di
Francesco Zanotti
Chi
parla di talenti pensa di essere un talento e pensa che questa sia la ragione
per cui il mondo deve essere benigno con lui. Fargli fare carriera etc.
Insomma
la voglia che esistano i talenti è di origine psicologica.
Ma
al di là delle mie analisi, un serio colpo alla filosofia dei talenti lo sferra
un articolo apparso sulla Harvard Business Review del 5 giugno 2106 a firma
Todd Warner.
Brevemente,
sperando che si possa almeno scalfire il pensiero mainstream sui talenti che tanti
danni crea, ecco una sintesi delle ragioni di Todd Warner.
Egli
sostiene che la filosofia dei talenti non può funzionare per tre ragioni.
La
prima è che gli esseri umani sono tribali. Lo sono soprattutto i top manager
che scelgono in base ad una evidente complicità tribale.
Si
potrebbe obiettare che a tutto questo si potrebbe ovviare rendendo i top manager
consapevoli di questo bias. Ma sarebbe una illusione perché la tribalità non è
una scelta, ma una inevitabilità sistemica.
La
seconda ragione è che un processo di scelta dei talenti è per forza di cose
conservativo. Spiego a modo mio: chi sceglie i talenti sceglie coloro che hanno
un sistema cognitivo simile al proprio. Non sceglierà mai rivoluzionari che
verranno giudicati inevitabilmente non talenti, ma disadattati.
La
terza ragione è che si ignora l’importanza del contesto.
Traduco
perché Todd Warner è particolarmente chiaro.
“Diventare
una fabbrica di talenti non è assumere o promuove le persone migliori, ma è il
comprendere il DNA del vostro sistema sociale a costruire su quelle basi.
Comprendere il vostro sistema sociale e le persone che in esso si impegnano è
molto più utile, soprattutto se tenete alle alte performance. Ma non
confondete questo con i talenti”.
Detto
questo ... buona ricerca dei talenti a tutti coloro che li stanno cercando… Perché
la voglia di cercare i talenti, come ho scritto all’inizio, va al di là di ogni
ragionevolezza scientifica.