di
Luciano Martinoli
Un recente articolo apparso su Harvard Business Review ripropone il tema dei "talenti" affrontandolo da nuovi punti di vista, ma lasciando ancora intatto il tema di fondo.
Vero è che il compito di sviluppare talenti è dei manager, non della funzione del personale, in quanto c'è il rischio di burocratizzare il processo. Vero che quando un qualcosa si specializza emerge il gergo, gli esperti, i circoli chiusi che rendono inintellegibile il tema all'esterno. Ma purtroppo l'articolo si ferma lì, o meglio continua con i soliti casi descritti in modo banalotto e inutilizzabili in altri contesti.
Il "talento", come spesso ripetiamo da queste pagine, non è una caratteristica "oggettiva" delle persone (come l'altezza, il peso, il colore degli occhi, ecc.) che chiunque, e in qualsiasi contesto, può verificare e misurare. Esso è una caratteristica che "emerge" in un particolare contesto di tempo e di ambiente sociale.
Cercarla di trattarla come un oggetto causa errori e incomprensioni che, questo sì, l'articolo cita e sono ben noti agli addetti del settore.
Se posso azzardare un esempio in ambito personale, facilmente generalizzabile, esistono mogli o mariti "talento": affettuosi, amorevoli con i figli, attenti alle esigenze dell'altro ecc. Sarebbero capaci queste persone di esserlo con un altro/a? Molto probabilmente no e per alcuni di loro, se sono divorziati e risposati, la prova è nel loro passato. E allora che senso può avere "certificare", "migliorare", "addestrare" il loro talento di moglie/marito?
Nessuna, sono solo fatti loro, e se qualcuno volesse dare una mano per recuperare la talentuosità eventualmente persa, lo dovrebbe fare stimolandoli sugli scopi della loro unione, non sulle caratteristiche personali.
Mutatis mutandi in azienda i manager dovrebbero stimolare e far crescere i "talenti" che gli servono, e poichè la talentuosità non si esercita nel vuoto (bisogna essere di talento a fare qualcosa di specifico) il "piano di lavoro" (bench-mark) sul quale stimolare tale talentuosità è la progettualità strategica, ovvero il ragionare sulla parte di business di propria competenza.
Ecco il legame mai capito dalle funzioni HR e la loro reale possibile utilità in azienda.
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