di
Francesco Zanotti
ho letto
la sua intervista sul Corriere delle Sera di ieri. Accetterebbe di discutere
una tesi opposta alla sua e, ovviamente, scientificamente fondata?
Giovedì a Modena (con il
patrocinio della locale Università e con la sponsorizzazione della Banca
Popolare dell’Emilia Romagna) presenteremo un libro (Per comprendere Luhmann, edito da IPOC) che è fatto di due “pezzi”. Il primo è costituito dalla
traduzione (fatta da Luciano Martinoli e da suo figlio Lorenzo) di un libro “divulgativo”
del pensiero del grande sociologo tedesco Niklas Luhmann. Si tratta di “Radical
Luhmann” del prof. Hans-George Moeller. La seconda parte è una mia appendice che
racconta come il pensiero di Luhmann permetta di vedere in modo molto diverso
la situazione attuale. E, poi, cosa è possibile aggiungere per trovare una
nuova via di sviluppo.
In cosa consiste questa tesi
diversa dalla sua?
E’ fatta di due parti.
La prima: la managerialità è
una illusione. La visione e le competenze dei manager sono troppo baneli. I
manager attuali sanno solo ripetere il passato, addolcendo la crudeltà della
conservazione con qualche ammennicolo tecnologico. Il pensiero di Luhmann
spiega il perché. L’esperienza di un'Expo senza contenuti ne è la
dimostrazione.
La seconda è speculare alla
prima: è necessario costruire una nuova cultura e prassi manageriale. A
conferma di questa tesi mi lasci citare una frase di quello che oggi è uno dei
più autorevoli esperti di management a livello mondiale “To build Management
2.0 we need more than engineers and accounts. We must also harness the idea of artists, philosophers,
designers, ecologists, anthropologists, and theologians.”. Il nostro libro cammina in questa direzione.
Che ne direbbe di un
dibattito su questi temi?
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