di
Francesco Zanotti
Oggi Mauro Bonazzi su “La lettura” del Corriere, introducendo una serie di
articoli sull’anima, a un certo punto, ricorda il pensiero di Plotino. Secondo
Bonazzi l’ultimo grande filoso greco sostiene che “Il nostro vero io è una
parte dell’anima mai discesa nel corpo che risiede interamente nel mondo delle
idee, assorta nella contemplazione delle realtà più alte.”.
Ma che c’entra con le risorse umane?
Io credo che il pensiero quantistico, applicato allo studio della cognizione,
inviti ad una tesi simile, anche se “non
dualistica” come in fondo è il pensiero di Plotino.
L’identità di una persona è “fatta” di una esistenzialità profonda,
insondabile, praticamente infinita, che la vita tende a sterilizzare in
ideologie che vengono espresse in valori retorici e in una serie di
comportamenti stereotipati che chiamiamo competenze. Il tema del “potenziale” è
solo una pallida intuizione lasciata inaridire della realtà dell’esistenzialità
profonda.
Oggi la gestione delle risorse umane dovrebbe chiedersi: fino a che punto
riesco a mobilitare l’esistenzialità profonda delle persone o, invece, la
costringo a nascondersi ed immiserirsi ripetendo valori retorici e
comportamenti sempre uguali che non permettono alcuna evoluzione dell’impresa?
La mia risposta è che oggi la gestione delle risorse umane è un tentativo
di burocratizzare la persona o, al massimo, a costringerla a esprimersi in
luoghi virtuali come gli eventi formativi. E l’isolare l’esistenzialità
profonda in mondi virtuali è come umiliarla profondamente. Non recriminiamo,
poi, se essa si esprime in frustrazioni e resistenze.
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