"Non è la mente l'origine dell'uomo, sono le passioni che originano tutto, anche il pensiero. E' il sentimento il seme dell'uomo, sono l'amore, la passione." (M. Tobino)
E' "vero" tutto ciò che ci piace e che decidiamo insieme agli altri che sia vero

sabato 11 agosto 2018

Francesco Zanotti: una visione fuori dal coro

di Cesare Sacerdoti

c.sacerdoti@cse-crescendo.com



Il pensiero di Francesco Zanotti, la sua intensa opera di ricerca, i suoi scritti riflettono a mio avviso le varie componenti della sua formazione: l’approccio pragmatico e disincantato dell’uomo nato nelle campagne pavesi, il rigore dell’ufficiale di artiglieria, la curiosità scientifica del laureato in fisica.

La fisica quantistica, la matematica, ma anche la biologia, la sociologia e le scienze umane in genere rientravano nella sua sfera di indagine, ma, nel contempo ne rifiutava il carattere dogmatico, perché, come era solito ricordare, le scienze sono modi diversi di raccontare la relazione uomo-ambiente (in senso lato). In quest’ottica, per lui, ogni scienza, ogni scoperta scientifica poteva contribuire a suggerire metafore di nuove forme di relazione uomo-ambiente.
Ed è proprio partendo da questa convinzione, che Zanotti, considerando chiusa l’età industriale, aveva cercato di dare vita a una grande occasione di incontro tra le scienze, le religioni, la politica e le istituzioni per fare emergere, tutti insieme, nuove forme di relazione delle organizzazioni umane siano esse l’uomo, la famiglia, l’impresa, la politica. Una sorta di nuove Macy conferences capaci di preconizzare il futuro
Professionalmente si era concentrato sull’impresa, della quale aveva analizzato a fondo le condizioni di origine, il ciclo di vita e le cause di degrado. Da un’attenta analisi dello stato dell’arte degli studi di strategia di impresa, è nata la convinzione della necessità di ulteriori passi: ecco la definizione di un innovativo modello di business, la creazione di una matrice del posizionamento strategico dell’impresa. E soprattutto sua la visione dell’azienda come artefice del proprio futuro capace di cogliere una delle “infinite potenzialità”, anziché essere “schiava” delle cosiddette leggi di mercato. Ecco allora che Francesco anticipava già anni fa la necessità di quello che è stato poi chiamato quantitative easing; ecco il rifiuto della “competitività” come elemento necessario e sufficiente per superare crisi di impresa; ecco l’intuizione di un rating del futuro del business plan, come valutazione del futuro dell’impresa, staccato dalla propria storia.
E dall’analisi della relazione uomo-ambiente anche le profonde innovazioni nel campo delle azioni per migliorare la sicurezza sul posto di lavoro, non riducibile al solo rispetto di procedure,  esaminando e facendo leva sulla cosiddetta organizzazione informale basata sulle relazioni tra le persone,  e sul bisogno di autorealizzazione di ciascuno.
E sugli stessi presupposti, Zanotti ha anche operato nella relazione tra grande impresa e stakeholder in particolare tra infrastrutture e cittadinanza, suggerendo approcci assolutamente innovativi.
Mi è impossibile rendere giustizia alla profondità, ma anche all’ampiezza del pensiero di Francesco Zanotti: riesco solo a dire che mi ha insegnato a prendere le distanze dai dogmi che ci vengono quotidianamente proposti e a comprendere che ciascuno di noi guarda il mondo attraverso le proprie risorse cognitive (ma anche che ciascuno di noi ha il dovere di migliorare e incrementare tali risorse cognitive).


mercoledì 8 agosto 2018

Lutto


Devo purtroppo comunicare, per chi l'avesse conosciuto di persona o solo letto le sue pubblicazioni, che Francesco Zanotti è deceduto improvvisamente l'altro ieri per un infarto. Scompare con lui un pensatore e commentatore, oltre che studioso, che ha proposto una prospettiva sulla economia, sulla società e sulla vita certamente originale di cui sarà difficile continuare l'opera. La sua dedizione agli  studi lo ha portato ad essere un solitario anche nella vita privata, dunque non lascia figli e mogli. Rimangono i suoi scritti e il ricordo in chi lo ha conosciuto.

lunedì 24 luglio 2017

Innovazione sì, ma per gli altri!

di
Francesco Zanotti


Avete mai notato che i manager non accettano che si possa innovare nel loro modo di svolgere il loro ruolo?
Tutti impegnati a difendere le loro esperienze, le loro presunte abilità miracolose.
Spaventati della possibilità che una conoscenza a loro sconosciuta sia rilevante, spaventati di doversi reiventare.
E così si sommano le banalità, le finzioni.
Signori è troppa la conoscenza che dimenticate, che volete negare. Non potete pensare che tutto il patrimonio di scienze naturali ed umane non conti nulla. Che se anche non sapete nulla di tutto quello che riguarda l’uomo potete governare con successo gli uomini.
Non potete non ammettere che solo la conoscenza a voi sconosciuta vi permetterebbe di essere protagonisti di un vero sviluppo del nostro sistema economico. Umanamente: vi permetterebbe di essere liberi.
Se la rifiutate, continuerete nella tragica finzione prometeica dell’esperienza e del talento che sta distruggendo le nostre imprese e il nostro sistema economico.

Almeno lasciate stare l’etica perché, se anche di quella ci si deve ammantare, allora, la situazione diventa realmente insopportabile. Accettate, almeno con voi stessi, di essere devoti solo a piccole furbizie per evitare ogni resa dei conti.

lunedì 17 luglio 2017

Motivazione o autogratificazione?

di
Francesco Zanotti

 Risultati immagini per motivazione

Esistono certamente persone che sanno fare i trascinatori di popolo. Tutto da discutere a favore di chi è questo trascinare popoli, ma accade che ci riescano.
Queste persone hanno tutto dell’imprenditore e nulla del manager.
Al manager serve una teoria della motivazione per attivare una pratica che motiva.
Questa teoria dovrebbe rispondere alla domanda: perché le persone fanno quello che fanno?
Le scienze psicologiche stanno cercando rispondere a questa domanda. Non ci sono ancora riusciti, ma alcune cose le hanno scoperte. Motivare non significa convincere o manipolare. La motivazione nasce dall’interno della mente ed è contestuale. Motivare è, allora, invitare alla autodeterminazione. L’esatto contrario del convincimento e della manipolazione. Detto diversamente, non vi è alcuna possibilità di far fare alle persone quello che si vuole. E’ possibile solo attivarne in loro un nuovo autosviluppo. Non dico che il fare questo sia o meno auspicabile. Dico che non si può fare nulla di diverso.
Ed allora i corsi di motivazione? Sono sciocchezze che i manager importanti si guardano bene dal seguire. Li fanno seguire agli altri perché “proprio male non faranno”.
E quando si sentono grandi motivatori? Stanno banalmente attivando un processo di autogratificazione. Un po’ peloso anche: serve a giustificare ingiustificabili alti compensi.

giovedì 13 luglio 2017

Valori aziendali

di
Francesco Zanotti


Scriviamo ben chiari i valori aziendali e poi comunichiamoli. Ma siete sicuri che questa operazione abbia senso o, piuttosto, non sia che una una illusione rassicurante?
Secondo quanto conosciamo sull'essere umano, è una operazione senza senso. Rimane un mito manageriale che sta in piedi fino a che non si esplorano ad esempio, le scienze cognitive.
Un valore è un giudizio emergente che compare (emerge come costrutto mentale) in una persona quando si relaziona con il mondo. E dipende dal sistema cognitivo di cui questa persona dispone.
Il valore, quindi, non è un oggetto trasferibile da una mente ad un’altra.
Quando voglio comunicare un valore (magari con la pretesa che sia prescrittivo) che faccio? Mi illudo, invece, di trasferirlo, proprio come se fosse un oggetto. E mi aspetto che il ricevente lo usi (lo metta in pratica) come io desidero.
Invece, non lo posso inviare telepaticamente, ma devo, invece, ad esempio, scriverlo. E già lo scriverlo lo trasforma
Infatti, cosa significa scrivere? Condensare un costrutto mentale sulla carta. Questo condensare dipende dalle potenzialità della carta e dal mio sistema cognitivo. Detto diversamente, il costrutto mentale, diventando carta, utilizza il mio sistema cognitivo (che non è infinito) e si esprime con le potenzialità che mettono a disposizione carta e calamai. Se, invece, è un file word … non cambia quasi nulla. Insomma, il tratto di penna non è una fotografia della mia mente.
Il valore diventa operativo quando diventa costrutto mentale di chi lo riceve. Bene, la ricezione è un’ulteriore trasformazione. Quando il ricevente legge la carta, scatta un processo di interpretazione che dipende (almeno) dal suo sistema cognitivo che assume forme diverse a seconda delle contingenze esterne. Quindi capirà fischi per fiaschi. Fischi sono quello che mandate che, già, non è quello che pensate.
Allora se proprio volete, mandate in giro pezzi di carta con scritte parole che considerate valori. Ma non aspettatevi che vengano messe in pratica come pensate. Quel pezzo di carta gira per l’azienda e genera conversazioni senza fine che modificheranno i comportamenti in modi che non sono prevedibili.
Ha proprio “senso” continuare ad utilizzare pratiche che non possono ottenere quello che ci prefiggiamo perché partono da una idea di uomo che valeva, forse, due secoli fa?
Ha proprio senso continuare a combattere contro la conoscenza?