di
Francesco Zanotti
Oggi nell’udienza generale, Papa Francesco ha
parlato dell’uomo del lavoro e della famiglia.
Riporto alcune frasi che ho trovato riportate
sul sito di Repubblica.
“Quando il lavoro è in ostaggio della logica del
solo profitto e disprezza gli affetti della vita - ammonisce il pontefice -
l'avvilimento dell'anima contamina tutto: anche l'aria, l'acqua, l'erba, il
cibo". E le conseguenze "colpiscono soprattutto i più poveri e le
famiglie più povere".
"La gestione dell'occupazione è una grande
responsabilità umana e sociale che non può essere lasciata nelle mani di pochi
o scaricata su un mercato divinizzato".
"Causare una perdita di posti di lavoro
significa causare un grave danno sociale".
"La famiglia è "un grande banco di
prova" perché "quando l'organizzazione del lavoro la tiene in
ostaggio allora siamo sicuri che la società umana ha incominciato a lavorare
contro se stessa".
“ Solo nel lavoro libero e creativo l’uomo può
esprimere se stesso”.
Immagino che qualcuno pensi: “Ma si questa sono
le parole che la Chiesa deve dire, alte e nobili. Poi c’è la realtà dura della
competizione. Se licenziamo non è per aumentare il profitto, ma giusto solo per
sopravvivere. Ne sacrifichiamo alcuni per poter salvare il lavoro di altri.”.
Io sono totalmente d’accordo con Papa Francesco.
Con una sola eccezione: le cause del disprezzo del lavoro non sono il
mercato e il profitto, ma l’insipienza strategica dei manager e
imprenditori che si sentono costretti a licenziare.
Se una impresa è costretta a licenziare è perché
non ha saputo rinnovare la sua identità strategica. Detto piatto piatto: quando
un imprenditore o un manager si accorge che la competizione sta diventando
troppo forte significa che il mestiere che fa sta invecchiando. Invece di
insistere in meschine manovre competitive, come quella di licenziare, dovrebbe
pensare a trasformare radicalmente il suo mestiere o aggiungerne altri.
Come fare? Usando il potenziale progettuale
della gente che lavora con lui.
Questo potenziale è grandissimo e si attualizza
ogni giorno. Ogni giorno i lavoratori devono scegliere i loro comportamenti
operativi e relazionali perché nessuno può indicarglieli.
Ma lo fanno all’interno di una gabbia strategica
che non genera alcun profitto, ma che li comprime e limita il loro potenziale
creativo nella quotidianità di un lavoro vecchio.
La mia “accusa” di insipienza strategica non è
una “boutade. E’ supportata da tutto il complesso delle scienze umane e
naturali che testimoniano e indicano che per fare realmente profitto (poi
socialmente si deciderà come distribuirlo) serve scoprire il ruolo progettuale
(a livello strategico e non solo operativo) insostituibile dei lavoratori.
Immaginando di poter parlare a Papa Francesco
direi “Santità, Ella rappresenta una ragione profetica. Al suo discorso, però,
aggiungerei due piccole cose. La prima
(che come sa, non è proprio piccola): perdoniamo a manager e imprenditori che
licenziano perché non sanno quello che fanno. La seconda: dopo il perdono,
dovrebbe, però, dare loro una salutare penitenza: se non sapete informatevi.
Non potere nascondervi dietro lo schermo dell’insipienza. Se non sapete,
studiate.”. Concludo io: perché così come andiamo oggi manco il profitto
generate