di
Francesco Zanotti
Tutti coloro che si occupano di risorse umane sostengono che esse sono
strategiche. Sono la ricchezza fondamentale per le imprese.
Bene, ma se è così, perché si sta cercando di buttare fuori le persone
dalle imprese?
La risposta ufficiale è: ci costringe la competizione.
Ma è una riposta perdente, da sconfitti.
Certo se continuo a fare le stesse cose del passato, queste diventano meno
interessanti, me ne chiedono meno e accettano di pagarle meno. Quindi, mi
servono meno persone.
Ma se una impresa riuscisse a ridisegnare il suo sistema d’offerta proponendo
al mercato prodotti e servizi di una nuova intensità di significato, allora
vedrebbe aumentare il suo fabbisogno di persone.
Se poi pensate che la progettazione di nuovi prodotti e servizi potrebbe
essere fatta proprio dalle persone, anzi, solo loro lo possono fare, allora il
buttar fuori le persone diventa socialmente irresponsabile.
Il caso delle banche è emblematico: fanno processi di fusioni che sono
sostenuti solo da leggende metropolitane (della metropoli degli alti palazzi
del credito) e si costringono, sono costretti a buttar fuori le persone perché non
vendono quali spazi di nuovi servizi potrebbero essere da loro erogati.
Detto diversamente, non bisogna decidere le strategie e poi vedere quante
persone servono. Bisogna imporsi di assumere e poi scatenare la progettualità
necessaria a trovare il modo di impiegare
queste persone. Se veramente si pensa siano strategiche. Cioè: abbiano un ruolo
fondamentale nella progettualità strategica.
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