di
Francesco Zanotti
Scriviamo ben chiari i
valori aziendali e poi comunichiamoli. Ma siete sicuri che questa operazione
abbia senso o, piuttosto, non sia che una una illusione rassicurante?
Secondo quanto conosciamo
sull’essere umano, è una operazione senza senso. Rimane un mito manageriale che
sta in piedi fino a che non si esplorano ad esempio, le scienze cognitive.
Un valore è un giudizio
emergente che compare (emerge come costrutto mentale) in una persona quando si
relaziona con il mondo. E dipende dal sistema cognitivo di cui questa persona dispone.
Il valore, quindi, non è un
oggetto trasferibile da una mente ad un’altra.
Quando voglio comunicare un
valore (magari con la pretesa che sia prescrittivo) che faccio? Mi illudo,
invece, di trasferirlo, proprio come se fosse un oggetto. E mi aspetto che il
ricevente lo usi (lo metta in pratica) come io desidero.
Invece, non lo posso inviare
telepaticamente, ma devo, invece, ad esempio, scriverlo. E già lo scriverlo lo
trasforma
Infatti, cosa significa
scrivere? Condensare un costrutto mentale sulla carta. Questo condensare
dipende dalle potenzialità della carta e dal mio sistema cognitivo. Detto
diversamente, il costrutto mentale, diventando carta, utilizza il mio sistema
cognitivo (che non infinito) e si esprime con le potenzialità che mettono a
disposizione carta e calamai. Se, invece, è un file word … non cambia quasi
nulla. Insomma, il tratto di penna non è una fotografia della mia mente.
Ora, il valore diventa
operativo quando diventa costrutto mentale di chi lo riceve. Bene, la ricezione
è un’ulteriore trasformazione. Quando il ricevente legge la carta, scatta un
processo di interpretazione che dipende (almeno) dal suo sistema cognitivo che
assume forme diverse a seconda delle contingenze esterne. Quindi capirà fischi
per fiaschi. Fischi sono quello che mandate che, già, non è quello che pensate.
Allora se proprio volete,
mandate in giro pezzi di carta con scritte parole che considerate valori. Ma
non aspettatevi che vengono messe in pratica come pensate. Quel pezzo di carta
gira per l’azienda e genera conversazioni senza fine che modificheranno i
comportamenti in modi che non sono prevedibili.
Ha proprio “senso”
continuare ad utilizzare pratiche che non possono ottenere quello che ci
prefiggiamo perché partono da una idea di uomo che valeva, forse, due secoli
fa?
Ha proprio senso continuare
a combattere contro la conoscenza?