storce il naso ancora più: “ma insomma,
bisogna anche lavorare”, sbotta più di qualche volta.
Ecco io sono in mezzo alle attenzioni di tutti
questi Capi. Io riconosco che sono progetti importanti. Un solo esempio: come
faccio a non dare importanza ad un progetto sulla mia sicurezza? Ma anche
quelli sulla qualità, che ovviamente devono essere coerenti con quelli sulla
sicurezza. Mi sento sempre più conteso.
Ovviamente mi è difficile rispondere alle attese di
tutti questi Capi che, ricordo, tutti insieme non sanno nulla della mia
dimensione cognitiva, del sistema di relazione e delle antropologie nelle quali
sono immerso. Mi è difficile vivere strattonato continuamente. Rischio di
sentirmi inadeguato, sempre in colpa …
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