di
Francesco Zanotti
Credo
che molti saranno d’accordo che la condizione di base per realizzare un
cambiamento è il saperlo descrivere. Dovete riuscire a dire alla vostra gente
cosa deve cambiare.
Ed
allora vediamo cosa si riesce a descrivere. La cosa da cambiare sono i
comportamenti. Cioè le singole azioni che mettono in atto le persone ... Sono
queste che generano qualità, sicurezza, relazione con i clienti etc.
Bene,
riuscite a descrivere quali nuovi comportamenti devono mettere in atto le
singole persone di una grande organizzazione sparsa, magari, in tutto il
mondo? Beh, converrete che la risposta è:
no. Ma se non si riesce a dare indicazioni su quali nuovi comportamenti mettere
in atto, significa che si riesce solo ad agire indirettamente: sulle variabili
che generano i comportamenti.
Si
riesce ad esempio, a indicare quali valori perseguire e quali modelli generali di
comportamento mettere in atto. Ma comunicando queste cose cosa si ottiene? Che
ogni singola persona deve declinare questi valori e questi modelli di
comportamenti nella sua realtà concreta. E lo farà partendo, innanzitutto, dal
suo sistema cognitivo che è sconosciuto a chi progetta il cambiamento. E
guardando al micro ambiente sociale in cui è immersa che, pure, è sconosciuto a
chi progetta il cambiamento.
Quindi,
cercare di innescare un qualunque tipo di cambiamento predefinito significa
certo cambiare qualcosa, ma senza sapere cosa.
Il
rischio è che si “rompa” quel sistema di micro ambienti sociali che costituisce
la vera vita di una organizzazione. Ed allora il risultato che ottiene è simile
al risultato che ottiene l’ingresso di un elefante in un negozio di porcellane.
L’altro
rischio è che proprio quei micro ambienti sociali di cui è fatta l’organizzazione
metabolizzino il messaggio di cambiamento per conservare il loro equilibrio
interno.
Che
fare, quindi, se cercare di cambiare significa fare danni o spingere alla
conservazione?
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